Per fare certe cose ci vuole coraggio. Va bene la crisi, il successo, parlare delle proprie aspettative; vanno bene anche i manuali di cucina e i romanzi d’amore. Ma un libro sulla delusione no, non te l’aspetti. Per una sorta di contrappasso dantesco, la nostra epoca, che è la più colpita, evita spesso di affrontare il tema della delusione. Accade talvolta, che la forsennata “corsa all’oro” che sostiene fin dagli albori ognuno di noi alla ricerca inesausta della felicità, della donna perfetta, del lavoro ideale, della casa dei sogni, sotto il falso mito del “yes, you can”, non arrivi al traguardo che ci saremmo aspettati. Succede che sulla linea d’arrivo, invece che mani ad applaudire la nostra performance, ci sia l’Innominabile, terribile, Delusione.
A spingere Eugenio Murrali e Pascale Chapaux-Morelli, l’uno giornalista, l’altra docente di psicologia sociale all’Università di Paris VIII, a scrivere un libro a quattro mani, è stata la medesima feroce esigenza:“Vincere le delusioni” e fornire “contromosse per superarle e non farsi avvelenare la vita”(Feltrinelli, 2017).
Il contrario della delusione deve essere stato, per i due autori, trovare ieri, alla presentazione del loro lavoro, la sala della Feltrinelli di Viale Libia gremita di persone: curiosi, amici, ma anche volti noti dello spettacolo a partire da Dacia Maraini, Aldo Cazzullo e Concetta Mattei come moderatrice; senza dimenticare le letture di Paolo Bonacelli, Piera degli Espositi e Ottavia Orticello. Tutti insieme per discutere di un sentimento spesso in agguato e che da’ filo da torcere alle persone sensibili, in preda ad aspettative troppo grandi. Ma quello di Murrali e della Morelli, lungi dall’essere un manuale teorico, si presenta come un libro – scrive la Maraini – “che sa raccontare la delusione e la trasforma in opportunità”.
Un sentimento del genere – secondo la scrittrice – deriva da una consapevolezza tutta culturale ed è bene che già da bambini si impari a tenervi testa (si pensi alle cose terribili che avvengono nelle favole dei Grimm). In quanto “frutto culturale“ non stupisce nemmeno che ci sia nel 2017 un rapporto di filiazione diretto tra delusione e web, che è sì, una metropoli digitale straordinariamente affascinante e all’avanguardia, ma pure colma di pericoli, aspettative e menzogne maggiori rispetto alle reali.
Di fronte a un scenario così vasto, Vincere le delusioni si presenta come un libro pratico che fornisce consigli, avanza rimedi e scioglie nodi inestricabili. E fa questo servendosi dell’arma più potente fornita all’uomo: la narrazione. Spiega Murrali: « Abbiamo bisogno di rivedere il nostro linguaggio. Spesso la delusione deriva dal fatto che non sappiamo leggere quello che gli altri scrivono, non sappiano ascoltare quello che gli altri dicono e la poca inattenzione che diamo alle parole, si traduce nell’incapacità di saper esprimere noi stessi».
L’autore l’ha definita scherzando una specie di “terapia della narrazione”: narrare, raccontarsi, così da riscrivere la propria storia; e chi scrive deve sparire affinché il lettore diventi uno scrittore migliore di se stesso e impari, non a smettere di sognare ma a sognare meglio, che è tutt’altra cosa.
Tra le parole chiave, oltre a cultura, web e narrazione, anche “società”. Non è un caso che si intitoli “società della delusione” il brano letto da Paolo Bonacelli in sala: società che condanna la tristezza, pur essendo segnata da grandi delusioni e dove tutti i settori sembrano messi in discussione, tanto che a volte, non rimane altro che infierire a colpi di “te lo avevo detto “ sulle scelte altrui. Una società insomma segnata dal diktat dell’alta qualità, della felicità da raggiungere a ogni costo commisurando scrupolosamente spesa e guadagno.
Sugli stessi punti si è espresso pure il giornalista Cazzullo che ha evidenziato come tale sentimento sia andato camaleonticamente ridefinendosi nel corso dei secoli. La delusione di chi si è affidato negli anni 60’-70’ alla vita politica e ha pensato di poter essere felici insieme, ha lasciato posto negli anni 80’ alla convinzione di concorrere al successo ognuno per proprio conto; ed ora noi, uomini del benessere, catapultati nella crisi e a volte vittime inconsapevoli del nostro stesso narcisismo, viviamo nell’ennesima società della frustrazione 3.0.
Il libro di Murrali e Chapeaux-Morelli propone dunque al lettore un confronto con diversi e numerosi tipi umani che è, al contempo, un viaggio interiore volto alla conoscenza e alla sublimazione di se stessi, che passa per la “buona solitudine” e la responsabilità. Il filosofo Plotino era solito dire ai suoi allievi di comportarsi come scultori di una statua che deve diventar bella. Come egli toglie, raschia, liscia, leva il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, così noi per scolpire la statua di noi stessi, dobbiamo partire dal blocco grezzo di delusioni e insicurezze. E “Vincere le delusioni” per molti si rivelerà lo scalpello adatto per iniziare a compiere l’impresa.