di Alberto Zei
Sul filo del diritto – Con la ripresa in Cassazione del processo sul caso Concordia, la posizione del Comandante Schettino è già stata sufficientemente delineata nelle sentenze precedenti di primo e di secondo grado, che praticamente coincidono tra di loro, anche se quella d’Appello è stata caricata di ulteriori pene accessorie
Ma ciò che potrà essere dedotto adesso, riguarderà soltanto il diritto; mentre sulla versione dei fatti in base ai quali si sono formate le due prime sentenze, ciò che poteva esser detto allora a discolpa di Schettino, adesso non è più possibile dire. Solo la dimostrazione ai giudici di una non corretta interpretazione della legge, potrà consentire la cancellazione in tutto o in parte della sentenza di secondo grado, per ripetere il processo. Ma l’impresa appare adesso piuttosto in salita.
Sull ‘ operato di Schettino sono stati presi in considerazione soltanto i fatti che hanno determinato la sua responsabilità in tutto ciò che è stato commesso di sbagliato e anche di delittuoso, prima e dopo l’impatto sulla secca da parte dei responsabili. Si tratta di fatti quantunque non attribuibili al Comandante della Concordia ma che hanno lasciato a questi, come si suol dire, il cerino acceso in mano.
È stato ribadito in sentenza che Schettino non ha inteso attenersi alla rotta tracciata dal cartografo Canessa per eseguire il famigerato inchino all’isola del Giglio. Viene infatti dedotto dalla nota telefonata con l’ex Comandante Palumbo che Schettino intendeva avvicinarsi ancor di più alla costa. Questo è vero, perché è molto plausibile, diciamo, pressoché certo, che dire di voler fare corrisponda a fare; ma è altrettanto vero che quando Schettino prese il comando diretto della Concordia, si aspettava che il team di coperta ovvero i suoi ufficiali presenti sul ponte di comando durante la manovra di accostata lo avvisassero, come aveva personalmente disposto, quando la nave raggiungeva le 0,5 miglia dalla costa. Questo però non è assolutamente avvenuto. Schettino, infatti, si è accorto autonomamente che la Concordia era fin troppo vicino alla riva non solo rispetto alle 0,5 miglia ma anche alla distanza minima che aveva ipotizzato con Palumbo, ossia, 04 miglia. Tale distanza però, che corrisponde a quasi 750 metri da terra e a circa 100 metri di profondità, sarebbe stata di tutta sicurezza. Altro è invece, ritrovarsi suo malgrado, con la nave a 135 metri dalle rocce con uno scoglio a fianco.
Matriosca con otto “errori” – E’ malizioso dire che Schettino non si atteneva alla rotta stabilita da Canessa per fare evincere poi, che intendeva transitare con la nave là dove ha colliso con la secca. L’omertà di tutto lo staff di coperta che ben conosceva la situazione in cui la Concordia si trovava, è stata l’effettiva causa di quel malaugurato evento che poteva sicuramente essere evitato se vi fosse stato meno astio nei confronti dello stesso Comandante, ritenuto arrogante, presuntuoso, indisponente anche se fino a quel momento nessuno avrebbe potuto aggiungere il termine di incapace. Se ciò non bastasse, quando Schettino si rende conto della situazione e inizia le opportune manovre per riportare la nave nella giusta rotta, subentra allora il timoniere compiendo ben otto “errori” di seguito. Questi infatti, era ai timoni sin dalla partenza da Civitavecchia ma quando arriva nei pressi del Giglio si comporta come se per la prima volta qualcuno gli avesse messo in mano il governo di una nave di prestigio come la Concordia senza aver superato le prove standard internazionali in lingua inglese, necessarie per assumere un incarico di tale responsabilità in una delle navi da crociera, tra le più prestigiose del mondo.
La figura a fianco mostra l’alternativa delle rotte che Schettino intendeva fare e la rotta di collisione con la secca effettivamente percorsa
Il timoniere improvvisamente, senza che alcuno abbia a lui detto di trovarsi in situazione pericolosa, guarda caso , non comprende più i comandi di impostazione dei timoni. Più precisamente, li esegue ma non li completa e cioè non imposta i timoni agli angoli richiesti. Si fa notare che impostare i timoni è cosa diversa dal loro successivo posizionamento a causa dell’inerzia della nave. Ma egli neppure imposta la posizione richiesta, quando già forse anche una sola di queste manovre sarebbe stata sufficiente per riportare la Concordia in rotta di sicurezza. Poco valeva da parte di Schettino ripetere il comando con un’angolazione maggiore, come se dipendesse dalla e non dall’impostazione del timoniere a ritardare il posizionamento dei timoni.
L’ ottavo orrore – Ma alla fine se ciò non fossero bastati gli errori precedenti, quando la nave si era ancor più avvicinata alle rocce Schettino rendendosi conto che la Concordia non rispondeva ai suoi comandi a sinistra, finiva per urlare tutta barra a sinistra. Espressione questa che in italiano, inglese o in cinese, non c’è timoniere al mondo che non possa non capire. Mentre il timoniere Rusli la barra l’aveva sì, posizionata ma dalla parte opposta e cioè, a destra. Ma poi, qualche secondo prima dell’impatto, quando era veramente troppo tardi e senza che nessun altro dicesse a lui cosa diversa, guarda caso, spontaneamente si rende conto che il Comandante aveva detto sinistra e così esegue la manovra richiesta; ma due secondi dopo la Concordia è già sugli scogli. Tutto questo è provato dalla registrazione dei comandi rilevati dalla scatola nera che riporta i tempi e gli angoli di virata comandati da Schettino, l’ impostazione data ai timoni da Rusli .e la risposta dei timoni. A gran parte dell’opinione pubblica i particolari della questione poco interessano, in quanto ritiene che la colpa inconfutabile attribuibile a Schettino sia il fatto che la Concordia così vicino a terra non avrebbe dovuto esserci. Ma è imputabile alla volontà di Schettino aver portato la nave su quella rotta?
“A ognuno il suo” – E’ difficile vedere la colpa di Schettino quando la fattispecie è così diversa. Ma ciò non significa invocare la corresponsabilità dell’equipaggio come è già stato ipotizzato dalla difesa, ma piuttosto dimostrare l’ inganno ordito nei confronti del solo Schettino, affinché la Concordia assumesse una rotta diversa rispetto a quella che doveva percorrere. Era poi evidente, nella psicologia contorta degli autori, che senza mentire, ma semplicemente non informando il Comandante sul punto nave raggiunto (0,5 miglia), questi doveva vedersela da solo, dimostrando poi praticamente come se la sarebbe cavata senza problemi, in quelle circostanze con la sua presunzione professionale. Ma questa assurda sfida si è trasformata in tragedia di cui ora, proprio l’unico incolpevole dovrà pagare le conseguenze.
Questa è solo la prima parte della immane tragedia ma anche il seguito, dopo l’impatto sulla secca, ha la medesima impronta che però non è emersa nei due precedenti processi. Così doveva essere? Molti si chiedono che valore può avere la verità, quando il capro espiatorio, ovvero, il Comandante Schettino è già stato designato alla espiazione della pena. Ma a chi giova un trattamento di questo genere?