Ad un anno dal debutto, Schola Romana canta ancora. E, arricchito il gruppo, il “collettivo” musicale diventa quasi una band rock che riconsegna la giusta, meritata gloria alla musica romana, quella d’autore.
Imbracciata la chitarra elettrica, Davide Trebbi, il “musicante”nonché ideatore del progetto, dice addio ad un discorso squisitamente acustico e canta l’Urbe in un modo nuovo, d’impatto, da palco, ripercorrendo la storia di una Roma continuamente invasa, dagli austriaci prima dalla globalizzazione poi, ma mai arresa. Mai vinta. “Roma è rimasta uguale nel bene e nel male”, afferma Trebbi. E i mutamenti subìti e ben celati nel corso dei secoli, li svela la musica, quella romana.
Quella non strillata nelle osterie, quella che non cede allo stornello, la stessa che, satura di “alta” quotidianità, narra gli aneddoti di quella vita di tutti i giorni che entra nella Storia. Un collettivo musicale, dunque, che è cresciuto. In musica e in numeri. Oltre al nucleo, agli elementi propri della Schola, infatti, molti sono gli ospiti che ne impreziosiscono i concerti, innanzitutto le donne, cantautrici di indiscutibile spessore come Lavinia Mancusi, che sul palco “fanno sentire ciò che mancava”.
Quando e in che modo nasce il progetto Schola Romana?
Nasce nella mia testa nell’Aprile 2011 e prende vita definitivamente dal vivo al Teatro Trastevere tra Novembre 2012 e Febbraio 2013 con 3 repliche, tutto esaurito, in quartetto acustico. L’ispirazione originaria arriva direttamente da un monologo del comico romano Alessandro Di Carlo (L’essenza della mia città) che parla di Roma e della filosofia di vita della città. Bellissimo.
A quale obiettivo tende?
Far conoscere la vera musica romana, quella storicamente fondata, oltre le osterie e gli stornelli, quella d’autore, quella creata a Roma negli ultimi 100 anni. Soprattutto far uscire la musica romana al di fuori del contesto capitolino e regionale, magari proporla al Nord, stiamo cercando anche di proporla all’estero: Parigi, Istanbul, Mosca.
Quale Roma la cultura popolare “alta”, quella da voi riscoperta e che non si esprime in romanesco bensì in romano, ha raccontato?
Roma è l’urbe per eccellenza, da sempre crocevia di culture, invasioni, ingerenze e grandi resistenze. La cultura popolare non è né alta né bassa, dipende dalle intenzioni. Le nostre sono storiche e civiche, la musica popolare è resistenza, resistenza all’ignoranza musicale ma anche a quella sociale. Roma tutto accoglie e tutto filtra e te lo rimanda orizzontale, pieno di energia positiva e fiducia nel futuro.
Quali sono i temi che avete scelto di frequentare? I maggiori autori di riferimento?
Iniziamo i nostri concerti con Nun je da retta Roma di Trovajoli e Magni recentemente scomparsi. Nella canzone il poeta incita Roma all’azione, alla presa di coscienza e Roma attenta ma anche distaccata risponde che già sa ma che preferisce cantare, Roma sa che anche questa invasione, anche questa rivolta passerà e tutto tornerà come prima. Roma osserva, canta, il resto passa e Roma resta.
Insomma il tema è sempre lo stesso non dimenticare e andare avanti, onorando il passato e costruendo un futuro musicale e civico per la cittá eterna. Cesare Pascarella, il nostro riferimento filosofico dice: “Vedi noi mó? Noi stamo qui a fa bardoria, nunce se pensa e stamo all’osteria. E invece semo tutti nella storia”. E chiudiamo con Sora Rosa di Venditti, vero e proprio manifesto contro la parte marcia del nostro paese, per difendersi dagli incravattati e da chi non ha mai preso “’na farce ‘n mano”.
Gli autori sono molti: Balzani, Trovajoli, Magni, Marino, Leonardi, Pizzicaria fino ad arrivare ai moderni Rosso, Califano, Venditti, Baglioni, De Angelis e noi stessi con le nostre composizioni originali Trebbi, Petretti, Migneco, Del Grillo.
Perché ti definisci un Musicante?
Il musicante è un misto tra un attore e un musicista, mi permette di spaziare e di non prendermi troppo sul serio, differentemente da molti miei colleghi io non faccio e non ho fatto solo musica. Sono stato pubblicato come poeta, ho fatto teatro e anche il direttore artistico. La musica è un pretesto, la comunicazione l’obiettivo.
Ad un anno dal debutto, quali sono le tue impressioni sul progetto? Come ha risposto il pubblico?
Il pubblico, difficile da trovare di questi tempi, risponde molto bene. È sorpreso appunto dal fatto che la musica romana non si completi nello stornello ma che riesca a raggiungere punti così alti. L’affluenza ai nostri concerti è sempre cospicua e soprattutto attenta. Ci vorrebbe molto di più ma questo non è un paese per giovani né per musicisti. Bisogna resistere e infatti, resistiamo.
Quale sarà il prossimo appuntamento di Schola Romana?
I prossimi concerti saranno con cadenza regolare, tutti gli ultimi Mercoledì del mese al Contestaccio, via di monte testaccio 65, nostro locale base a Roma e poi troverete gli altri concerti e aggiornamenti sulle nostre pagine Facebook e Youtube.
Mariangela De Maria