Ad un anno dal terremoto dello scorso ottobre 2016, che scosse violentemente ampie aree del centro-sud Italia, la situazione non è in miglioramento, anche se – grazie alla tenacia di molti agricoltori che hanno avuto il coraggio di restare e non si sono arresi davanti alle molte difficoltà, è stato garantito il mantenimento delle tipicità.
Da fonte Coldiretti si registra un calo della produzione del latte del -20% a seguito chiusura delle stalle, stress e decessi, oltre a un crollo del -15% del grano raccolto per effetto congiunto delle condizioni climatiche e della diminuzione dei terreni seminati dopo le scosse, mentre il caldo e la siccità hanno portato alla riduzione del -20% della produzione della lenticchia di Castelluccio di Norcia che ha dovuto fare i conti con le bizzarrie del clima. Anche il ciauscolo, il caratteristico salame marchigiano spalmabile, ha subito un calo stimato di produzione nella misura del -15%, seguito il crollo dei laboratori di trasformazione.Stessa sorte è stata seguita dal pecorino dei monti Sibillini, per il quale le quantità sono ridotte del –10/15% seguito la diminuzione della produzione del latte determinata dallo stress subito dagli animali rimasti per troppo tempo all’aperto. E sempre secondo Coldiretti, la stessa sorte ha colpito le tipiche specialità locali quali: la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia Igp o la cicerchia.
«A sostenere la produzione è stata la solidarietà degli italiani con una richiesta senza precedenti dei prodotti tipici delle aree terremotate dopo il crollo del mercato locale a causa dello spopolamento. Il terremoto ha colpito un territorio a prevalente economia agricola con una significativa presenza di allevamenti che occorre sostenere concretamente per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento, conclude Coldiretti nel sottolineare la necessità che la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo».
di Daniela Paties Montagner