di Alberto Zei
Sono ormai anni che Sergio Marchionne ha iniziato a cambiare dalla testa, un team che era adagiato su un recente passato in cui Michael Schumacher da una parte e Jean Todt dall’altra, avevano portato la Rossa di Maranello al top mondiale della Formula 1
Marchionne dopo un tempo congruo di doverosa attesa, a seguito delle sue stesse intenzioni di innovazione, si è reso conto della fin troppo evidente necessità di cambiamento, il cui simbolico campanello di allarme ha suonato come un campanaccio, quando anni addietro Alonzo nel corso dell’ ultimo Gran Premio, per l’errata decisione del box, ha perduto il campionato del mondo che aveva teoricamente già vinto.
Uno dei tanti tripudi Ferrari
Anche l’esperienza negativa insegna – Non è possibile cancellare dalla memoria quel tristissimo momento in cui fu gettato alle ortiche il lavoro di un intero anno. Forse questo, e sicuramente anche altro, indussero Marchionne ad operare una ristrutturazione progressiva e per un certo verso, anche radicale, delle risorse umane della Ferrari che a quei livelli, si identificano con la medesima altissima tecnologia che quelle stesse dovrebbero esprimere trasformando l’ingegno umano in creazione.
Anche l’esperienza negativa insegna – Non è possibile cancellare dalla memoria quel tristissimo momento in cui fu gettato alle ortiche il lavoro di un intero anno.
Un uomo di grande ingegno
Forse questo, e sicuramente anche altro, indussero Marchionne ad operare una ristrutturazione progressiva e per un certo verso, anche radicale, delle risorse umane della Ferrari che a quei livelli, si identificano con la medesima altissima tecnologia che quelle stesse dovrebbero esprimere trasformando l’ingegno umano in creazione. Certo ci sono i tedeschi che per tradizione professionale sono capaci di progettare e realizzare, con il grado di precisione che li caratterizza, i loro sistemi tecnologici di avanguardia. Se questo è vero però, altrettanto vero che il pensiero creativo italiano è superiore anche alla tecnologia tedesca, soltanto che la Germania è sempre a livello che costantemente esprime, mentre l’Italia ha punte di eccellenza e valli di “riposo sugli allori” troppo profonde da non riuscire a compensare ciò che perde.
I nostri limiti – E allora dove sta il problema? La storia è come si dice maestra di vita. Molti rimproverano all’Italia di eccessivo individualismo tanto da non riuscire neppure a concepire, specie in questi ultimi tempi, il concetto di “unio”, ovvero, di operare nell’interesse dell’insieme sociale rappresentato. Così avveniva anche nel passato nel nostro Paese, con la frammentazione del territorio italico in Stati, Staterelli, Regni, Repubbliche, Signorie e Principati, separati e rivali tanto da guerreggiare continuamente tra di loro, ovvero, tra di noi. In queste condizioni tutti i mezzi erano validi per riuscire a contrastare l’egemonia degli altri. Ora noi italiani veniamo accusati di tutto e di più, riguardo ai metodi storicamente usati per imporci individualmente agli altri.
Come nell’ Americas’ Cup sono le piccole differenze che fanno la “differenza”
La critica storica riguarda infatti, le lotte intestine e le esemplificazioni che ci vengano ostentate dall’ estero, come il ricorso al tradimento, al veneficio dei Borgia, alla perfidia del pensiero del Machiavelli, all’intrigo dei Papi, alla corruzione dei costumi, alla prevaricazione della volontà di Cagliostro, agli assassini dinastici nelle varie corti italiche, alle mafie, alle camorre, alla malavita organizzata, eccetera, eccetera, non si finirebbe mai se si annoverassero tutte le accuse che vengono mosse all’Italia, o meglio, agli italiani.
Quando l’impegno diviene arte
Alonzo ad Abu Dahbi perde praticamente ai box il campionato del mondo 2010
Facciamo un confronto – A questo vituperio di accuse si può fare però un confronto storico su che cosa la civiltà del nostro Paese ha saputo dare al progresso intellettuale scientifico del mondo intero, rispetto agli altri Stati vicini e sicuramente non teneri per il giudizio severo verso il nostro Paese. Prendiamo il più vicino dove nel cantone italiano si parla ancora la nostra lingua, e cioè, la Svizzera. Paese ordinato, di cittadini precisi, di elevata cultura, di corretti costumi, di esemplare confronto di pacifismo per non praticare più la guerra da generazioni e generazioni, diciamo da più di mezzo millennio della nostra storia.
