Il 24 aprile di ogni anno, ormai da più di un secolo, gli Armeni di tutto il mondo commemorano il Genocidio di cui il loro popolo è stato vittima, in una tragica stagione di violenza iniziata nel 1915. “Ricordare il dramma di questo popolo – sottolinea la Comunità armena di Roma – significa anzitutto restituire alle vittime la loro dignità, riconoscere che il loro sacrificio non è perduto nell’oblio del tempo e nella banalità del quotidiano. Significa anche trasmettere ai giovani e alle generazioni che verranno il monito terribile della Storia, la memoria di un abisso in cui l’umanità tutta è precipitata e in cui non dovrebbe più cadere”.
Purtroppo le violenze alle quali assistiamo ormai da anni, e che toccano la stessa area geopolitica di oltre cent’anni fa, cioè la grande area, in senso lato, ai piedi del Caucaso, dall’Iraq alla Palestina, ci ricordano che la pace è un bene prezioso, ma fragile: solo ricordando e condannando il passato, possiamo sperare di prevenire nuovi genocidi. Alla messa celebrata il 12 aprile del 2015 in memoria del centenario esatto del genocidio armeno, Papa Francesco ha definito efficacemente i nostri tempi i tempi di guerra: “[…] Sentiamo il grido dei nostri fratelli e sorelle che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica ( parole, queste, che ricordano singolarmente lo storico messaggio di Pio XII per il Natale 1942, in cui il Pontefice – pur senza parlare esplicitamente di ebrei – condannava la pulizia etnica nazista in corso in Europa, N.d.R.) vengono pubblicamente e atrocemente uccisi o costretti ad abbandonare la loro terra. Anche oggi viviamo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza, dal silenzio complice di Caino. La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso 3 grandi tragedie inaudite. La prima, che è considerata il primo genocidio del 20° secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana, insieme ai siri cattolici, ortodossi, agli assiri, ai caldei, ai greci. […] Ricordarli è necessario, anzi doveroso, perché dove non sussiste la memoria, il male tiene ancora aperta la ferita”.
” Aggiungiamo che ricordare e condividere il peso di quella memoria – prosegue la Comunità armena di Roma- significa, infine, porre le basi per la pace e la fratellanza di domani, che non può nascere nella diffidenza e nel pregiudizio negazionista. Gli Armeni, discendenti dei sopravvissuti, non possono e non devono portare da soli l’insopportabile peso della memoria. Noi, in quanto rappresentanti del popolo armeno, chiediamo a tutti gli uomini di buona volontà di unirsi a noi fraternamente, in questo giorno di :per confermare i valore della memoria e della dignità umana”.