Fra le suggestioni narrative che hanno avuto maggiore successo nel corso dei decenni, senza dubbio quella dei futuri possibili è una delle più ricorrenti ed esplorate. Essendo l’arte un’eco della natura e dei pensieri umani, è quasi scontato che i quesiti a cui l’uomo cerca da sempre di dare una risposta, ovvero quelli riguardanti il suo futuro e quello della società in cui vive, abbiano prodotto una così vasta letteratura. È altrettanto ovvio che di solito gli scenari descritti da libri e film in tal senso dipingano mondi in declino, distopie che vedono elevati all’ennesima potenza i problemi del tempo contemporaneo. Da 1984 a Blade Runner, dai libri di Asimov fino a giungere a Black Mirror, noi abbiamo visto le nostre paure più profonde prendere vita, mostrandoci ciò che potrebbe regalarci il nostro futuro.
Da qualche anno, uno dei temi più vividi che si è andato a coniugare con le ipotesi futuristiche è quello di una tecnologia che sta diventando pian piano sempre più invasiva, sempre più parte della vita quotidiana di tutti noi. Ed è proprio partendo da questo assunto, che il collettivo artistico Dustyeye ha dato vita al progetto denominato “Il migliore dei futuri possibili”.
“Niente preamboli, abbiamo viaggiato nel tempo” si legge sul sito del collettivo, “ abbiamo valicato i confini del Domani”. In questo modo ci viene presentato il loro nuovo lavoro, che ha residenza nei luoghi simbolo della capitale.
Piazza Navona, Villa Ada, il Pigneto, sono solamente alcune delle location dalle quali i membri del collettivo, anonimi indossatori di maschere della commedia dell’arte, ci mostrano sprazzi di un futuro per niente incoraggianti. Un tempo lontano di cui veniamo messi al corrente tramite alcune targhe commemorative che aprono uno squarcio sul nostro mondo di domani. Queste targhe, affisse in luoghi reali del nostro presente, della nostra quotidianità, ci raccontano eventi che accadranno fra 80, 100, 300 anni, in una Roma che si è dovuta adattare ai nuovi standard sociali e tecnologici. “In questo luogo furono brutalmente giustiziati ventidue giovani rei di non possedere un profilo social, puniti come apolidi digitali. 30 maggio 2095” si legge su una. E ancora “Qui si tolse la vita N° 44 V864.962, primo androide emotivamente avanzato. 3 febbraio 2379”. Le strade della Capitale diventano così teatro di eventi storici figli del nostro tempo. Questi due esempi rendono bene l’idea di quale sia l’obiettivo di questo progetto, una sensibilizzazione a non lasciarsi trascinare dalla cultura dei selfie, a non vivere ogni momento della propria vita in funzione di una condivisione sui social, un
invito a non mettere da parte la nostra umanità, subordinandola ad una tecnologia sempre più presente. Con questi sguardi sul futuro, Dustyeye ci chiede di utilizzare responsabilmente ciò che il progresso tecnologico ci ha messo a disposizione, a non abusarne, ci si mette di fronte ad un futuro che dipende solamente da noi, in quanto società e comunità.
Un progetto di ampio respiro, che dopo Roma è approdato a Padova e giungerà presto anche in Sicilia. Questo team di fotografi ha fatto della provocazione il proprio punto di forza, e con questo nuovo progetto conferma i punti focali delle precedenti installazioni, opere disturbanti e fuori dalle regole, che tendono a porre l’uomo in comunione con il mondo e l’universo in cui occupa un microscopico, trascurabile spazio.
Roma, crocevia di epoche e secoli diversi fra loro, città eterna testimone di alcuni degli eventi più significativi della nostra storia. Luogo in cui passato e presente si incrociano, di cui ne segnano indelebilmente l’anima e nel quale, grazie a Dustyeye, ad oggi anche il futuro (“Il migliore dei futuri possibili”, dicevamo, giusto?) ha un suo posto d’onore.
Andrea Ardone