E’ il 31 gennaio, sono dal parrucchiere, e nella poltrona accanto alla mia, una signora commenta un articolo apparso su un settimanale ( Gente n.53) e afferma“Ma si doveva mettere in mostra così? Secondo me perde di credibilità”. Incuriosita mi faccio passare la rivista e mentre la sfoglio mi ritrovo bombardata da immagini di femmine ipersensuali e super taroccate. L’occhio scorre sulle graziose figure di bamboline giovani e carine in cerca di facile successo sulla copertina patinata,ma, allarmato e incredulo, si sofferma alla pagina in oggetto: una gran bella signora avvolta in uno splendido vestito da principessa… Rimango abbastanza stupita. Davanti a me c’è un intero servizio fotografico alla criminologa più in vista del momento: Roberta Bruzzone. 37 anni, un fisico molto bello, la Bruzzone indossa abiti di splendida fattura, il suo trucco è semplice ma altamente studiato, e lei sembra comunque essere poco morbida davanti alla macchina fotografica, ma nel suo atteggiamento si legge rivalsa e esibizione. Quasi fosse un bisogno.
Mentre osserviamo le foto scattatele, la mente rimanda subito alle scene delle trasmissioni televisive in cui la protagonista, purtroppo era una deliziosa ragazzina bionda, un angioletto volato via, tremendamente sottratto al mondo: Sara. Davanti a me la criminologa che si occupa del suo caso e, sinceramente, mi indigno nel leggere l’intervista che di certo non lascia spazio se non alle critiche. Sono delusa.
Dal pezzo emerge la figura di una donna fragile che rifiuta i vestiti da “femmina”, raccontando aneddoti sulla sua infanzia da “ribelle”, descrivendosi come portatrice di una “femminilità aggressiva ma buona”. Poi lamenta di avere molte difficoltà all’interno del suo ambiente lavorativo che “è prettamente maschile e se sei femmina non hai vita facile. Se poi sei anche competente ti mettono in croce. E’ un mondo di mediocri, che non vedono l’ora di poter bastonare chi emerge. Ma certe ironie non me le risparmiano neanche i giornalisti”. ( facciamo presente che tutti gli ambienti in Italia sono così sia per le donne che per gli uomini) Continua dicendo “ si, sono brava, sono preparata e sono uno schianto”. L’intervista diviene ancora più intima e ne emerge un’infanzia da “ex bruttina, maschiaccio, zero femminilità”.
E la trasformazione da brutto anatroccolo in cigno, l’affermazione professionale, sembra non sia stata ancora metabolizzata, anzi, sembra che la testata divenga per lei un mezzo per arrivare ad uno scopo ben preciso: far vedere che ha femminilità e sete di rivincita e affermazione. Che servano le pagine di un giornale per la propria autoaffermazione? Le pagine identiche a quelle della showgirl Panicucci? Per una criminologa?
Senza considerare che chiunque si mette in mostra ha critiche come gli appunti fatti al criminologo Crepeit con i suoi maglioncini azzurri color degli occhi.
Chissà cosa ne pensa lo psichiatra Alessandro Meluzzi.
Io da sociologa della comunicazione ritengo che il bisogno di farsi vedere abbia contagiato la criminologa. Chi è bravo e bello lo è per se stesso non per gli altri. E’ qui la sostanziale differenza tra il termine donna (dal latino Domina: colei che guida, che governa ndr) e quello femmina, individuo portatore di gameti femminili ( quindi utile solo alla procreazione ndr),ancora non è chiara a molte rappresentanti del “gentil Sesso”. L’importante per essere realmente Sani è che l’immagine di se stessi rispecchi la propria personalità.
Vera Iafrate