Alla “Galleria del Laocoonte”, a Via Monterone, in pieno centro storico (già nota per altre importanti mostre, come quella del 2015 sui cartoni preparatori degli affreschi del pittore genovese Pietro Gaudenzi nelle sale del monumentale Castello del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, ricostruito dagli italiani dal 1936 al 1940, andati poi perduti), sino al 28 febbraio è in corso l’esposizione “Maschere del ‘900”. Una mostra – curata, per questo Carnevale, da Monica Cardarelli e Marco Fabio Apolloni – che accoglie opere di maestri del ‘900.
Gino Severini e le sue maschere della storica commedia dell’arte geometricamente disegnate, Corrado Cagli con la sua triste allegoria della festa di san Giovanni del 23-24 giugno, un capolavoro giovanile (pittura di maschere) di Aligi Sassu, una rara mascherina di bronzo di Roberto Melli del 1913, già esposta alla Secessione Romana, sono tra le cose più notevoli di questa mostra sui temi appunto della maschera, dei personaggi della commedia dell’arte, del Carnevale nell’arte del ‘900 italiano. E’ un repertorio dove i maggiori si mescolano allegramente, come in un veglione appunto, ai piccoli maestri, il solenne col grazioso, lo scherzo con la mascherata tragica: come nel caso della splendida illustrazione di Alberto Martini per il racconto di Edgar Allan Poe “Hop Frog” (uscito nel 1849, lo stesso anno della morte del maestro di Boston). Vi sono anche le melanconiche maschere del quasi dimenticato pittore romanesco Angelo Urbani del Fabbretto (1903- 1974), guitti in bolletta e infreddoliti. E una Piazza San Marco di Venezia tutta in maschera, pittura di quasi quattro metri del poco noto Ugo Rossi(1906-1990), che ornava la sala da ballo d’ un lussuoso transatlantico del dopoguerra.
Ma il pezzo forte della mostra “Maschere del ‘900” è la presentazione della serie di disegni a china su carta di Alberto Martini, il pittore e incisore veneto (1876-1954, da non confondere col contemporaneo, e corregionale, Arturo Martini), precursore del surrealismo e memore degli incisori rinascimentali, da Durer a Luca di Leida: disegni che compongono il ciclo “Venezia. Il Poema delle Ombre”, iniziato dall’artista nel 1904, sul tema della maschera. Galanti maschere veneziane, ma anche maschere come ne portavano i ladri e i personaggi del mistero nei romanzi d’appendice, i clienti di case equivoche che nascondevano il volto per poter con sicurezza esporre il corpo nudo alle perversioni del caso. Mascherine, ma anche larve, quasi ectoplasmi,secondo l’antico, e ormai desueto, sinonimo che accomuna le maschere ai fantasmi. Alberto Martini si conferma in questa serie il ”mago del bianco e nero”, straordinario interprete e traduttore del bizzarro. Le sue “Maschere” sono fluide macchie, ideogrammi d’ un misterioso enigma: a lui sarà dedicata una delle prossime mostre del “Laocoonte”.
Fabrizio Federici