Il 28 ottobre, la Kogoi Edizioni ha presentato, in occasione del centenario della sua prima pubblicazione, “Il peccato” di Giovanni Boine a cura di Roberto Mosena. Il libro, uscito a puntate sulla rivista “La riviera ligure” tra il 1913 e il 1914, è ambientato nel paesaggio della sua infanzia, la costa ligure, sfondo non passivo dell’azione narrativa. Il monologo interiore e l’asciuttezza morale e poetica con la quale affronta le contraddizioni della vita fanno di questo romanzo breve un piccolo capolavoro, avvicinandosi, con precise soluzioni narrative, ad autori come Svevo, Mann e Joyce e delineando la strada da seguire per la nuova narrativa italiana novecenesca, contro il romanzo verista di Verga e quello decadente di Fogazzaro.
Con “Il peccato”, Boine narra una storia d’amore proibita fra il narratore-protagonista, un giovane provinciale e una suora, Maria, che lascerà il convento era andare a vivere con lui, attraverso un’originale prospettiva e una prosa lirica rimata, per adattare l’ autobiografismo alla materia oggettiva Inoltre il romanzo si configura come un dialogo tra anime, nel quale Boine accompagna il lettore alla scoperta della vita interiore del personaggio, senza però alcun intervento da parte del narratore e cala in una storia di vita e di amore concreti la contraddizione fra la legge del cuore e quella oggettiva, contraddizione che attraversa tutte le opere dell’autore. Morto prematuramente all’età di trent’anni ,Boine compone le sue opere partendo da un’esigenza di ordine e omogeneità come risposta al suo spirito tormentato.
È con “La voce” che egli matura le sue idee filosofiche e religiose, portate avanti dal suo cattolicesimo classico ma molto sofferto; tra i vociani è però colui che sente maggiormente la caduta delle certezze derivanti dalla crisi del positivismo, questo comporta in lui una visione della vita priva di valori: per superare questo senso di disfacimento della società in cui è immerso, Boine adotta una scrittura frammentaria, che restituisce quel senso di immediatezza, ricca di rime e simmetrie ardite e artificiose. In questo contesto si inserisce la polemica novecentesca fra le più importanti, quella tra Benedetto Croce, ideologo del liberalismo italiano del novecento, il quale difendeva l’autonomia dell’arte, e lo stesso Boine, che, al contrario, sosteneva che l’arte dovesse essere colta anche nelle sue manifestazioni morali e politiche.
Chiara Ferrante