di Alberto Zei
Dopo la collisione – La cosa più importante ai fini dell’interesse delle persone a bordo era di essere messe in condizioni di sicurezza, lasciando la nave in tempo utile. Questo era determinato dal tempo in cui sarebbe stato possibile abbandonare la Concordia in relativa incolumità, prima che questa, riempiendosi progressivamente d’acqua durante l’affondamento, impedisse ogni ulteriore operazione di evacuazione.
Da calcoli eseguiti sulla galleggiabilità della nave dopo la collisione, risulta che in assenza di ogni possibile riferimento dei dati automatici dei danni riportati, stante il completo break out del sistema elettrico di emergenza, soltanto dopo le verifiche visuali delle avarie subite, poteva essere accertata la imminente condizione di affondamento. Successivamente quindi, e non prima, le scialuppe di salvataggio sarebbero state calate in mare aperto in piena notte d’inverno. Senonché questo soltanto in teoria, in quanto la Concordia spinta dal forte grecale, avanzava in modo trasversale sul letto del vento, in direzione del porto del Giglio. In questi casi però, è vietato ammainare le scialuppe, ovviamente per ragioni di sicurezza, in quanto da un lato della nave si sarebbero discostate dalla murata, mentre dall’altro sarebbero state travolte dalla stessa.
La concordia è trasportata dal vento sulla costa nei pressi al porto del Giglio
Gettare le ancore – Se fosse stato deciso di effettuare comunque l’ evacuazione, la Concordia avrebbe dovuto ancorarsi, iniziando a nave ferma, le operazioni di trasbordo passeggeri con le scialuppe di bordo che si sarebbero avviate verso il porto del Giglio. Certamente tutto avrebbe subito un rallentamento causato dalle soverchie difficoltà della notte, dal freddo, dal vento e da un’unica volta in cui le scialuppe avrebbero trasportato i passeggeri a terra. Stante poi, le difficoltà di raccoglierne altri rimasti a bordo per l’ indisponibilità delle scialuppe che con i soli mezzi manuali di emergenza (l’ impianto elettrico non funzionava) è risultato impossibile ammainarle. L’ altezza dalla quale i passeggeri potevano calarsi attraverso la scala a corde, chiamata biscaglina, sulle imbarcazioni di soccorso, era di 20 metri in verticale.
A questo punto merita ripetere una considerazione già fatta in queste circostanze riportando le foto riprese durante l’evacuazione della Concordia incagliata sulla costa, per meglio comprendere la drammaticità di un abbandono, qualora la nave si fosse trovata in mare aperto.
“La maggior parte dei passeggeri che nella stasi naturale dell’ inverno prediligono il confort della crociera, non sono l’ espressione di un esuberante gioventù ma piuttosto persone tranquille, anziane e per niente inclini agli sforzi fisici e a calarsi di notte con le raffiche di sopra vento, dalle corde della biscaglina; tanto che se la nave, non fosse stata sufficientemente inclinata come si osserva dalla foto della nave incagliata a costa, quelle stesse persone che per un tratto si vedono camminare diritte sul fianco nave in posizione quasi orizzontale, sarebbero state costrette ad una discesa verticale di circa 20 metri. Poche di loro però, avrebbero resistito senza cadere le une sulle altre e poi insieme a grappolo, sulle sottostanti scialuppe, oppure in acqua. È vero che sono morte 32 persone quando la Concordia, dopo essere arrivata a costa, si è poi adagiata improvvisamente sulla roccia con la murata destra mentre però, dalla parte opposta l’ evacuazione poteva continuare a tempo indeterminato. Ma quante centinaia o migliaia di morti vi sarebbero stati se la Concordia avesse dovuto evacuare prima, i passeggeri e l’equipaggio, gettando le ancore?”
