Mentre il Presidente del Consiglio, Renzi, è impegnato quotidianamente nella battaglia referendaria, un gruppo di oltre 350 cittadini indipendenti ha aderito all’iniziativa «Paga Porcellum» di “Insieme Consumatori”, associazione presieduta dall’avv. Romolo Reboa, autore, insieme ad altri sei avvocati, dell’azione giudiziaria collettiva. Il Tribunale di Roma dovrà decidere su un ricorso di circa 80 pagine, con oltre 350 firme di cittadini che chiedono il risarcimento dei danni per esser stati privati della possibilità d’ esercitare il loro diritto di voto conformemente al diritto costituzionale.
La causa trova origine nella sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale, che dichiarò l’illegittimità della legge elettorale per le Camere: legge che il suo stesso autore, il sen. leghista Calderoli, aveva definito a suo tempo «Porcellum», con un chiaro riferimento al maiale ( animale peraltro caro al senatore, come strumento delle sue battaglie antiimmigrati mussulmani…!) per le modalità che avevano portato alla sua approvazione. La norma in questione, la n. 270 del 21 dicembre 2005, comunemente nota appunto come legge Calderoli o Porcellum, era una legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate ( circostanze, queste due, obbiettivamente limitative del principale diritto politico dei cittadini) che ha disciplinato l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato nel 2006, 2008 e 2013. Nel gennaio 2014, con sentenza n. 1/2014, la Corte costituzionale dichiarava appunto l’illegittimità costituzionale parziale della legge, abolendo il premio di maggioranza e introducendo la possibilità d’ esprimere un voto di preferenza. La legge così risultante, soprannominata “Consultellum”, è rimasta in vigore per l’elezione della Camera fino alla sua sostituzione con l’ “Italicum” dal 1º luglio 2016, e rimane tuttora in vigore per l’elezione del Senato.L’ analisi del diritto costituzionale e comunitario fatta dall’avv. Reboa ha evidenziato che lo Stato e’ obbligato a risarcire i danni derivanti dalla lesione dei diritti costituzionali degli elettori.
Gli oltre 350 cittadini firmatari han ricordato che il diritto di voto è il diritto politico per eccellenza, e che la sua violazione produce “effetti prolungati e permanenti». Pertanto chiedono che il risarcimento del danno venga determinato dal Tribunale secondo equità, ma comunque in misura non inferiore ad € 1.500,00 a cittadino, per ogni anno dal 2005.
A supporto di tale calcolo minimo, Reboa ha usato i parametri della c.d. Legge Pinto sull’equa riparazione per i ritardi giudiziari, applicando un semplice algoritmo: <<perdita della democrazia = giustizia negata>>. Dal 2005 ogni cittadino ha subito, così, almeno 15.000 euro di danni.
«Nel quantificare l’entità del risarcimento ci siamo posti il problema degli effetti sulle finanze dello Stato d’ una sentenza di accoglimento che costituirà precedente per altre decisioni analoghe», dichiara l’avv. Reboa: «e per questo abbiamo optato per i parametri della legge Pinto sull’equa riparazione per ritardata giustizia, che erano stati determinati dal legislatore tenendo presente i precedenti della Cassazione. Il parametro è quello della legge Pinto prima delle modifiche del dicembre 2015 (che l’han resa di difficile attuazione, e ne hanno ridotto i risarcimenti): modifiche volute da questo Parlamento anche in considerazione del fatto che era stata la Consulta, nella sentenza n.1/2014, a scrivere che “è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione”».
Considerato che anche la legge modificativa della Costituzione è stata approvata dal Parlamento eletto con il «Porcellum», è altamente probabile che di questa iniziativa si parlerà in questi ultimi giorni di dibattito per il SÌ o il NO al referendum costituzionale.
FABRIZIO FEDERICI