In questo stesso tempo l’ Italia ha anche generato:
Ludovico Ariosto, Brunelleschi, Vincenzo Bellini, Enrico Caruso, Italo Calvino, Cristoforo Colombo, Caravaggio, Antonio Canova, Benedetto Croce, Giotto, Tommaso D’ Aquino, De Medici, Gabriele D’Annunzio, Enrico Fermi, Flavio Gioia, Galileo Galilei, Luigi Galvani, Galileo Ferraris, Giotto, Giacomo Leopardi, Michelangelo, Guglielmo Marconi, Antonio Meucci, Pietro Mascagni, Pico della Mirandola, Giacomo Rossini, Nicolò Paganini, S. Agostino, Evangelista Torricelli, Tintoretto, Arturo Toscanini, Tiziano, Gianbattista Vico, Alessandro Volta, Antonio Vivaldi, Giuseppe Verdi, Amerigo Vespucci, ecc.
Mentre in cinquecento anni di storia esemplare, se ci chiediamo che cosa ha prodotto la virtuosa Svizzera oltre le Guardie papaline, ci verrà risposto: l’ orologio a Cuccù.
Ritornando alle delusioni talvolta da urlo della Formula 1, si ha la percezione che anche Marchionne stia per provare le medesime sensazioni. Potremmo quindi, aspettarci da lui il compimento di ciò che aveva iniziato a fare, per rigenerare insieme all’ innovazione delle risorse umane, anche quelle del pensiero creativo; pensiero questo che certamente non può essere preteso da chi ha già lasciato nel tempo la insufficiente impronta della massima capacità della propria opera. Non si può infatti, sperare di un radicale cambiamento nei risultati di Gran Premio, se l’innovazione delle risorse umane non sarà completato anche nei ruoli marginali. Si tratta di quei ruoli secondari che tuttavia complementano le capacità di uno staff che deve competere al massimo livello mondiale: sono quelle piccole differenze che fanno poi la differenza, tra un vincitore e un perdente.
Ci siamo quasi
“E’ tempo di migrare” – Così comincia una poesia di D’ Annunzio. ’Molti si domandano tal proposito, in quanti ruoli e in tutte quali salse, deve essere riciclato a titolo di esempio Fisichella, le cui incomprensioni di corsa durante le gare da pilota, a prescindere dalla sua indubbia simpatia, hanno comportato una serie di collisioni da raccapriccio; adesso viene a spiegare in TV, come si comporteranno macchine e piloti. Tipica è l’ultima affermazione di domenica scorsa, sulle gomme che le Ferrari non avrebbero più cambiato, quando, ma solo per fare un esempio, di lì a poco le cose sono andate nel tutt’altro modo che abbiamo visto. La progressione dei cambiamenti e delle innovazioni ingegneristiche e tecnologiche che la Ferrari aveva operato nel tentativo di raggiungere la Red Bull, hanno invece comportato nel tempo di attesa, una sorta di resurrezione della Mercedes. Si tratta del ripetitivo superamento del confronto da parte di entrambe le scuderie, le quali hanno ovviamente trovato soluzioni che ancora gli uomini della Ferrari non hanno ottenuto. Tanto così che oltre la Mercedes di Lauda, con tutte le giustificazioni che vogliamo, per accettare al momento la supremazia tedesca, dobbiamo ancora competere e superare le altre scuderie concorrenti. Queste certamente non avrebbero potuto acquisire qualità superiori a quelle Ferrari se lo sviluppo innovativo della Rossa avesse mantenuto almeno in questi ultimi anni, il margine di vantaggio che possedeva.
Quando il lavoro diviene arte – La prevalenza Ferrari in pista, malgrado le indubbie doti personali prima di Alonzo, ora di Vettel, è stata finora soltanto un’astrazione della fantasia. Ma la storia del nostro Paese fino adesso, insegna che quando l’impegno italiano è coinvolto in tecnologia spinta ai massimi livelli, perde le caratteristiche meccanicistiche della materia trattata per assumere quelle che trasformano il progetto in un’opera d’ arte. Ne è di esempio di questi giorni, nella finzione scenica della storia dei Medici a Firenze, la chiusura della struttura superiore della cattedrale di Santa Maria del Fiore in quella città da parte di Brunelleschi, attraverso quell’artificio architettonico e ingegneristico di sua concezione con il quale è stata portata al vincente compimento un’opera ritenuta impossibile, fino allora.
In senso analogico si auspica per la Ferrari un simbolico comportamento di tal genere, in cui la genialità intuitiva di Marchionne si avvalga dei geni creativi del valore necessario, affinché la Rossa di Maranello trasformi il “Sogno purpureo” degli italiani nella realtà di Formula 1 del 1917.