Differenti sarebbero state le conseguenze se la Concordia avesse gettato le ancore in mare aperto per iniziare subito l’evacuazione
Inabissamento evitato – Va detto quindi, come in seguito sarà precisato, che l’ evacuazione non sarebbe potuta iniziare prima dei necessari accertamenti del grado di avaria riportata dalla nave e se non dopo che questa si fosse ancorata, in acque profonde. Non prima dunque delle 22,34 mentre da calcoli eseguiti, la nave sarebbe affondata intorno alle 23,10. Quindi, sarebbero rimasti alla Concordia solo 36 minuti di sopravvivenza prima della più grande tragedia del mare mai avvenuta in tempo di pace, del suo affondamento con la maggior parte delle persone ancora a bordo; tragedia che avrebbe fatto impallidire quella del Titanic.
La decisione di procedere invece alla deriva, grazie alla spinta del forte vento di grecale di quella notte, verso l’incaglio sulla costa del Giglio, ha consentito alla nave, una volta arrivata a terra, di essere sostenuta nel galleggiamento dal basso fondale. In tal modo l’inabissamento che in mare aperto, come detto, sarebbe avvenuto intorno alle 23,10, sulla scogliera invece, si è trasformato un’ ora più tardi (00,17), in una rotazione della murata nave, su un costone della riva. Si accenna soltanto che in caso di affondamento, l’ ulteriore problema dell’ inquinamento del mare sarebbe stato catastrofico sotto tutti punti di vista e si sarebbe mantenuto a tempo indeterminabile.
Qualche numero ma non di troppo – Ci scusiamo ora per i numeri introdotti, che appesantiscono la lettura ma è importante soffermarsi qualche secondo in più sui tempi esatti. Attraverso di questi si può cogliere la sequenza logica degli eventi, comprendendo con l’indicazione degli orari, la differenza delle conseguenze tra l’ evacuazione nave che Schettino avrebbe dovuto fare seguendo la procedura, e, la personale e responsabile decisione di disattenderla per evitare la catastrofe. Vi erano infatti due scelte in quelle circostanze drammatiche: ottemperare alle norme indicate in caso di emergenza, oppure scegliere con tutti a bordo, la via dell’incaglio sulle coste del Giglio.
Questa foto è molto importante per comprendere la dinamica degli eventi. Prima del rovesciamento sul fianco destro molti passeggeri sono stati abbastanza agevolmente trasferiti sulle scialuppe di salvataggio che ritornavano da terra raccogliere i naufraghi.
Questo è il lato nave che in un primo momento è il più favorito per una facile evacuazione, ma anche di gran lunga il più pericoloso, in cui il Comandante Schettino si trovava per coordinare le operazioni di soccorso, aiutando lungo il ponte ad imbarcare i passeggeri sulle varie imbarcazioni che facevano la spola tra nave e terra. Mentre dal lato sinistro della Concordia inizialmente l’evacuazione avveniva solo attraverso l’ ammaino delle singole scialuppe, dopo che i passeggeri avevano trovato corretta posizione al loro interno, a destra invece, il basso livello raggiunto dal ponte a causa del progressivo allagamento, ha favorito in modo significativo la rapidissima evacuazione attraverso il trasferimento multiplo di coloro che si trovavano a bordo, sulle varie scialuppe che ritornavano da terra. Situazione questa che ha consentito prima del fatale rovesciamento della nave sullo stesso fianco, di trarre in salvo tutti i passeggeri di quel lato meno i 32 che all’ ultimissimo momento dell’ evacuazione sono stati travolti. E’ vero che la maggior parte dei passeggeri era probabilmente salita sul lato sinistro della nave più inclinato verso l’alto, ma la differenza temporale delle cinque ore e mezzo occorrenti alla completa evacuazione di tutto il personale rispetto al momento in cui in alto mare la nave si sarebbe inabissata, denota che la scelta professionale del comandante è stata più che corretta. Considerata infatti, la particolare condizione di distress della Concordia, Schettino ha dimostrato di saper superare le strettoie di una procedura obbligata, nonché le pressioni di panico disordinate dei propri Ufficiali e dei passeggeri che chiedevano l’immediato abbandono nave in mare aperto e che avrebbe condotto con l’inabissamento della Concordia, alla morte migliaia di persone. Questo non gli può essere disconosciuto.
