Se è certo che le sagre sono un momento di comunanza e gioia, è pur vero che oggigiorno, solo ad alcune, è data la fortuna di poter affondare le proprie radici in una leggenda. E’ il caso della Sagra del Tordo Matto, in arrivo il 17 Giugno a Zagarolo. In attesa del programma, che riserverà senza dubbi tante sorprese, perché non rispolverare un po’ insieme l’origine di questa sagra e la storia della cucina zagarolese?
Zagarolo, piccola comunità, dominata dallo strapotere della litigiosa famiglia Colonna, assisteva impotente ad eventi che ogni giorno cambiavano il corso della storia:agli intrighi di Ugo di Moncada, inviato da Carlo V, si aggiunsero i feroci lanzichenecchi assoldati da Giorgio von Frundsberg, che cominciarono le loro scorribande (prima del celebre sacco di Roma) non lasciando agli abitanti altra soluzione che la fuga campagna circostante .
Pur tuttavia, un giorno accadde che un lanzichenecco ferito si avvicinò ad una capanna nei pressi di Zagarolo, seguito dal suo cavallo che sanguinava da più parti e camminava con tre zampe. Nella capanna si erano rifugiati due contadini che vedendo avvicinarsi questo armigero barbuto lo accolsero nel loro rifugio e si prodigarono per curarlo; il soldato si preoccupò di fargli capire che aveva fame, ma i due poveri signori non disponevano di null’altro che verdura da poter offrire allo straniero, che di tutta risposta, come in preda a un raptus di follia, cominciò a urlare una parola incomprensibile: “drossel”.
Provvidenzialmente il malconcio cavallo che lo seguiva morì proprio nei pressi della capanna, per l’abbondante perdita di sangue e all’anziana contadina balenò un’idea geniale: prese il povero cavallo, lo scuoiò e ridusse le sue saporite carni in fettine sottili, facendone degli involtini che mise ad arrostire, usando la punta della lancia dello sfortunato armigerato, come uno spiedo.
Dopo opportuna cottura li offrirono all’inquieto soldato nella speranza di calmare la sua insaziabile fame. Ma quando sembrava che il problema fosse risolto l’irrequieto soldato ricominciò a sbraitare e fece capire che la carne non aveva sapore. La vecchietta cominciò a cercare dai vicini qualche condimento in cambio di un po’ di carne e riuscì a rimediare un po’ di lardo e varie spezie con i quali condì nuovi involtini. Quando offrì questo “cibo miracoloso” al soldato questi ne mangiò avidamente bevendo un po’ di vino e mostrò di essere soddisfatto. Il soldato si ubriacò e cominciò a cantare la parola “drossel” fino a quando l’insaziabile lanzichenecco si addormentò. Il mattino dopo la vecchietta andò a controllare la salute dell’arrogante ospite, ma dovette constatare con stupore che il soldato “matto”, come ormai tutti lo chiamavano, era scomparso. In verità non se ne dispiacque molto, era finalmente finito l’incubo, ma memore della ricetta miracolosa che aveva calmato le furie dell’armigero, si diede a confezionare molti involtini di carne. Invitò tutti i vicini e con essi festeggio la fine del doloroso evento bellico mangiando il manicaretto con gusto e appetito.
Terminate le infauste giornate dei combattimenti,la popolazione costretta ad evacuare l’abitato rientrò nelle abitazioni abbandonate. Rientrarono anche i vecchietti protagonisti della vicenda del lanzichenecco e raccontarono il tragicomico episodio del quale erano stati protagonisti, insegnando a tutti la ricetta miracolosa che aveva calmato l’inquieto soldato, ormai ricordato come soldato “matto” che tra i fumi del vino cantava un motivo ripetendo continuamente la parola “drossel”. E’ ovvio che non ci volle molto per sapere il significato di questa enigmatica parola che in lingua tedesca significa “tordo”. Pertanto l’originale ricetta prese il nome di tordo del matto, semplificato in seguito “tordo matto”.