L’incontro ‘’Jihadismo al Femminile in Occidente #ITALIA’’, svolto mercoledì 21 Marzo 2018 alle 16.30 presso la Sala Fondazione Primoli a Roma si inserisce in un ampio programma costruito dal Centro Studi Averroè, che ha preso il via già nel 2017. Programma che segue due linee di senso e di operatività che si intrecciano costantemente: capire cos’è il fondamentalismo di matrice jihadista/islamista della Fratellanza Musulmana e operare affinché le maglie di questo fenomeno non si allarghino ulteriormente. In questo contesto di non poco conto è la cosiddetta ‘’questione femminile’’, cioè che ruolo hanno avuto e continuano ad avere le donne nella formazione di ambienti jihadisti, di realtà totalmente radicalizzate.
Così, in una nota il Centro Studi Averroè delinea per sommi capi quello che sarà l’oggetto del prossimo incontro che si terrà a Roma “Jihadismo al Femminile in Occidente #ITALIA’’, in cui si confronteranno esperti, giornalisti ed analisti per andare a fondo sul ruolo delle donne nel fenomeo jihadista.
Al centro del dibattito in programma, dunque le vicende femminili all’interno della galassia jihadist su cui i media e la stampa sono mediamente poco informati; poco rilievo se non zero, infatti, è stato dato alle storie della cosiddetta ‘’brigata Al-Khansa’’, cioè quel gruppo scelto di donne nel territorio dello Stato Islamico destinato a controllare, con azioni che si possono definire di polizia religiosa, il rigido rispetto dei precetti fondamentalisti da parte delle donne che in quel territorio risiedevano. Oppure delle foreign-fighters partite dall’Europa per unirsi a mariti o compagni già nei teatri di jihad come, fra le moltissime altre, l’italiana Fatima Sergio, balzata alle cronache tempo fa. Il fenomeno jihadista è anche, quindi, e in parte non piccola appannaggio della componente femminile che vede le sue fila dividersi fra mogli di martiri e miliziani e vere e proprie teste pensanti che collaborano alla gestione della rete jihadista. Un ruolo che insieme ad esperti, giornalisti e analisti si indagherà a fondo, per capire quello che a buon diritto si può definire ancora un ‘lato oscuro’ del jihadismo, ovvero quello che giocano le donne.
Antonella Betti