È il cosiddetto partito dell’astensione, quello che vincerà le prossime elezioni il 4 marzo. Potrebbe trattarsi davvero del primo movimento italiano, con 15 milioni di militanti, in salita ormai da anni, sfiorando il 34 per cento. Secondo i sondaggi ha conquistato già un cittadino su tre nella prossima tornata elettorale e questi valori sono destinati ad aumentare ogni volta che un leader di uno o di un altro schieramento politico fa promesse insostenibili. Insomma, quest’anno più che mai, il partito del “non voto” è il vero nemico dei partiti in competizione, di quelli che nel corso dei decenni hanno perso di appeal con il loro moltiplicarsi di formazioni che non sono riuscite ad andare di pari passo con integrità e coerenza politica.
Inoltre, gli ultimi sondaggi hanno rilevato come negli anni passati il “non voto” coincideva con un voto di protesta per mandare un forte segnale ai politici; adesso, invece, questo si configura come inutile.
Piatto. Come il voto di chi è confuso, di chi non sa decidere perché nulla gli sembra meritevole di essere scelto tra le varie promesse e alleanze che mirano a garantire solo poltrone e stipendi d’oro. Il voto di astensione si è trasformato, quindi, nel voto dell’indifferenza, di chi non crede più a promesse e a programmi ‘triti e ritriti’ fatti da un marasma di coalizioni improvvisate e di populismi vari.
Questo dato, stando alle analisi degli esperti, ha connotazioni ben precise e si divide in tre gruppi: il primo è formato da circa il 15 per cento degli elettori ed è rappresentato dagli astensionisti consolidati, da coloro che non hanno interesse nella politica o ne sono disgustati; il secondo si compone, invece, dai disillusi del voto, un elettorato che non si astiene a tutte le elezioni, ma che compie una scelta ben precisa, scegliendo a quale tornata elettorale prendere parte. È composto da circa quattro milioni di persone e rappresenta anche la fascia di elettorato più ambita dai partiti perché può essere ancora riportata alle urne a differenza della precedente. L’ultimo gruppo è composto dagli astensionisti arrabbiati, delusi, disorientati, sfiduciati e amareggiati che forse un giorno potrebbero pensare di ritornare a votare, ma solo nel momento in cui avranno di fronte una proposta di valore capace di soddisfare le loro esigenze. Dalla ricerca condotta da Demopolis, però, risulta allarmante soprattutto il dato legato all’astensionismo per fasce d’età: la metà dei giovani tra i 18 e i 24 anni diserteranno le urne, perché non trovano nelle attuali coalizioni politiche dei punti di riferimento;
anche la fascia tra i 25 e i 45 anni presenta un alto tasso di assenteisti al voto perché risulta essere la più frustrata a causa della poca stabilità lavorativa ed economica. i giovani, quindi, sono quelli che, questa volta come non mai, preferiranno non fare la differenza alle urne; sono troppo indecisi e disillusi perché non trovano partiti e proposte credibili: secondo il rapporto dell’istituto toniolo, oltre il 40% dei giovani tra i 20 e i 34 anni è disaffezionato alla politica e non si sente rappresentato dagli attuali partiti. e chi è intenzionato a recarsi alle urne sembrerebbe più orientato al voto di protesta (il 30%guarda con interesse al M5S, il 20,4 alla lega).
Questa generazione, seppur con meno ideali, è più attenta ai temi legati alla giustizia sociale e al bene comune; nella loro vita, però, hanno sentito, e sentono ancora oggi, il peso della crisi, della globalizzazione e della precarietà a cui una nazione come l’italia non ha dato e continua a non dare strumenti e opportunità per trasformarli in forza vitale per il Paese, preferendo, invece, metterli al margine. i giovani, per questo, non vedono tra le forze scese in campo una proposta credibile, convincente e coinvolgente; e la loro reazione è quella di astenersi o, in casi minori, di votare per chi interpreta il disagio, rivolgendosi ai partiti tradizionali che finora si sono limitati a cercare soluzioni mirate a singole questioni, come il lavoro o la casa, senza cambiare il modello di sviluppo sociale e rimettere al centro le nuove generazioni.
Paolo Miki D’Agostini