«Mai come in questi giorni si sente parlare in trasmissioni Rai televisive – vedi Petrolio – della Valle del Sacco, della Valle infernale per l’altissimo tasso di inquinamento atmosferico e per le alte concentrazioni di polveri sottili.
Alcune precisazioni sono doverose. Partiamo dal ricordare che in questa Valle non esiste ancora un adeguato piano di monitoraggio delle Pm 2,5 che, se adeguatamente studiate, risulterebbero come indicato dai dati ricavati da studi nazionali di settore 3- 4 volte superiori ai limiti prestabiliti dalle normative europee( 25 microgrammi per metro cubo). Come ormai risaputo dai dati di ricerche scientifiche dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale e come riferito- in tempi non sospetti- da noi della Rete La Fenice con Bonaviri le Pm 2,5 sono molto più dannose delle altre polveri sottili perché si infiltrano negli organismi animali ed umani essendo anche generate dalle sorgenti le più diversificate( scarichi industriali, combustioni , automobili, venti che generano il fenomeno della risospenzione e del risolleva mento delle polveri già depositate).
Sempre nella Valle maledetta esiste un serio ed elevato rischio sismico che, qualora avvenisse, si propagherebbe per tutto l’Appennino laziale e che unito al rischio della franosità sismo- indotta nei comuni dell’intera provincia ciociara ha procurato , solo nella zona frusinate, già oltre 3000 frane certe. A questi problemi si aggiunge quello del rischio radioattivo che in Italia ha due punti di massima emergenza: la Regione Lombardia e Lazio e proprio nel Lazio troviamo, in provincia frusinate, l’acme massimo di questa emergenza (dati Istat 2016). Vale la pena di ricordare che in tutta questa vallata preesistono materiali di origine vulcanica che nel tempo hanno prodotto il gas radioattivo Ra-222 che è alla base dell’altissimo rischio tumorale indotto dall’inquinamento atmosferico.
C’è poi il rischio idraulico che, a dire della Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale che si sono riunite a Sora nello scorso anno, rappresenta per le zone di Sora, Isola Liri, Frosinone e Ceccano una seria criticità dovuta alla mancanza di casse di espansione idraulica che in caso di forti temporali causerebbe ingenti rischi di esondazione e piene dei fiumi locali. Fino ad oggi ,non essendo stati portati avanti studi di dettaglio tecnico, non ci sono purtroppo dati precisi. Dunque manca la fase della prevenzione fondamentale per definire un progetto di innovazione. Va detto, infine, che il peggio arriverà il prossimo inverno, ormai alle porte, con picchi delle Pm10 che supereranno -nei mesi tra gennaio e febbraio- i limiti massimi legati alla circolazione dell’aria e dei venti che saranno presenti in tutti i giorni. Frosinone domina un avan-posto sul catino della Valle del Sacco con l’Autostrada del Sole che rappresenta la maggiore sorgente di inquinamento e di dissesto ambientale. Superfluo ricordare quanto, in questa totale indolenza delle istituzioni, sia fondamentale iniziare percorsi d’informazione alla cittadinanza per creare le condizioni di consapevolezza e autodifesa nel rispetto degli stessi cittadini.
Quanto detto va, tanto per ricordarlo, contro le direttive europee che sono alla base delle nuove azioni ambientalistiche di governo a partire dalla economia circolare e dal ciclo virtuoso. Al di là di tavoli ipotizzati dalla Regione, di 4 chiacchiere tra amici promosse con molto credo dai primi cittadini dei comuni interessati, di ipotesi di bonifiche, delle finzioni di accesi dibattiti tra consiglieri ed assessori regionali di maggioranza, ad oggi non si riscontrano avanzamenti alcuni sulle strategie ambientali che con poche mosse potrebbero migliorare la vita di migliaia di abitanti del luogo.
Non costerebbe nulla riprogettare i piani e il traffico locale come sensi unici, direzioni di viabilità nonché le barriere idonee alla non diffusione degli inquinanti con vegetazione cittadina, controllo degli scarichi dei veicoli, misure attinenti i riscaldamenti, gradiente termico verticale, corretta ed efficace gestione dei rifiuti, discariche, termovalorizzatori indicando le fonti primarie degli abusi ambientali ormai considerati Reati ambientali.
Non costerebbe nulla adoperarsi insieme per la nascita di una Rete per la segnalazione anonima che consenta di indicare appunto questi tipi di abusi anche in considerazione delle norme introdotte nell’ordinamento giuridico italiano, norme repressive necessarie a combattere i fenomeni criminosi legati allatutela del territorio tra cui alcuni provvedimenti prioritari quali la presenza nel codice penale di quattro nuovi reati: quello deldelitto ambientale e quelli dell’inquinamento, del traffico e dell’abbandono di materiale ad alta radioattività».
Giuseppina Bonaviri