Gaetano Papalia, membro della società proprietaria dei terreni venduti a Parnasi per la costruzione dello stadio della Roma, è tornato a parlare dell’area dell’ippodromo di Tor di Valle. Queste le sue dichiarazioni ai microfoni di Dire.
“Quando erano scaduti i 50 anni di vetustà del manufatto esistevano dei documenti che attestavano la non rilevanza per alcun vincolo. Parnasi dovrebbe avere acquisito della certificazione, lo ricordo perché me la mostrò, dove non si riteneva l’obbligo al regime vincolistico. Nella lettera della Soprintendenza, ‘si fa riferimento a dichiarazione di interesse culturale per la tribuna e per il sedime della pista delineata da percorsi’. Passi per la grandiosa opera di Lafuente, la richiesta di rilevanza culturale riguarda il sedime della pista. Che non esiste più. Ora c’è solo la strada. Inoltre la pista non fu progettata da Lafuente ma da un ingegnere austriaco che faceva strade, poi si è messo a progettare piste di trotto e galoppo. Oggi la pista è una linea immaginaria: perché il vincolo? Perché si proietta verso l’area dov’è previsto lo stadio. Avranno pensato: ‘Inventiamoci che la pista è un bene culturale e il vincolo lo portiamo al limite. Il vincolo non può esistere al mondo. La pista è fatta di sassi, di materiale come tufo, sabbia di fiume. Non c’è nient’altro. È distrutta. Che bene culturale è quello? Era un giudizio del 2013, se poi adesso la Soprintendenza reputa lo reputa meritevole tutela…“.