Dopo Rabin, Arafat, Peres,Nemer Hammad, è scomparso, il 1 gennaio a Roma ( sarà sepolto a Beirut, dopo una breve commemorazione al “Karol Wojtyla Hospital” di Viale Africa, e i funerali alla chiesa di S. Maria in Cosmedin, meglio nota come “Bocca della Verità” ), un altro protagonista della vicenda israelo-palestinese. A 94 anni, è morto mons. Hilarion Capucci, siriano, arcivescovo cattolico (Ordine Basiliano Aleppino), dal ’65 al ’74 vescovo ausiliare presso l’arcieparchia di Gerusalemme dei cristiani greco-melchiti. Controversa figura di religioso dichiaratamente filopalestinese e antiisraeliano ( nell’estate 1974, Capucci veniva fermato, in Israele, con un carico d’armi destinato appunto alla resistenza palestinese, e condannato a 12 anni di carcere: detenzione che sarebbe finita dopo soli tre anni e mezzo, grazie al diretto intervento di Paolo VI). Personalità interessante, uomo coltissimo: che piu’ che Desmond Tutu, però, ricordava Camillo Torres, o certi religiosi nordirlandesi, protestanti o dell ‘IRA, contigui alla lotta armata. E che non esitò, nel ’79, a plaudire al potere assoluto di Khomeini in Iran, e ad esaltare, nel 2002, i “kamikaze” bombaroli della seconda Intifada. Se alcune sue scelte risultano obbiettivamente ambigue, o esasperate (i suoi sostenitori lo paragonavano ai religiosi europei schieratisi in prima persona a fianco dei resistenti all’occupazione nazista, o ai “Cristeros”, i guerriglieri cattolici nel Messico ultralaicista anni ’20; con tutte le critiche possibili, a volte doverose, alla politica israeliana nei Territori occupati, non ci sembra giusto paragonare Israele agli occupanti nazisti dell’ Europa, o al Messico di Plutarco Elias Calles), va detto però che Capucci – posso dirlo per averlo conosciuto di persona – credeva sinceramente in questa causa, senza cercare vantaggi personali, ed era sempre pronto a pagare direttamente per le sue scelte. Ultimamente s’era battuto per la fine della guerra civile in Siria, chiedendo “un dialogo fraterno, costruttivo e trasparente per giungere ad una pacifica riconciliazione e a una pace giusta”; e cercando di far capire, agli osservatori internazionali, la necessità d’ uscire dal comodo clichè “Occidente angelo-Assad demonio” ( che, come già accaduto con Saddam in Iraq e Gheddafi in Libia, rischia – al di là anche della buona fede di molti sinceri sostenitori della democrazia nel Terzo Mondo – di fungere da alibi a precisi disegni imperialistici delle superpotenze).
Oggi, comunque, in questo Medio Oriente – ci riferiamo, appunto, soprattutto allo scenario israelo-paestinese – la maggioranza delle popolazioni vuole sinceramente la pace, dopo quasi settant’anni di guerra intermittente. Questo 2017 in cui ricorrono, singolarmente, i 50 anni dalla Guerra dei Sei giorni e i 100 anni della storica “Dichiarazione Balfour” del 31 ottobre 1917 (con cui il Regno Unito, durante la Prima guerra mondiale, prometteva il suo interesse a favore della creazione d’un “homeland” ebraico in Palestina), sarà finalmente l’anno della svolta?
( Fabrizio Federici)