di Alberto Zei
L’ immeritevole
Negare tutto a Schettino è forse il miglior modo per consolidare ormai il concetto prestabilito della sua colpevolezza ritenendolo immeritevole persino del tentativo di una dimostrazione contraria.
Schettino ormai è colpevole e il processo che viene celebrato rappresenta per gran parte dell’opinione pubblica un’ inutile esibizione di ragioni e contro ragioni per riaffermare ciò che ormai fu dimostrato e cioè, la piena colpevolezza del comandante della Concordia su tutto ciò che ha anticipato, costituito e seguito l’impatto della nave sulla secca in quella tragica notte d’inverno, davanti al porto del Giglio.
Difficilmente si incontrano persone che non siano già convinte della piena colpevolezza di Schettino per il semplice e incontestabile fatto di aver portato la Concordia nel posto sbagliato, infilandosi volontariamente in un vicolo cieco dal quale poi non è stato capace di uscirne se non dopo la tragedia avvenuta.
Certo, almeno in prima approssimazione questa è stata e continua ad essere l’idea della maggior parte della gente, la quale però trae le proprie conclusioni sulla base di ciò che da quasi due anni viene pubblicamente riferito.
Le strane coincidenze
Diverso però, dovrebbe essere l’atteggiamento di coloro che sono richiamati al sereno giudizio delle circostanze, dell’oggettività dei riscontri tecnici e della volontà decisionale di colui o di coloro che hanno concorso a determinare il tragico evento della collisione.
Vi sono altri importantissimi aspetti da valutare, poiché l’intenzione, ovvero, la consapevolezza dell’ autore di in un crimine sono il cardine fondamentale del diritto penale italiano e di gran parte dei Paesi del mondo.
Per volontà non si intende l’atto conclusivo che ha portato la Concordia a impattare sulla secca delle Scole, ma quelle che hanno concorso, certamente non immaginando il tragico epilogo, a far ritrovare l’arrogante Comandante Schettino al diretto governo della nave, praticamente di fronte alle coste dell’Isola. E questo, malgrado lui stesso avesse chiesto agli ufficiali di coperta o a chi altro a bordo era preposto al momento dell’assunzione di comando, di essere avvisato a 0,5 miglia (oltre 900 metri) dalla costa.
Quando un Comandante di una nave militare o civile fa una richiesta all’ equipaggio, pur con tutta la cortesia che si vuole, questa assume il carattere di un ordine al quale non può essere opposta l’omissione.
Troppi sbagli casuali per essere tali, troppe strane coincidenze, troppi disimpegni, hanno seguito come una sorta di matriosche il comando di Schettino fino all’impatto della secca. Quando sarebbe stato sufficiente una soltanto delle possibili interruzioni per spezzare la spirale perversa delle circostanze che ha portato la Concordia a impattare con l’ultima parte poppiera sulle sporgenze rocciose della secca.
La spirale perversa
Ciò è avvenuto dopo che il fianco della nave aveva già superato abbondantemente il punto da cui sporgeva trasversalmente la lunga ala antirollio installata oltre la metà della murata sinistra della Concordia.
Con questo si vuol solo evidenziare non certo una scusante per la collisione contro lo scoglio ma la logica conseguenza accessibile al semplice buon senso che, se il Comandante Schettino prima di trovarsi in tali circostanze estreme, non avesse ricevuto anche all’ ultima maglia degli eventi il boicottaggio (almeno di fatto) del comando impartito in quei 13 secondi perduti dalla Concordia per colpa del timoniere che ha invertito l’ordine ricevuto, l’impatto contro la secca non si sarebbe verificato.
Va infatti, considerato che nel tempo in cui la nave è avanzata assurdamente contro le rocce della costa, la Concordia ha coperto una distanza di circa 100 metri in modo diverso dall’ordine di virata ricevuto.
Un esempio pertinente
Per avere un’idea forse più rappresentativa della circostanza, si provi a immaginare cosa potrebbe avvenire se nelle normali ed usuali curve di una strada qualsiasi, colui che guida un’autovettura, anche per un istante, anziché sterzare a sinistra, sterzasse a destra.
È vero che la nave non è un’autovettura e il mare non è una strada: Ma con tutte le proporzioni che si voglia fare, la Concordia si trovava a poca distanza da terra e un ritardo di manovra di ben 13 secondi è stato fatale. Si tratta però di una errata manovra non imputabile al Comandante ma al timoniere Rusli, che prima travisa l’ordine e dopo 13 secondi riconduce autonomamente, come per un ripensamento, la nave nella medesima direzione di quando Schettino aveva ordinato la virata.
Oltre l’ultima maglia
A quel punto, tutto era praticamente compromesso circa la sorte della Concordia; tuttavia Schettino riesce ad aggirare la secca e a superare con la pinna trasversale anti rullio posta a metà della nave le rocce dello scoglio. Non riesce però, in quelle estreme circostanze ad evitare uno sbandamento della parte poppiera che urta di striscio la secca; ne sono prova i 70 metri di squarcio longitudinale della carena aperta come una scatola di confetture la cui consistenza acciaiosa dovrebbe essere oggetto di ulteriori oggettivi accertamenti tecnologici.
Schettino in aula chiede di verificare la distanza che la Concordia avrebbe mantenuto dalla secca se il timoniere avesse eseguito il comando in modo corretto.
I periti nominati dal Tribunale negano persino questa richiesta per il fatto che a loro (insindacabile) giudizio l’ impatto sarebbe avvenuto ugualmente.
È questa la ragione del diniego.