Si noti nella foto in alto, il livello del mare che sta per raggiungere l’intero ponte. Quando l’acqua dilagherà a bordo la soglia ormai critica del galleggiamento si sposterà rapidamente in basso; avrà così inizio la rotazione del fianco destro della nave che alle 00,17, travolgerà inesorabilmente gli ultimi 32 passeggeri rimasti da quel lato o dentro gli ascensori.
Sequenze degli eventi – Alle ore 00,17 la Concordia allagata attraverso la falla, non potendo affondare perché sorretta dagli scogli, si piega su un lato. In questo modo, il posizionamento della nave dà la possibilità a tutti coloro che si trovavano ancora a bordo, sul fianco sinistro della Concordia, come vediamo sulle tre foto, di avere a tempo indeterminato, la possibilità di calarsi attraverso la biscaglina sulle imbarcazioni di soccorso che facevano una cortissima spola, terra – bordo – terra.
Le foto notturne qui riportate, tra le più rappresentative delle modalità di evacuazione, sono state spesso considerate sotto il profilo dell’ estremo disagio del trasbordo delle persone ancora sopra la nave. Invece, sono la prova provata della giusta decisione di Schettino di aver lasciato incagliare la Concordia sugli scogli della costa.
In queste condizioni tutti i passeggeri che si erano radunati sul lato sinistro rimasto fuori dall’acqua, hanno potuto continuare a scendere fino all’ultimo. L’evacuazione infatti, si completa alle ore 04,46 e cioè, ben cinque ore e mezzo oltre il tempo di inabissamento che si sarebbe verificato nell’altro caso, alle ore 23,10. Mancheranno purtroppo, come detto, 32 persone tra passeggeri e l’equipaggio coinvolti nelle rovesciamento sul lato sinistro dove appunto, si trovava Schettino.
Il caso personale – Per quanto riguarda Schettino, dalle testimonianze in aula rese dalla responsabile dell’ufficio Reception Kataia Kevanian, risulta che questi alle 00,10 era ancora a bordo. Tant’è vero che la nave si è ribaltata come abbiamo visto, alle 00,17 che è appunto, il momento immediatamente successivo a quello in cui schettino descrive la rapida progressione dell’inclinazione nave tanto da non consentire l’equilibrio delle persone per l’ effetto del piano di calpestio eccessivamente angolato. Infatti alle ore 00,17 in una comunicazione mai resa pubblica ed ignorata al processo, anche se non si comprendono i motivi ufficiali, la motovedetta G 104 della Guardia di Finanza che coordinava le operazioni di soccorso alle ore 00,17 avvisa coloro che si trovavano in pericolo dell’ imminente ribaltamento della nave, intimando di allontanarsi. Se questo è vero, qualcuno dica cosa risulta al processo.
A questo punto è difficile dire se Schettino ha abbandonato la nave quando, poco prima del rovesciamento, solo aggrappandosi disperatamente a qualche appiglio, poteva resistere ancora per altri secondi prima di cadere; oppure, se poteva incastrarsi da qualche parte, decidendo di morire non a vantaggio altrui, ma proprio al fine di non sopravvivere. Ecco perché Schettino insiste nel dire che lui non ha abbandonato la nave ma è stato coinvolto dalla dinamica catastrofica dell’ inevitabile rovesciamento; ragion per cui il delitto commesso da Schettino è stato solo quello di non morire. Anche se poi aggiungerà che sarebbe stato meglio se ciò fosse avvenuto. Ma queste sono considerazioni di carattere emotivo che qui non debbono interessare. Cosa invece dovrebbe interessare è in nome di quale giustizia è stata finora considerata quasi a senso unico, la colpevolezza attribuita al Comandante della Concordia. Quando l’analisi della trattazione processuale degli argomenti contestati, le obiettive testimonianze strumentali, e il tranello in cui è caduto Schettino attraverso il concerto di omissioni della posizione nave ad opera del suo stesso team di coperta e la serie si ben otto “errori” di rotta compiuti, se ciò non fosse bastato, dal timoniere negli ultimi minuti prima della collisione, resta difficile comprendere come si possa odiare così tanto il destinatario di tutte le colpe altrui, per non essere morto insieme alla sua nave.