L’anno che vede, a gennaio, l’ inasprirsi della guerra sottomarina, e a febbraio, l’incrudelirsi della repressione governativa, in Italia, contro i casi di diserzione dal fronte; a marzo, in Russia, lo scoppio della rivoluzione democratica contro lo zarismo, e, ad aprile, l’ intervento nel conflitto degli USA. Stiamo parlando, chiaramente, del 1917, cento anni fa: anno che Angelo D’ Orsi, docente ordinario di Storia del pensiero politico all’ Universita di Torino, ha ricostruito mese per mese nel saggio “L’anno della rivoluzione” (Laterza, 2017, €. 18,00). Senz’altro uno degli anni-chiave della storia, come il 1848 o il 1956: in cui si son gettate le basi di futuri progressi dell’ umanità (vedi, ad esempio, la Costituzione messicana, una delle prime a riconoscere in pieno i diritti dei lavoratori e – a parte i tratti eccessivamente laicisti e anticlericali, alla Ataturk, che scateneranno, negli anni ’20, la giusta rivolta dei “Cristeros” cattolici – i caratteri essenziali d’uno Stato laico moderno). Ma anche le premesse di rovinosi grovigli, che tuttora fan sentire i loro effetti: come per il “golpe” bolscevico di novembre, che apre la strada non solo, in Russia, alla lunga notte dell’oscurantismo comunista, ma anche, in tutta la sinistra occidentale, a quell’egemonia del messaggio comunista che produrrà, per decenni, disastri enormi. E, in Medio Oriente, per quella “Dichiarazione Balfour” del 2 novembre con cui l’Inghilterra, se da un lato, riconosce giustamente le aspirazioni ebraiche a ricreare un “focolare nazionale” in Palestina, ufficialmente senza pregiudicare i diritti delle comunità arabe, dall’altro prepara la strada al futuro conflitto mediorientale: dato il contrasto tra la dichiarazione e le precedenti promesse fatte agli arabi, e l’ulteriore contrasto di ambedue gli impegni col piano di futura spartizione del Medio Oriente con la Francia fatto, segretamente, con gli accordi Sykes-Picot del 1916.
Il 1917 è l’anno che vede, in Italia, il disastro di Caporetto ( fine ottobre) e la rivolta popolare di Torino, nata soprattutto dal peggioramento delle condizioni di vita, in estate (contemporanea, piu’ o meno, alla prima, fallita insurrezione bolscevica di luglio a Pietrogrado). E nel mondo, oltre alla rivoluzione russa, l’entrata in guerra degli USA: determinante per la futura vittoria alleata e, a lungo termine, per la nascita dell’egemonia planetaria statunitense e l’ avvio di quella globalizzazione economica che rappresenterà, per vari aspetti, l’attuazione, in peggio, delle previsioni di Marx nel “Manifesto” del 1848. In agosto, Papa Benedetto XV invia ai “capi dei popoli belligeranti” quella celebre “Nota” in cui definisce, senza mezzi termini, il conflitto in corso un’ “inutile strage”: inaugurando quella linea vaticana di costante opposizione – almeno in temini di principio – alla guerra andante oltre le teorizzazioni di San Tommaso d’Aquino sul “bellum iustum”, e che in seguito riprenderanno Pontefici come Pio XII ( pur con le note esitazioni), Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Francesco I.
Dettagliatissima , la ricostruzione dell’ Autore: suo obbietivo limite, diremmo, una certa visione sempre gramsciana, che lo porta, ad esempio, a sottovalutare gli eccessi di laicismo, ultramassonico, della Costituzione messicana ( che proibiva qualsiasi cerimonia religiosa fuori degli edifici di culto, e addirittura negava totalmente alla Chiesa e a tutte le agenzie religiose il diritto d’ organizzare o gestire scuole d’istruzione primaria). E a liquidare sbrigativamente le apparizioni mariane di Fatima ( 13 maggio-13 ottobre 1917) come mero frutto di suggestione, ignoranza popolare e intrighi orditi dal Vaticano in chiave antimassonica ( specie contro il Governo del Portogallo ) e antimoderna.
Fabrizio Federici