Finalmente ci siamo. Alle ore 11:45 di oggi la prestigiosa Accademia Reale Svedese delle Scienze ha conferito il premio Nobel della Fisica allo scozzese Peter W. Higgs, 85 anni, e al belga Francois Englert, 81 anni, per i loro studi sui meccanismi che permettono alla materia di avere massa, dunque semplicemente di esistere. Candidati che tra l’altro risultavano essere, e con ottime possibilità di vittoria, nella griglia dei competitor anche dell’anno scorso, il 2012, premio che in quell’occasione fu tuttavia assegnato, con non poche sorprese, al francese Serge Haroce e all’americano David Wineland per i loro studi sperimentali sulla misurazione e manipolazione dei sistemi quantistici individuali.
Il riconoscimento ottenuto dai due scienziati, che hanno svolto tuttavia lavori indipendenti l’uno dall’altro, rappresenta infatti il meritato e doveroso premio per studi e ricerche che muovono i primi passi a ben quasi cinquant’anni fa, anni 60′, tempo durante il quale si iniziava a teorizzare l’esistenza di una particella capace di conferire massa alle altre particelle subatomiche elementari, quali sono protoni, elettroni: il cd. bosone di Higgs, fisico che per primo gli conferì un nome.
Il piano teorico su cui ha sempre poggiato sempre lo studio di Higgs, formulava, infatti, l’ipotesi dell’esistenza di un dato campo, chiamato campo di Higgs, che attraversa lo spazio, nel quale agiscono i cd. bosoni, il cui comportamento al suo interno deve essere comparato, in termini matematici e scientifici, a quello di una sorta di “vettore di materia”, capace di attrarre a sé, esercitando quindi una forza fisica,le particelle subatomiche elementari presenti, fenomeno che sarebbe alla base del loro “assemblaggio” e dunque della materia. Secondo le teorie di Higgs nessuna particella può infatti attraversare senza conseguenze questo campo, perchè il transito non può non avvenire senza che la particella sia “disturbata” o “attratta”,ed proprio tale Forza di attrazione ad essere, spiega il Nobel, la vera causa dell’esistere delle cose.
Un’intuizione geniale, e un’impalcatura teoretica perfetta, a cui mancava tuttavia ancora un elemento per esser vera: verificare l’esistenza stessa del bosone e analizzarne il comportamento.
A partire infatti dal 2008 le teorie di Higgs e di Englert saranno oggetto delle prove sperimentali del più grande acceleratore di particelle al mondo, l’imponente Large Hadron Collider (Lhc) del CERN di Ginevra. A partire da questo periodo all’interno del Lhc scienziati di tutto il mondo hanno infatti iniziato a lanciare miliardi di protoni a velocità prossime a quelle della luce facendoli scontrare, provocando un’energia d’urto tale da generare particelle elementari e stati della materia simili a quelli presenti durante i primi istanti del BingBang. Simulando dunque condizioni ottimali, ciò che gli scienziati del CERN tentavano di trovare con le varie sperimentazioni era quella prova mancante che avrebbe consegnato alle ipotesi di Higgs ed Englert l’ufficialità della scienza.
Teoria che divenne realtà, infatti, mercoledì 4 luglio 2012, giorno nel quale all’interno di due specifiche fasi sperimentali del CERN, chiamate ATLAS e CMS, guidate da un’equipe italiana di cui segnaliamo i ricercatori Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, fu osservata una nuova particella dalla massa di 125-126 GeV( gigaelectronvolt), per gli scienziati una grandezza di per sé sufficiente per ritenere che quella particella non fosse frutto del caso, ma che si trattava del tanto agognato bosone di Higgs. “ Non ci sono dubbi, l’evidenza sperimentale è schiacciante e condivisa, e nessuno può più temere che i segnali siano solo fluttuazioni del rumore di fondo,Abbiamo scoperto il bosone di Higgs!”
parole che Marco Delmastro, fisico delle particelle nell’esperimento ATLAS, pronunciò all’indomani della scoperta. Dato il ruolo centrale svolto dal CERN nella scoperta del bosone, e in particolare della ricerca italiana impegnata alla guida dei risolutivi esperimenti ATLAS e CMS, la vittoria del Nobel di Higgs ed Englert è stata accolta con molto entusiasmo e molta soddisfazione dalla nostra rappresentanza a Ginevra. Queste, infatti, la dichiarazione di Tonelli una volta appresa la notizia ”Siamo felici: penso proprio che i ragazzi del ’64 se lo meritino.”, mentre Fabiola Gianotti ha così dichiarato,”Sono molto emozionata per il Nobel dato alla fisica delle particelle e ad una scoperta che spiega la struttura dell’universo’‘,e poi aggiunge ”Indirettamente è un premio anche alla scoperta sperimentale, che dopo 50 anni ha permesso di confermare la teoria. E’ stato un risultato ottenuto grazie a tanti italiani. E’ un momento bellissimo”.
La particella è conosciuta dal grande pubblico con il familiare nomignolo di “particella di Dio”, la cui paternità, però, non si deve né ad Higgs né ad Englert, ma ad un altro Nobel della Fisica, Leon Lederman, che così l’appellò per pure esigenze editoriali: anch’egli impegnato nella ricerca della particella a fondamento della materia la chiamò infatti “la particella stramaledetta da Dio” proprio per marcare le difficoltà incontrate nei vari tentativi di scoprirla, per poi cambiare con un nome sicuramente ben voluto, se non da un suo lettore, almeno da Dio.
di Marco Caffarello
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