La passione per la musica non basta. Per meritarlo un articolo serve talento, umiltà, semplicità. Serve una storia. Quella di Luca con i Baffi è rimasta appesa tra le corde della chitarra acustica e da lì non sembra voler scendere. I brani autorali e il cospicuo numero di persone al seguito non possono tradire, è vero, la sua giovane età né tantomeno le difficoltà del mestiere. Ma fanno comunque di Luca il volto pulito di una generazione capace di raccontarsi e ascoltare. Una generazione naufraga nell’oceano del web, che oggi come non mai, ha nella musica il collante che la tiene unita.
Rompiamo il ghiaccio.Chi è Luca, baffi a parte?
Sai, forse non c’è grande differenza nel parlare di Luca coi Baffi e Luca Casentini. Luca è un ragazzo di provincia con una passione infinita per la musica fin da quando era bambino. Passione che da allora non è mai finita e non penso finirà mai.
A che età hai iniziato?
Già alle elementari. Mio padre ascoltava gli U2 e i Pink Floyd.
Musicista anche lui?
No, pittore.
Una famiglia di artisti insomma..
Si! In compenso però suonava la chitarra ed è stato lui ad insegnarmi i primi accordi. Dopo qualche lezione privata ho continuato da autodidatta. Ricordo che già in prima media suonavo con un mio amico che aveva ricevuto in regalo una batteria. Pomeriggi infiniti su quella mansarda!
La svolta?
Alle superiori. Lì ho incontrato quello che è il mio attuale gruppo di amici. Abbiamo cominciato a provare insieme. Ma all’inizio è stato tutto un gioco, un bel gioco.
E la tua “squadra” come la descriveresti?
Allora, inizierei dal fatto che tutti facciamo skate, che è la seconda cosa che ci unisce, oltre alla musica. Emanuele è il più giocoso, Leonardo il più contenuto; Samuele è un artista, dipinge: strano ma grande! Andrea studia fisica e questo basta per capire il tipo; scherzi a parte, è il più forte con lo skate. E poi c’è Giorgio che per via del lavoro è costretto a passare meno tempo con noi. Ci completiamo a vicenda. Se per uno è una “giornata no”, gli altri si danno da fare anche per lui. C’è un reciproco sostegno.
Alla fine di un suo film Verdone recita la frase “ne è valsa la pena, ne è valsa veramente la pena”. Ci sono stati momenti del passato, nei quali, a fronte di tante difficoltà, ti sei domandato se valesse davvero la pena di imboccare la strada della musica?
Per la musica ne vale sempre la pena. Ogni volta cerco di mettercela tutta e vedere persone che ai concerti cantano a squarcia gola e battono le mani, mi ripaga degli sforzi. Forse se stessero seduti e fermi non ne varrebbe poi così tanto la pena.
Mi hanno raccontato che durante i concerti passi il microfono ai tuoi amici o ti avvicini a loro: non permetti a nessun di essere un semplice spettatore! I tipi come te io li chiamo “trascinatori”…
Non hai tutti i torti (ride). Io a quelle persone che mi seguono, devo un grazie immenso perché nei concerti il calore umano è fondamentale.
Ho studiato i testi delle tue canzoni e ce n’è una che sembra racchiuderle tutte: Agrodolce.
Hai fatto centro. Pensa che anche l’altra sera un ragazzo al concerto mi si è avvicinato e mi ha detto: “sei un grande, agrodolce l’hai scritta per me”. Solo a parlarne mi viene la pelle d’oca.
Nei brani mescoli spesso allegria e solarità con una certa dose di malinconia. Ti senti un cantante agrodolce?
Si. La malinconia è un elemento che ritorna continuamente nei miei pezzi. Non solo in Agrodolce. Magari non ha avuto il successo di altri pezzi, forse non è stata compresa. Ma è la più sentita.
L’hai scritta in un momento particolare?
Si. È una delle prime canzoni che ho scritto dopo essermi lasciato con la mia ex. Beh, in realtà tutte vengono dopo quell’evento.
In effetti c’è sempre un “te” che aleggia nelle tue canzoni…
Si, e penso che continuerò ad inserirlo sempre.
Ma c’è anche un “Noi”, quello di 1 agosto quando dici “scappiamo dai nostri pensieri e dalle nostre battaglie”
I miei testi vogliono essere un dialogo o corali, come in questo caso. Primo agosto parla del mio gruppo di amici. Di un viaggio in Puglia. Siamo partiti proprio il 1 agosto senza grande organizzazione. Anche se, sotto quel noi talvolta si nasconde un richiamo implicito al “te” di prima…
A un te che non c’è?
