di Alberto Zei
Una realtà illusoria – In vista delle prossime consultazioni elettorali, la previsione del Pil in quest’ anno, secondo quanto viene assicurato dalle fonti ufficiali, dovrebbe superare l’1%. Ma il punto non è tanto questo, quanto il fatto che l’Italia è il fanalino di coda dei Paesi dell’eurozona, dove la media di crescita si attesta intorno ai 2,2 punti percentuali. L’Italia infatti, è ben dietro a quei Paesi della Unione Europea che hanno dovuto affrontare al loro interno dei sacrifici molto più penalizzanti di quanto l’Italia abbia fatto.
Tuttavia, se questo è il periodo migliore della nostra crescita, a prescindere dai maggiori meriti degli altri membri della UE per come sono riusciti a superare le condizioni del nostro Paese, l’Italia avrebbe dovuto almeno avvalersi della condizione positiva in cui l’Europa si trova per migliorare i conti pubblici.
D’altra parte, l’Italia ha un debito pubblico che anziché diminuire, s’incrementa anno per anno, di alcune decine di miliardi; debito che nel 2017 ha raggiunto il rapporto debito/Pil del 132%; ma anche per quest’anno, non si prevede alcun miglioramento. Ciò avviene per una serie di motivi, ma anche per lo stillicidio di risorse economiche a carattere meramente politico, per accattivare la maggior parte possibile dell’opinione pubblica in vista delle elezioni, attraverso elargizioni, riconoscimenti economici, incentivi all’acquisto e così via dicendo, mentre il debito dell’Italia dopo quello della Grecia è il più alto della Unione Europea.
Diversa è l’opinione del Governo circa la ripresa attualmente in corso nel nostro Paese; ma quando anche da parte europea, per esortare l’Italia al maggiore contenimento delle spese, si auspica la necessità di ridurre la posizione debitoria in questo momento favorevole, la risposta non dovrebbe essere quella dello sdegno altezzoso per la indebita ingerenza europea. Ma cosa rispondere se dal 2014 all’ ottobre 2017 il debito pubblico italiano è cresciuto di 138 miliardi di euro?
L’ insofferenza sul controllo di bilancio di previsione
I problemi finanziari di un Paese della Comunità divengono immancabilmente problemi della Unione intera se questo Stato trascura ciò che dovrebbe invece, rappresentare per lo stesso: il dovere di porvi rimedio.
D’altra parte, finché ci avvaliamo della moneta comune, è inevitabile che gli Stati membri si preoccupino di fronte alla nostra posizione. Attualmente come mai prima, abbiamo tassi di interessi ridotti al minimo; il costo del petrolio fino al 2017 il più basso da alcuni decnni a questa parte; una espansione economica sostanzialmente prolungata da parte della Unione Europea che doveva essere una condizione particolarmente favorevole per un Paese come l’Italia che si dimostra tuttavia, di non essere pronto per fare altrettanto.
Non c’è bisogno di intervenire con rimedi draconiani. Basterebbe utilizzare l’attuale periodo di ripresa permigliorare la nostra posizione e abbassare soprattutto il debito dello Stato. Ciò nonostante, questa opportunità non viene utilizzata per ridurre l’ indebitamento; anzi, sta avvenendo il contrario. Il governo infatti, attinge continuamente dalle casse dello Stato, ovvero, dalle tasche dei contribuenti, ora per una ragione ritenuta giusta, ora per altre ancora più giuste, ora per motivazioni che non possono essere rifiutate; si tratta però di impegni erariali che non vanno verso la riduzione dell’indebitamento pubblico, ma a sostegno della tipica improduttività che accompagna il denaro, quando i beneficiari lo considerano trovato, anziché sudato.