Sabato 8 ottobre presso la Galleria Grafica Campioli è stata inaugurata, con il patrocinio del Comune di Monterotondo, la personale “Città in viaggio” dell’artista Marilena Ramadori, in arte Zizza.
Marilena Ramadori nasce a Montegiorgio in provincia di Fermo il 26 luglio 1965. Compiuti gli studi scientifici si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Successivamente frequenta il Corso di Perfezionamento in “Storia della Progettazione Architettonica” e il Master Europeo di secondo livello in “Storia dell’Architettura”, entrambi presso l’Università degli Studi di Roma Tre. Si è occupata di architettura facendo esperienza presso diversi cantieri e ha collaborato con la casa editrice Orienta Edizioni per la realizzazione di alcuni volumi di architettura. Nel 2011 pubblica come autrice il volume Manuale dei solai.
Nel 2014, in un momento particolare della sua vita, si avvicina alla pittura sotto la guida dell’artista Alessandra Veccia. Contemporaneamente inizia a sperimentare la scultura, realizzando delle opere in pietra e in legno che indagano le forme geometriche nella loro essenzialità.
Nella sua pittura si distinguono i tratti caratteristici della sua formazione professionale e della sua personalità. I paesaggi proposti dall’artista sono caratterizzati dalla presenza di “mongolfiere-arche”, capaci di trasportare nell’aria non solo uomini, ma di far volare pezzi di città, manifestando così un bisogno e un desiderio di libertà e di rinnovamento.
La città, costituita da piazze, palazzi, chiese, torri, case e ponti, non è solo architettura ma, soprattutto, vuole diventare spazio fisico e umano, in grado di esprimere emozioni e relazioni. Nella stessa arca, simbolo di salvezza, si trovano basiliche, moschee e sinagoghe, edifici con i quali si vuole palesare il bisogno di unione universale e di pace. In altri dipinti la città diventa spigolosa, priva di porte di accesso e di ponti di unione, quindi incapace di accogliere chi arriva da lontano. Essa, sorvolata da mongolfiere con ceste apparentemente vuote, simboleggia un ipotetico viaggio dell’anima capace di muoversi liberamente di superare le barriere degli uomini. Il paesaggio vuole suscitare nell’osservatore non solo curiosità ma soprattutto sentimenti e riflessioni.
L’uso di colori vivaci e vibranti caratterizza un paesaggio tra la realtà e la fantasia auspicando la realizzazione di una “città ideale”, tema sempre presente nella storia dell’uomo.
«Le sue città, animate da un rigore architettonico, concettuale e sostanziale, sono più che spazi ideali. L’artista, architetto di formazione, racconta di una città cresciuta nel tempo e nello spazio, prodotto di infine stratificazioni ed emergenze strutturali», suggerisce Claudia Zaccagnini che ha curato la mostra.
«Al rigore geometrico, frutto anche di una meditazione sull’uso della prospettiva tra Rinascimento e contemporaneità, dalla ritmicità delle scacchiere pavimentali al Modulor di Le Corbusier proiettato su un muro, Zizza unisce i turbamenti di un’epoca. Le sue opere, giocate su un cromatismo di grande serenità e brillantezza, si caratterizzano per la lucidità analitica dei temi, che va di pari passo con il nitore delle sue fabbriche. All’idea di una odierna incomunicabilità sociale, evidenziata dalla quasi totale assenza di finestre e di figurazione umana, l’artista oppone una forte volontà di gettare ponti, metafore di una vita di relazione. Un prepotente desiderio di comunicazione e di pace caratterizza i suoi paesaggi, spesso dominati da fluttuanti arche-mongolfiera, per una rinnovata storia della salvezza umana», spiega Zaccagnini.
Nell’immaginario creativo di Zizza, la città, spesso testimone silenziosa di tante sciagure, diviene specchio per riflettere emozioni profonde.