È un dialogo costante e profondo con la natura quello di Claudio Belleggia. Classe 1956, originario di Roma, il pittore ci accoglie, con la cordialità che lo contraddistingue, nel suo studio sul litorale romano, a Marina di Cerveteri, dove risiede dal 2007. Il suo percorso artistico inizia prestissimo, ancora adolescente già dipinge, a sedici anni realizza le prime opere su commissione. Dal 1988, nella capitale, frequenta per diversi anni lo studio del Maestro Vincenzo Stinga. Qui realizza anche le sue prime incisioni.
Ricorda il periodo romano la tela che raffigura uno scorcio dello studio. La luce che, penetrando dalla finestra sul cortile, pacatamente si diffonde nella stanza, immediatamente ci proietta in una dimensione esclusiva, quella del luogo della creazione artistica, lontana dal fragore e dal caos.
Il processo creativo del pittore passa attraverso l’osservazione e l’indagine degli elementi esterni, che mai si traducono in una mera trasposizione della realtà. Protagonisti dell’opera, accanto alle vedute, agresti e marine, alla natura, ai soggetti che animano le tele, sono le emozioni. Ogni dettaglio viene riproposto attraverso un passaggio intimo, psicologico, emotivo. La mano del pittore non indugia sulla tela. I tratti, spesso decisi e materici, conducono di frequente all’ascolto di quelle sensazioni, troppe volte sommerse dalla frenesia della vita moderna, che nell’immediato ci travolgono.
Ampio spazio occupano, nella sua produzione, le vedute campestri. Nella natura sterminata a prevalere è l’utilizzo delle “terre” –molto amate dall’autore, come egli stesso ci dice- in cui la visione poetica dei paesaggi nobilita la semplicità della vita rurale colta nella quotidianità di alcune azioni.
Le figure non di rado assolvono una funzione simbolica che evoca elementi storici, leggendari, a volte magici. La natura rigogliosa avvolge “L’ateo e il credente” in una dimensione bucolica sospesa nel tempo in cui l’individuo rappresenta le costanti domande che l’uomo pone a se stesso e al mondo. Ne “La collina delle sirene”, frangendosi dolcemente, le onde cullano l’effigie dormiente della creatura leggendaria celata e custodita nel promontorio sul mare.
In questa prolifica dialettica, in cui l’artista interroga l’universo, trova spazio anche il mondo animale che spesso assume quella funzione allegorica -tanto cara alla letteratura- grazie alla quale l’arte trascende e supera la dimensione del reale. È così che la “polvere di stelle” vivifica e dona libertà ad un oggetto che la realtà ha reso inanimato.
Il tempo è inesorabile sì, ma anche prodigo di preziosi doni temporanei. Nella serie dedicata ai tramonti, la luce lascia lentamente il paesaggio che, silenziosamente, si abbandona all’imbrunire. In “Melanconia della sera”, nella distesa innevata, attraverso una visione romantica e remota, il tratto sapiente dell’autore conduce l’osservatore nell’atmosfera calda e familiare di una baita. È un dono speciale concesso dal momento, che ritroviamo anche nella marina al tramonto, dove, ogni elemento del paesaggio si tinge lentamente dei colori della sera.
Belleggia è un artista attento e scrupoloso il cui percorso artistico non prevede l’ingresso di effimeri clamori o ricerche di approvazione. Quell’intensità lirica che rende inconfondibile la sua produzione si fonda su un amore profondo per l’arte, per il disegno, per il colore di cui costantemente sperimenta soluzioni ed effetti. Ad oggi l’artista conta numerose mostre, collettive e personali, e premi ricevuti per la propria attività. Attualmente e fino al 15 gennaio 2017, alcune delle sue opere sono visibili presso il Baiamonti, a Roma, un evento organizzato dal Gruppo Artistico Monteverdino, a cura di Franco Argenti.
Una produzione vastissima la sua, mai interrotta, in cui il pittore ha anche sperimentato in tecniche – dall’acquaforte, alla punta secca, all’acquerello – e generi. In “Omaggio collettivo” la tela viene scomposta in più tasselli, ognuno dei quali il pittore dedica ad un diverso artista contemporaneo e non. Nasce invece nel 2013 l’opera dall’emblematico titolo “Punti di vista”.
In essa l’autore offre, attraverso attenti accostamenti cromatici e spaziali, quelli che potremmo definire alcuni degli elementi alla base dell’esistenza. Un’opera che implica diverse fasi interpretative che richiedono una lettura attenta e stratificata. Accanto all’immediata percezione dei connotati simbolici che caratterizzano le diverse raffigurazioni femminili, il colore delinea una divisione dello spazio che rinvia ad un approccio visivo multiplo. Occupa il centro della tela la raffigurazione di una casa –che incarna valori quali la famiglia, l’unione, la serenità- vista da una prospettiva “aerea” che sovrasta un ambiente in cui ogni colore definisce l’incontro di diverse sovrapposizioni materiali – la natura, il mondo, lo spazio- e spirituali – il pensiero dell’individuo, le sue scelte, le sue convinzioni.