Quel mattino l’aria tersa e quel profumo di primavera avrebbero infuso serenità a chiunque. Non così nella sua vita.
Dopo una notte passata insonne, ragionando sul suo passato, quel mattino aveva gli occhi gonfi e le palpebre stanche. Lo salvavano, come sempre, gli occhiali da sole scuri, calati con disinvoltura anche durante le giornate più buie.
Iniziò a muoversi dentro casa con spirito di osservazione diverso dal solito. Quel mattino apprezzava ogni, se pur minimo, dettaglio di quella casa che lo accoglieva da anni. Tutto aveva un colore differente e di ogni angolo trovava una sua specifica da apprezzare. La libreria era il pezzo forte, il dettaglio di cui andava maggiormente fiero: fra quei testi, di nicchia, aveva deposto tutte le sue energie e il suo tempo migliore. La rivoluzione aveva avuto il tempo che meritava e lui ne aveva apprezzato anche, e soprattutto, i personaggi che ci avevano provato, come Adriana Faranda, o Renato Curcio, conosciuti en passant.
La vita è fatta di “en passant”. Come quella volta che conobbe l’amore e l’amore, oggi, era sua moglie e i suoi tre figli.
Iniziò a muoversi a tratti, cogliendo dettagli prima d’ora mai scorti.
L’occhio si spostò su quella pancia prominente, da cinquantenne che si era arreso poi notò quell’infiltrazione di umidità che, con il tempo, aveva raggiunto una dimensione ragguardevole. Prima o poi sarebbe salito dall’inquilino del piano superiore, quello arrogante, per farsi sentire.
Non quel mattino.
Quel mattino i suoi sogni non avevano ossigeno e le tempie battevano con pulsazioni in crescendo. La notte aveva portato consiglio e il consiglio si era tramutato in determinazione, il tempo cedeva il posto allo spazio ed ogni istante aveva il peso di un macigno. La vita soffoca con ritmo incalzante. Per ogni passo, un rischio.
Uscì sul pianerottolo, stanco e incazzato più che mai, e si diresse verso l’ascensore. L’inquilino del piano di sopra, quello arrogante, gli passò davanti e lo ignorò, come se non esistesse. Forse fu un caso, ma gli schiacciò il piede.
La giornata sarebbe finita male. Quello non era il giorno adatto per i soprusi.
Ehi! – gli disse a voce alta.
Cosa? –ribattè il tizio, voltandosi con aria torva-
Nulla, scusami –rispose-
Ci avrebbe pensato un altro giorno a discutere con toni aspri, quello non era il giorno adatto per i litigi.
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