E’ il 30 marzo. Roma, Cinecittà. Giardino del VII Municipio. Intorno alle 17.30 un capannello di gente desta attenzione. Striscioni e bandiere incominciano ad essere collocati attorno ad una piccola pianta d’ulivo. Avvicinandosi di più si scorge sotto le delicate fronde, la doppia targa, in italiano e in arabo, che riporta due date, 30 marzo 1976 e 30 marzo 2011, a seguire la scritta Giornata della Terra Un ulivo di pace, giustizia e terra per la Palestina.
A quel punto è scontata la necessità di avere risposte. Yousef Salman, presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, è disponibile a qualche dichiarazione. Così afferma che la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, il Comitato per la Pace del VII Municipio e l’Associazione Amici della Mezza luna Rossa Palestinese hanno organizzato l’evento in occasione della 41° Giornata della Terra – o La Giornata internazionale della Terra palestinese oppure Youm al-Ard, in arabo – la quale ricorre il 30 marzo di ogni anno dal 1976. Il programma prevede per le 17.30 una cerimonia intorno all’ulivo palestinese per la pace, piantato nel giardino del VII Municipio nel 2011, e poi un convegno Per una pace giusta in Palestina.
Che cos’è la Giornata della Terra e che cosa rappresenta per il popolo palestinese? Che cosa è accaduto in quella data? Il presidente Yousef Salman ha asserito che la giornata è una resistenza pacifica dei palestinesi per denunciare al mondo i crimini del colonialismo israeliano, al contempo è una celebrazione in onore dei sei martiri soppressi, dei feriti e di coloro che sono stati arrestati il 30 marzo del 1976.
Secondo l’agenzia stampa infopal, il ministero israeliano delle Finanze aveva confiscato 5500 ettari di terra palestinese tra i villaggi palestinesi di Sakhnin e Arraba, in Galilea, per costruire 8 villaggi industriali sionisti progettati sul terreno sequestrato. Il 30 marzo del 1976, le città palestinesi dal Negev alla Galilea lanciarono una giornata di proteste nonviolente e scioperi in solidarietà con Sakhnin e Arraba: sei civili palestinesi furono uccisi e più di 100 feriti dalle forze armate e polizia israeliane che repressero violentemente le proteste. In 300 furono arrestati. Un momento commemorativo universale che serve a ricordarli e altresì lanciare un messaggio forte perché ad oggi il conflitto israelo-palestinese è ancora aperto: i due popoli si consumano in un eterno dissidio per la stessa terra.
Yousef Salman non ha tralasciato precisi cenni storici partendo fin dal lontano 1948, e concludendo ai nostri giorni. D’altronde è noto il posto centrale che da decenni ha il conflitto israelo-palestinese in tutte le analisi relative al Medio Oriente. Purtroppo, dopo il disastro delle rivoluzioni arabe del 2011 unito alle loro dolorose conseguenze, tale faccenda è rimasta insoluta diventando di secondo piano nonostante nella regione si moltiplicassero emergenze, rischi e atrocità: le guerre in Iraq e in Siria (è di ieri la notizia del raid chimico su civili, a Khan Sheikhoun, nel nord del paese, che ha causato la morte di 75 persone, bambini, donne, vecchi, e non si contano i feriti, ndr), la minaccia jihadista, le manifestazioni violente dell’Egitto che in cinque anni ha cambiato regime per ben tre volte, la confusione libica, la guerra nello Yemen e innanzitutto il contrasto tra Iran e Arabia Saudita, che s’interseca con ciascuno di queste ostilità.
Ma torniamo al 30 marzo scorso. Al di là dei confini del territorio israelo-palestinese. Nel giardino dell’ex sede dell’Istituto Nazionale Luce, la gente continua ad arrivare. Fra di loro c’è anche Mai Al Kaila, ambasciatrice palestinese a Roma, e personalità del suo staff diplomatico, oltre naturalmente a presidenti di associazioni e comitati. Dopo saluti ed abbracci, si termina la cerimonia con una foto di gruppo attorno all’ulivo palestinese per la pace.
