“Dante non era un cattivo soggetto; sicuramente un grande poeta, ma come storico e politico Dio ci salvi!”.
Con questa massima introduco la nuova edizione dell’opera di Sergio Casagrande, Sandrus un satanico angelo custode– già pubblicato nel lontano 1987 e oggi riproposto con alcuni ritocchi e aggiornamenti. Protagonista è Sandrus, da cui prende titolo il romanzo: una rozza e impresentabile entità alle dipendenze dell’Onnipotente, ben lungi dalla figura iconica dell’angelo custode a noi nota, ma comunque ligio al dovere fino alla morte… quella di Principe, uomo su cui ha vegliato per tutta la vita. Insieme a questa, l’autore ci narra altre storie, ambientate in luoghi ed epoche differenti, tutte accomunate dallo stesso tema: una visione ironica e niente affatto drammatica dell’Onnipotente e dell’Aldilà. Perché, come altri sostennero prima di Casagrande, “l’aldilà non è così brutto come lo si dipinge”. Affascinante inoltre il tentativo di includere ogni religione esistente in questo contesto, come a voler sostenere che ogni credo sia giusto e nessuno ha (o avesse) torto.
Un libro, a suo modo, coraggioso per come riesce a trattare temi delicati e complessi dal punto di vista teologico, umano e religioso, affrontandoli cioè con mano leggera e felice al tempo stesso e trattando la storia con un taglio da commedia. Consigliato per chi è alla ricerca di un consiglio sulla fede, per vedere le cose da un punto di vista decisamente ottimistico.
Come nasce “Sandrus, un satanico angelo custode”?
Questo mio primo libro, pubblicato più di trent’anni fa e ora ristampato, era nato da un mio innamoramento tardivo, un amore che mi aveva stimolato e spinto a questo passo. Un passo che non volevo compiere per una sorta di pudore nei confronti di scrittori affermati. Ma se questo romanzo per taluni può essere considerato un canto d’amore, o per altri, per quanto riguarda i dialoghi, un testo teatrale, esso mette in evidenza soprattutto l’ipocrisia, come da copertina, che riporta le sembianze di una statua di donna ghignante nell’atto di sgretolarsi, mostrando impudicamente il nudo seno.
Interessante la scelta di rendere San Francesco uno dei protagonisti. Ritieni di aver ricalcato fedelmente il modello della persona che fu a suo tempo?
Sicuramente nella parte che concerne il suo amore nei confronti del Signore e delle sue creature. Per il resto ho cercato di immaginare, seppur con una certa forzatura, il Poverello innamorato della sua bella discepola Chiara. L’amore che si innesca con enfasi tutta poetica tra i due nell’alto dei Cieli, vuole mettere in evidenza l’Amore pulito, l’amore con amore, che non è mai peccato. Inoltre, ho voluto, attraverso il dialogo immaginario tra loro, lanciare, sia il lamento per i loro inutili e inascoltati esempi di carità e di amore, sia una possibilità di speranza e di felicità futura. Sono stato da sempre un ammiratore di Francesco; sono andato ben sette volte ad Assisi per rincorrere con la mente i luoghi nei quali era vissuto; l’ho citato nei miei tre romanzi. Pur essendo stato in alcune occasioni un tagliatore di aureole e un dissacratore (San Pietro Arbues, raccontato nel mio secondo romanzo, che approfittò del suo potere conferitogli come Inquisitore di Siviglia per circuire fanciulle in fiore e commettere ogni sorta di…sante nefandezze, l’incendiario San Domenico e il fuochista San Ignazio sono solo esempi, a mio avviso, da sottolineare con la penna rossa), ho sempre provato una sconfinata ammirazione per questo mistico personaggio, nato in una terra povera, ma ora diventata il Paese dei banchieri impuniti, degli ipocriti e della ricchezza ostentata. Un pugno nell’occhio per i sordi monsignori dai 500 metri quadrati questo San Francesco, patrono d’Italia!
Com’è il tuo rapporto con la fede?
Potrei rispondere complicato, ma la risposta sarebbe riduttiva e ne risulterebbe falsata. Stranamente, fin da piccolo non ho mai temuto la morte; mi fa paura invece il dolore che talvolta l’accompagna. La sofferenza e la pietà le ho sempre sentite in maniera preponderante per quelli meno fortunati di me, che hanno avuto solo il torto (si fa per dire) di essere nati e vissuti nei posti o in tempi sbagliati. Degli amici e conoscenti più fortunati invece non mi è mai importato un bel niente. L’invidia non mi è mai appartenuta e ho ricevuto il dono di vedere il bicchiere mezzo pieno. Quel Dio che mi hanno imposto quando ero ancora bambino, lettura dopo lettura, man mano che sono cresciuto, è svanito, lasciando il posto a qualcosa di imponderabile, infinitamente grande. Un Dio che si rispetti è oltre il tempo e lo spazio. Non può delegare ordini e comandi a uomini imperfetti, non ci possono essere dogmi che limitino la breve esistenza umana. Le religioni servono e sono servite a donare un sogno agli ultimi il cui destino era stato crudele, oppure a frenare gli eccessi e gli istinti delle masse, consentendo a classi privilegiate di prosperare indisturbate. Molti dei creati dall’uomo sono caduti nel corso dei secoli e dei millenni e molti cadranno ancora, mentre continuerà a regnare sulla Terra l’unico dio immortale: il dio Denaro. Ciò non significa scartare l’ipotesi di un Dio per tutti i popoli dell’Universo. Senza volto, eterno, e impossibile con la sola intelligenza umana da decifrare. Penso agli indiani d’America che adoravano lo Spirito di un dio invisibile, sovrano delle Praterie Celesti. Senza Limbi o Purgatori e con un solo stregone tuttofare. Forse un po’ di Dio lo abbiamo dentro di noi, o forse no, il dubbio è sempre stato il mio migliore amico. Tutto si crea e niente si distrugge, questa legge potrebbe essere valida anche quando non calpesteremo più il nostro giardino, e magari, chissà, rivivremo un’altra vita in un’altra parte dell’Universo. I gradi uomini, credenti o no (e seppur con le loro imperfezioni e difetti), ognuno dentro il suo ruolo e i suoi tempi, potrebbero essere stati dei messaggeri, che attraverso gli esempi e i loro pensieri, hanno sparso chicchi di energia positiva nel mondo.
Così come lo furono Cristo, Giordano Bruno, Gandhi, Bertrand Russell, Luther King. E…Dio solo sa di quanta ne abbiamo ancora bisogno.
Cosa bolle in pentola per il futuro?
Nel mio prossimo futuro, se la salute mi assisterà, è mia intenzione scrivere un altro romanzo, sviluppando temi precedenti trattati, che saranno sicuramente di più ampio respiro. Dal presente al recente passato, sconfinerò nell’alto medioevo narrando la storia di un amore contrastato attraverso i secoli tra crudeltà e violenze, atti di carità e di fede. Gli scenari, le campagne degli ultimi anni dell’Ottocento e le guerre di religione del secolo XIII.
Sergio Casagrande in Sandrus, un satanico angelo custode, 4 stelle su 5, al seguente link: http://www.youcanprint.it/youcanprint-libreria/narrativa/sandrus-un-satanico-angelo-custode-ebook.html
Si ringrazia per la collaborazione Matteo Pratticò.