Sono trascorsi appena tre giorni dalla chiamata al voto del Referendum confermativo della Legge Costituzionale di domenica 4 dicembre, per le modifiche di riforma agli articoli della seconda parte della nostra Costituzione. Due giorni dal computo elettorale. Sono lontani gli echi della campagna politica referendaria, che già si profilano all’orizzonte altri rumors politici di distinta natura a cui non si presta volutamente alcuna attenzione. Non si è emulato il risultato a sorpresa dello scrutinio americano che ha deriso i sondaggi, non si è avverata nessuna infausta predizione apocalittica per la Penisola. L’Italia all’indomani del risultato referendario che vede il NO corale è in piedi e davanti a postumi referendari. Mettendo in disparte l’effetto politico e nazionale della recente consultazione, evitando di rivestire il ruolo di musa arruolata, per governo, opposizione e cittadini italiani si è scelto di censire una sobria sbronza da spoglio elettorale con cifre, dati e percentuali.
Permane nello stato d’essere del censimento e nello spirito della ricerca stessa il curioso quesito Una giornata storica il 4 dicembre scorso? La probabile risposta è in una lunga e impegnata digressione di storia e di numeri, tenendo d’occhio anche la partecipazione al voto, in questa maratona fra date e dati del suffragio elettorale.
Possiamo affermare che l’introduzione di un voto popolare simile al referendum nel nostro Paese, è stata la legge 29 marzo 1903, n. 103, sulla municipalizzazione dei servizi pubblici – avanzata dal Ministro dell’interno Giovanni Giolitti a firma di Vittorio Emanuele e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia 3 aprile 1903, n. 78. Infatti, l’articolo 13 decretava che In seguito al parere favorevole della Commissione, la deliberazione del Consiglio Comunale è sottoposta al voto degli elettori del Comune convocati con manifesto della Giunta municipale, da pubblicarsi 15 giorni prima della convocazione stessa. L’elettore vota pel sì o pel no sulla questione dell’assunzione diretta del servizio. Nel caso di risultato contrario alla deliberazione del Consiglio Comunale, la proposta di assunzione diretta del servizio non può essere ripresentata se non dopo tre anni, salvo che un quarto almeno degli elettori iscritti ne faccia richiesta nelle forme prescritte dal regolamento; ma anche in questo caso non dovrà essere trascorso meno di un anno dall’avvenuta votazione.
A questa legge, dal 1944 – durante la seconda guerra mondiale – al 1946, seguirono decreti legislativi luogotenenziali con cui si dichiarava che il momento successivo alla liberazione del territorio nazionale avrebbe visto eletta a suffragio universale, diretto e segreto un’Assemblea Costituente affinché si potesse optare e per la forma dello Stato, e per consegnare all’Italia una nuova Costituzione.
E’ con il decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98 – emanato dal governo De Gasperi a firma di Umberto di Savoia Principe di Piemonte – che si corregge la normativa elettorale vigente e si delega, per la prima volta, la scelta della forma istituzionale dello Stato Italiano (Monarchia o Repubblica) ad un referendum popolare da svolgersi al contempo delle elezioni per l’Assemblea Costituente. Vi furono quindi altre norme per lo svolgimento del referendum con il decreto legislativo luogotenenziale 23 aprile 1946, n. 219.
Ma a quando risale la data del primo referendum? Il primo referendum popolare si svolse il 2 giugno 1946 e proclamò la nascita della Repubblica Italiana (di cui quest’anno si è festeggiato il 70° anniversario), al contempo venne eletta l’Assemblea Costituente che approvò la Costituzione della Repubblica Italiana il 22 dicembre 1947, che, a sua volta, entrò in vigore il 1º gennaio del 1948. Dunque, sono passati 70 anni dalla prima consultazione diretta nel Paese, primo suffragio universale maschile e femminile, il Referendum sulla forma istituzionale dello Stato. All’epoca gli elettori toccavano quota 28.005.449, i votanti furono 24.946.878, l’89% quindi, e i voti validi furono 23.437.143: 12.718.641 (54,27%) i voti che decretarono la vittoria della Repubblica contro i 10.718.502 (45,73%) voti a favore della Monarchia. Le schede bianche furono 1.146.729; schede non valide (bianche incluse) 1.509.735.
