ROMA – Emma Bonino alza la voce sul caso dei marò, dopo le dichiarazioni fatte ieri dal portavoce del ministero indiano degli Interni Kuldeep Dhatwalia sull’ipotesi di applicazione della legge antiterrorismo in India.
Nella prossima udienza in Corte Suprema contro i nostri soldati, l’India non si appellerà, come avrebbe avuto intenzione di fare, all’articolo della legge per la repressione della pirateria che prevede la pena di morte. Nel presentare i capi di accusa per i due fucilieri, ripiegherà invece su una imputazione più lieve riferita sempre al Sua Act, ma senza l’invocazione dell’articolo che comporta la pena di morte.
Tali anticipazioni sull’iter giudiziario sono state commentate in modo duro dal ministro Bonino, che si è detta «infuriata e interdetta». «Se si venissero a confermare queste indiscrezioni si creerebbe una situazione inaccettabile perché i nostri marò non sono terroristi, né è terrorista lo Stato italiano. Questo per noi è inaccettabile! », ha detto il ministro. «Il governo ritiene sconcertante il riferimento e farà valere con forza e determinazione in tutte le sedi possibili l’assoluta e inammissibile incongruenza di tale impostazione anche rispetto alle indicazioni a suo tempo fornite dalla stessa Corte Suprema indiana. Il comma che prevedeva la pena di morte era il 3 comma g-1, secondo cui chiunque provoca la morte di una persona, sarà punito con la morte. Invece, l’art.3 comma a-1, si limita a sostenere che chi illegalmente e intenzionalmente commette un atto di violenza (…) sarà punito con la prigione per un periodo che può giungere fino a dieci anni ed è sottoponibile a multa. Abbiamo parecchi assi nella manica, che saranno valutati con calma, gradualità e determinazione. Nel caso di un processo ai marò in base a questa legge tutte le opzioni saranno messe sul tappeto, facendo leva sulle alleanze e sulla solidarietà europea e internazionale, che abbiamo costruito in questi mesi e che non era affatto scontata perché l’India è un grande paese con legami solidi con tantissimi paesi», ha aggiunto. «Il fatto che dopo due anni non ci sia ancora un capo di accusa, è sconcertante. E se il giudice della Corte suprema dovesse decidere un altro rinvio, dovrà essere breve in ogni caso », ha infine sottolineato.
Ernesto De Benedictis