Nell’anno del Giubileo straordinario della misericordia e in un’epoca che non possiede più certezze ma che vede i giovani e l’educazione giovanile al centro del dibattito, può essere utile soffermarsi sulla visione filosofica ma soprattutto pedagogica di San Bonaventura. E’ l’intento del libro di Luigi Paci ‘E la parola si fece voce’ (Aracne Editrice) che parte dall’idea di come la filosofia bonaventuriana possa costituire la base per costruire un percorso educativo perché è una filosofia che si colloca nella storia ma si apre al futuro. Una filosofia ‘in via’, lungo la strada e in mezzo alla gente, che il genere umano deve compiere per ritrovare l’unità con Dio ma anche che ogni uomo deve compiere per realizzarsi in quanto uomo. E che come tale può essere la base per costruire un percorso educativo attualizzato alle esigenze di oggi nelle società pluraliste e talvolta problematiche con l’istruzione, in funzione del sapere, che diventa un momento necessario dell’educazione.
Per San Bonaventura, i mezzi efficaci per ‘apprendere’ e ‘insegnare’ sono: il lume dell’intelletto, i primi principi noti e di immediata evidenza e l’esperienza sensibile. La pedagogia bonaventuriana è insieme una pedagogia della ragione e quindi dell’intelligenza aperta al sapere e una pedagogia della fede: un modello che può illuminare, nelle intenzioni dell’autore, l’esistenza anche dell’uomo contemporaneo. Il libro si articola in tre parti. La prima passa in rassegna la vita e le opere di San Bonaventura, canonizzato da Papa Sisto IV nel 1482 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1588. Considerato uno tra i più importanti biografi di San Francesco d’Assisi, fu ministro generale dell’Ordine francescano, del quale è ritenuto uno dei padri, quasi un secondo fondatore. La seconda analizza il suo pensiero filosofico e teologico per passare poi, nella terza parte, al suo pensiero pedagogico.