In questi anni si sono svolti diversi spogli referendari, si sono fatte scelte, giuste o sbagliate, comunque importanti che hanno condotto il Paese fino ai nostri giorni.
Forse, è il caso di trattarne qualcuno? Perché no. Non a caso, perciò, e mettendo da parte le date più recenti, citiamo un paio di referendum popolari andando a ritroso nel tempo, come per esempio il primo dal 1946. Il referendum abrogativo sul divorzio del 12 e 13 Maggio 1974 con il quale gli Italiani decisero di non abrogare la legge Fortuna-Baslini del 1970, che aveva introdotto il divorzio nel nostro Paese: elettori 37.646.322, votanti 33.023.179 (87,72%), 32.295.858 voti validi divisi fra 13.157.558 voti per il SI (40,74%) e 19.138.300 voti per il NO (59,26%) sono il consenso alla possibilità giuridica di scioglimento del vincolo matrimoniale. Oppure quello sull’adesione dell’Italia all’Unione Europea – il Referendum Consultivo per il Conferimento del mandato costituente al Parlamento Europeo – il primo consultivo e di indirizzo dal 1946 che si è tenuto il 18 giugno 1989, contestualmente alle elezioni europee del 1989 (per istituirlo, in quanto né abrogativo né confermativo, ma consultivo/indirizzo, ad hoc fu approvata la legge costituzionale 3 aprile 1989, n. 2: i due rami del Parlamento accettarono all’unanimità la legge di iniziativa popolare). La cifra degli elettori è di 46.552.411, al seggio se ne sono recati 37.560.404 (80,68% dei votanti), 37.560.404 sono stati i voti validi di cui 29.158.656 per il SI (88,03%) e 3.964.086 voti per il NO (11,97%).
La lista delle consultazioni dirette è lunga (20 referendum, escluso l’ultimo) e gli argomenti sono vari (ambientali, sociali etc.).
Provando a non annoiarci e rimanendo in tema e caratteristiche del referendum appena concluso, passiamo ai due referendum costituzionali, senza quorum (quota minima di votanti sugli aventi diritto al voto affinché sia valida la consultazione). Abbiamo quello del 7 ottobre 2001, concluso con l’approvazione della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che modifica il Titolo V della Parte II della Costituzione: 49.462.222 elettori, 16.843.420 votanti (34,05%), 16.250.101 voti validi, i SI furono 10.433.574 (64,21%) mentre i NO 5.816.527 (35,79%). Le schede bianche furono 236.561; schede non valide (bianche incluse) 593.319. Il referendum del 25 e 26 giugno 2006, si è risolto con la mancata approvazione di una proposta di legge costituzionale volta a modificare la Parte II della Costituzione: su 49.772.506 elettori i votanti furono 26.110.925 (52,46%) solo poco più della metà, 25.753.782 i voti validi, di cui 9.970.513 (38,71%) per il SI e 15.783.269 voti per il NO (61,29%). Le schede bianche furono 101.429; schede non valide (bianche incluse) 357.143.
Ma torniamo – e terminiamo – dati alla mano al presente, anzi al passato prossimo. Si sono concluse alle ore 23 di domenica 4 dicembre scorso, le operazioni di voto per il Referendum Costituzionale confermativo recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione”. Gli elettori italiani sono 50.773.284, ha votato il 65,47% del corpo elettorale, cioè 33.244.258 di persone sono affluiti alle urne (le sezioni pervenute in Italia sono state 61.551 su 61.551, le comunicazioni pervenute dall’Estero sono state 1.618 su 1.618), sono stati 13.431.702 i voti per il SI e 19.420.411 i voti a favore del NO che ha bocciato la suddetta proposta di legge costituzionale. Chiariamo che, per quanto riguarda altri dettagli sullo scrutinio, i votanti in Italia alle 12.00 della giornata referendaria sono stati il 20,14%, alle 19.00 il 57,22%, alle 23.00 il 68,48%; complessivamente le schede bianche sono ammontate a 83.418 (0,25 %), sono state totalizzate 306.966 (0,92 %) schede nulle mentre le schede contestate e non assegnate sono state 1.761 (0,00 %). (Fonte Ministero dell’Interno – dati aggiornati al 07.12.2016, ore 10.31)
Maria Anna Chimenti