Se quattro o cinque anni fa qualcuno avesse detto che, entro poco tempo, sarebbe uscita al cinema una trilogia di film italiani che avrebbe riscosso grandissimi successi di pubblico e di critica, probabilmente in pochi ci avrebbero creduto. Se poi questo qualcuno avesse anche aggiunto che la suddetta trilogia sarebbe stata di genere “action-comedy”, le persone disponibili a dargli credito sarebbero scese sotto la soglia dello zerovirgola, come si usa dire per certe formazioni politiche di non acclamata longevità. A mettere a tacere queste voci piene di scetticismo ci ha pensato Sydney Sibilia, il quale con i suoi lavori d’esordio ha convinto tutti. Già con Smetto quando voglio, il suo primo film, aveva portato una ventata di aria freschissima nel palcoscenico della commedia italiana, che ormai da troppi anni, eccezion fatta per delle perle rare, galleggiava in un mare di mediocrità. Per questo, quando è stato annunciato che il suo secondo lavoro sarebbe stato un sequel del primo, Smetto quando voglio – Masterclass, lo scetticismo ha ricominciato a proporsi. La paura era che un regista dimostratosi bravo nelle scelte tecniche, nelle tematiche da affrontare, nel modo di condurre il suo lavoro, potesse rimanere ancorato al suo primo successo, riproponendo in chiave annacquata gli stessi stilemi. E invece no. No nella maniera più assoluta. Il regista salernitano è stato eccezionale nel prendere i suoi personaggi, il mondo da lui creato intorno a loro, allargandolo e rendendolo sempre più interessante.
Se nel primo film era forte la tematica generazionale, dei giovani laureati che faticano ad emergere in un mondo del lavoro ed accademico in cui è sempre più difficile inserirsi, in Smetto quando voglio – Mastercalss questo stilema è completamente scomparso. Non lasciato in sottofondo, non tenuto lì come tenue bagliore a cui fare riferimento per costruire nuove dinamiche narrative, ma completamente messo da parte. In questo secondo film (che, è bene ricordarlo in caso ancora non fosse sufficientemente chiaro: è sì il secondo film della trilogia, ma anche il secondo lungometraggio in assoluto del regista) la componente action diventa la protagonista assoluta. Ci si avvicina in maniera prepotente al cinema americano di genere, un’eco, questa, che riecheggia anche nella produzione filmica. Difatti questo secondo capitolo è stato girato in contemporanea al terzo, di prossima uscita nelle sale, così come si usa fare in alcuni casi ad Hollywood.
Punto di forza di questo secondo capitolo è ancora una volta il cast, formato da alcune eccellenza della commedia italiana, su cui spiccano Edoardo Leo, Pietro Sermonti, Paolo Calabresi e Stefano Fresi, con Libero De Rienzo con un ruolo più defilato rispetto al primo film me che riesce a regalare comunque dei momenti di ilarità eccezionali. A loro ed agli altri protagonisti di SQV si aggiungono Giampaolo Morelli, Rosario Lisma e Marco Bonini, in veste di nuovi membri della banda. E su questi attori Sibilia è riuscito a costruire una trama che si sviluppa ed evolve dal film precedente, il quale, a fine visione, è paragonabile ad un’introduzione alla storia vera e propria, che si è iniziata a sviluppare in questo film e che si concluderà nel terzo capitolo, Smetto quando voglio – Ad honorem, di cui a fine proiezione ci viene presentato il trailer.
Action comedy dicevamo. Una commedia di questo genere, come in Italia non se ne vedevano da tempo, che trova la
sua degna conclusione nella versione moderna di una delle situazioni archetipiche del cinema western (di cui il nostro Sergio Leone è stato un regista fondamentale): l’assalto al treno. Una scena formidabile, per costruzione narrativa, per le doti dimostrate da tutti gli attori, per la tecnica utilizzata, in cui le potenzialità di questo giovane regista vengono ancora una volta messe in evidenza. E qui c’è l’ennesima grande sorpresa di questa produzione. Un Luigi Lo Cascio che entra prepotentemente in scena, amalgamandosi alla perfezione allo stile di questa storia in cui lui, inaspettatamente, ha il ruolo del cattivo (o forse dovremmo dire del villain, come si usa in America). La presenza di Lo Cascio stupisce particolarmente perché qui esce da quelli che di solito sono i generi cinematografici a cui lui appartiene, dimostrando di avere una padronanza perfetta del suo ruolo e delle sue capacità, di cui qui abbiamo avuto solamente un assaggio e che sicuramente verranno approfondite nel terzo ed ultimo capitolo.
SQV – Masterclass è stato un esperimento riuscitissimo che, pur distaccandosi dal suo predecessore ne porta avanti lo spirito, in continua evoluzione, ed a questo punto già ci si chiede che cosa ci si debba aspettare dal prossimo capitolo. Una cosa però è certa: ogni scetticismo che ha accompagnato questo progetto in diverse sue fasi ora sembra essere definitivamente sparito.
Andrea Ardone