Subito dopo, il gruppo si dirige alla Sala dell’Associazione ECCO.CI, che ha ospitato il convegno Per una pace giusta in Palestina. Ad aprire l’incontro sono stati gli organizzatori. Non ci si sofferma ad un resoconto dettagliato. Inizio dei lavori con la parola a Yousef Salman, presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio, che ha dato vita alla prassi di rito per avviare il dibattito, poi gli interventi di Diego Ciarafoni, dell’associazione ECCO.CI che preferisce siano i «Popoli che hanno diritti al centro della discussione odierna, e non la logica economica», e Giuseppe Garofolo, del Comitato per la Pace VII Municipio, sentenzia «E’ un onore ricordare, è un dovere stare accanto al popolo palestinese». Hanno manifestato e partecipato, con il loro contributo di adesione al malcontento e testimonianza critica, l’ambasciatrice palestinese a Roma Mai Al Kaila, mantenendo la promessa e parlando in italiano ricorda il 30 marzo del 1976 «Quel giorno, Khair Mohammad Yasin, Raja Husein Abu Ria, Khader Abd Khalaileh, Khadijeh Shawahneh, Mohammad Yousef Taha e Rafat Al Zuheiri persero la vita per difendere i loro diritti» sostenendo che i palestinesi costituiscono «un popolo derubato dalla loro terra, ma più che mai legata ad essa» e precisando che rimane solo il 12% della terra storica, dopo quella confiscata e distrutta; Elena De Santis, l’assessora Politiche della Scuola, Edilizia Scolastica, Cultura, Sport e Politiche Giovanili del Municipio VII Roma, la quale ha confermato la possibilità di piantare un secondo ulivo palestinese per la pace dicendo «La Terra non dovrebbe essere di nessuno, è di tutti»; Luisa Morgantini, presidente Assopace, ribadisce con determinazione «La terra non c’è più, ma i Palestinesi ci sono!»; Lucio Vitale, associazione Con la Palestina nel Cuore che chiede «Cosa dobbiamo farne di questo popolo?»; Bassam Saleh, Club dei Prigionieri Palestinesi, afferma «i diritti non si discutono!»; fuori programma è intervenuta la dr.ssa Patrizia Ciccone con la pragmatica frase «Abramo viene dall’Iraq». A concludere, Maria Raffaella Violano, presidente associazione Amici della Mezza Luna Rossa Palestinese, di ritorno da sole quarantottore da quei luoghi, dove ormai l’85% del territorio palestinese è sotto il controllo israeliano, che chiosa «Le colonie sono come un cancro» rammentando il progetto per I bimbi di Gaza. Intanto Yousef Salman comunica le date di nuove iniziative, nei prossimi giorni, proposte dalla Comunità Palestinese di Roma e del Lazio in collaborazione con enti, associazioni, comitati, insieme ai saluti e ai ringraziamenti per ospiti, invitati e partecipanti. Rimangono senza risposta i quesiti sollevati. Come difendere la terra dalla confisca israeliana: come reagire contro la politica della colonizzazione, contro il Muro, l’assedio, l’aggressione, il furto della terra e dell’acqua palestinese? Alla luce della risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, della politica di Trump e dell’epoca di transizione in cui viviamo, del braccio di ferro tra Netanyahu e Abu Mazen, rimane sempre viva la protesta. Continua ad essere sempre vivo il dissenso. La quieta opposizione non è per la mancanza di soluzioni, ma per la mancata messa in atto delle stesse. Secondo la scaletta dell’evento, e non la cronaca, in serata, ci sarebbe stata la proiezione di un film a cura di Monica Maurer dell’AAMOD e la degustazione di piatti tipici palestinesi. Intanto, l’agenzia stampa infopal comunica dal medio oriente notizie di invasioni, scontri e arresti in varie località della Cisgiordania (territori palestinesi occupati insieme a Gerusalemme Est) e di diverse manifestazioni svolte nella Striscia di Gaza (territori palestinesi assediati) durante il corso della giornata.
Maria Anna Chimenti