Si, a un te che non c’è più.
Da Roma fino a Papparappa il mare, la sabbia, il viaggio sono il fulcro delle tue storie. Mi è venuto un atroce dubbio: l’estate è un momento di particolare ispirazione per te o si tratta di una scelta scenografica?
Vero, queste immagini ritornano spesso. Pensa che nell’ultima canzone Francamente dico “non so che fare, ti aspetto al mare”. È che mi fa impazzire e ogni volta mi regala un’emozione fortissima. Alcune canzoni le ho composte d’inverno pensando al mare. Comunque nei miei pezzi c’è anche “un po’ d’inverno”…
Dici di sentirti l’inverno dentro e canti l’estate, parli di una persona, ma questa è una grande assente. Sei un cantante del desiderio ma anche della mancanza!
Sono una via di mezzo, agrodolce.
Ma se io ti dicessi che “Roma è una centrale nucleare seduta sopra un comò”, tu che mi risponderesti?
Roma è la prima canzone che ho caricato su YouTube. L’ho scritta il 10 gennaio, dopo un litigio e l’ho registrata subito con l’iPad. Paragono Roma a una centrale che ha al suo interno scorie radioattive. E per scorie intendo persone che mi hanno ferito in passato. I segni di questi eventi ti rimangono accanto, come se stessero su di un comò.
Stemperiamo un po’. So che hai molti fan. Ma soprattutto molte fan….
(Ride visibilmente preoccupato)
Ma è vero che essere cantanti aiuta con le donne o è un falso mito da sfatare?
Sicuramente non rientro nella categoria degli str…zi*, passami il termine. Se sto con una ragazza, le do tutto. È vero, il numero delle ragazze può aumentare in determinate circostanze come la mia, ma solo il pensiero che un avvicinamento possa essere dovuto alla visibilità o alla popolarità, (che poi non mi sento nessuno), mi da fastidio.
Alcuni notano in te quel gusto retrò tipico dei cantanti Indie, altri ti vedono più vicino ai cantautori di una volta. Chi ha torto?
Io prendo spunto da tutti e da nessuno. Anche se devo ammettere che da quando sono piccolo ascolto i Nirvana, non posso dire che influiscano sul mio modo di fare musica. Sono affascinato dagli anni 60’: il vintage, la novità, la via di mezzo!
Proprio di vintage volevo arrivare a parlare, mi leggi nel pensiero. Papparappa è un bel viaggio a ritroso negli anni 60’. Tu che sei un appartenente alla generazione dell’HD, scatti istantanee musicali in bianco e nero. Che rapporto hai con il passato?
Tanta nostalgia anche se è qualcosa che non ho mai vissuto. Nella canzone infatti dico “ho così tanta nostalgia senza nemmeno un motivo”.
Pensi di essere nato nell’epoca sbagliata?
Sai, ogni tanto me la pongo questa domanda. Ma la mia è una nostalgia che viene dall’osservazione della realtà, della nostra società di oggi. Il video di Papparappa inizia con le foto dei miei due nonni. Rappresentano per me la purezza, la stabilità, merce rara oggigiorno. A pensare che loro sono stati 65 anni insieme e noi oggi non riusciamo a mantenere una relazione di due mesi. A parte tutto però, sono contento di essere qui. Magari se fossi nato trent’anni fa, oggi probabilmente non starei facendo quello che faccio. Doveva andare così.
Che fai prima dei concerti, sei scaramantico?
Prima, odio parlare anche se sono costretto (ride). Mi serve tranquillità, concentrazione. Dopo invece… ci possiamo pure ubriacà.
TU sei un tipo a cui le parole vanno tirate fuori quasi con la pinza. Eppure quando scrivi, racconti apertamente le tue esperienze…
E’ tosta scrivere in italiano ed esternare i propri sentimenti però aiuta molto.
Se potessi duettare con qualche mito della musica, chi sceglieresti?
Sincero? I miei amici. Continuerei a lavorare con loro. Non voglio essere qualcosa di diverso da quello che sono.
Alla fine di ogni intervista, mi piace chiedere a chi ho di fronte se ha qualcuno a cui vorrebbe rivolgere un ringraziamento. Tu ne hai?
Ringrazio il famoso “te”, la persona che sta dentro le mie canzoni. Se non ci fosse stata, non avrei scritto. E mi ritengo fortunato ad aver incontrato gli amici con cui sono oggi, perché se non ci fossero stati, io non sarei andato lontano. E ringrazio voi che nel bene e nel male, continuate a sopportarmi.
Valentina Pigliautile