Si concludono questa sera i festeggiamenti a Venezia per ricordare ancora, dopo quasi cinque secoli, la fine di un incubo mortale: la terribile pestilenza che colpì la città e l’Europa intera alla fine del ‘500.
Arrivato in città quasi certamente con le navi che giungevano dall’Oriente, il morbo causò la morte di centinaia di migliaia di persone. Addirittura nella sola Venezia ci furono, in meno di 2 anni, oltre 50mila vittime.
All’epoca le pestilenze erano considerate una sorta di punizione divina e il Senato veneziano decise allora, su proposta del doge Alvise Mocenigo, di costruire sull’isola della Giudecca, una chiesa dedicata al Cristo Redentore quale ex voto per la liberazione della città dalla peste. Il progetto della basilica fu affidato al Palladio che lo realizzò in soli 15 anni.
Fu inoltre costruito un ponte di barche per collegare la Giudecca con la riva opposta e consentire al corteo guidato dal Doge di raggiungere il Tempio per le solenni funzioni di ringraziamento.
Ancora oggi, il sabato che precede la terza domenica di luglio viene aperto un ponte votivo di barche lungo 330 metri, che consente di raggiungere in processione la chiesa del Redentore.
Quest’anno sono state 120 mila le persone che hanno assistito e partecipato ai festeggiamenti iniziati con la benedizione del Patriarca di Venezia, sulle gradinate del Redentore nel momento dell’apertura del ponte, mentre la folla iniziava la processione verso la Giudecca.
In laguna, davanti a San Marco, sono arrivate circa duemila imbarcazioni dove la gente ha cenato e ascoltato musica in attesa di assistere al grandioso spettacolo dei fuochi d’artificio, tradizione recente introdotta nel 1978 per dare un tocco di modernità alla festa antica.
Oggi il weekend si conclude con tre regate di imbarcazioni tipiche veneziane che, per la loro scenografia e particolarità, attraggono un pubblico vasto proveniente da tutto il mondo.
Daniela Gabriele