Roma. E’ una donna diversa dalle altre. Forse è il sorriso che ostenta, puro e potente, anche quando l’attraversa una cascata di chiaroscuri; forse è il sole che stringe nella mano sinistra, o quel piede destro che tiene fermo il globo impedendogli di rotolare via. Bernini ha voluto scolpire la Verità pensando a una donna che per essere conquistata, prima, va liberata dal mistero che porta negli occhi. Nell’era dei social media, in cui la disintermediazione regna sovrana e le notizie hanno il respiro di un click, che volto ha invece la Verità? Ma soprattutto ne possiede ancora uno? Nonostante la Post-Truth sia il tarlo dei catastrofisti, c’è chi ritiene che alle domande sopra esposte si debba rispondere e si possa farlo in modo affermativo.
Docenti e studenti del corso di laurea in Scienze dell’Informazione, della Comunicazione e dell’Editoria di Tor Vergata la pensano proprio così: per questo motivo hanno deciso di porre al centro del XIV Seminario Annuale, giustizia e informazione che, con la verità, hanno a che fare ogni giorno. Presenti al primo incontro insigni rappresentanti di entrambi i “poteri”: Lirio Abbate, Vicedirettore de L’Espresso e Eugenio Albamonte, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, che sono stati supportati dagli interventi di Giuseppe Federico Mennella, professore di Deontologia della professione giornalistica e David Terracina, docente di Fondamenti di diritto pubblico dell’informazione.
“Compito del potere giudiziario è il controllo del principio di legalità. Al giornalismo spetta, invece, la vigilanza sul legislativo, esecutivo e giudiziario” ha spiegato Mennella; per il professore però, il quid che unisce informazione e giustizia, a disparità di funzioni, non è tanto il possesso della “verità” (dalle centomila sfumature definitorie), quanto la sua ricerca. Sia giornalisti che magistrati scavano a fondo e squarciano in modo chirurgico il Velo di Maya, in nome del dovere metodologico che li unisce ai loro destinatari: i cittadini, titolari tanto del diritto all’informazione quanto di quello al processo.
Abbate e il giornalismo d’inchiesta: istantanea della realtà, non sentenza!
Ha seguito negli ultimi 25 anni i più importanti casi di mafia e politica, passando dalla cronaca giudiziaria al giornalismo investigativo, fino al ruolo di Vicedirettore nel settimanale L’Espresso. Anche per questa sua decennale esperienza, Lirio Abbate ha avanzato una premessa fondamentale :“l’inchiesta giornalistica non è un atto giudiziario né una sentenza di condanna”. Mentre l’inchiesta giudiziaria ha a che fare con notizie di reato, la giornalistica racconta ai cittadini fatti che si caricano di una rilevanza politica e sociale, ma che non necessariamente hanno una traduzione immediata sul piano giuridico. Si tratta di documentare, descrivere una realtà che appare opaca. Quando dietro questa realtà nasce una grande storia, l’informazione diventa “potere” e riesce a illuminare gli angoli buoi da cui anche la magistratura rimane preclusa.
Il Vicedirettore de L’Espresso ha portato l’esempio dei Diari di Arafat, mole di documenti che sono stati suo oggetto di inchiesta ma che ha deciso di approfondire solo nei risvolti italiani, con una ricerca certosina delle fonti:«quando confermano al terzo incontro che si tratta della verità, le notizie verificate dalle fonti possono essere pubblicate». Senza dimenticare però, che a un articolo “forte”corrisponde una reazione uguale e contraria di potenziali attacchi.
Eugenio Albamonte: il braccio di ferro tra giustizia e politica
Per la quadratura del cerchio, Eugenio Albamonte, Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, ha tirato in ballo un “terzo attore”: i politici. «Anche la politica ha una sua posizione riguardo ai temi della giustizia e tenta di orientare l’opinione pubblica nella sua direzione» ha spiegato il magistrato. Basti pensare allo spazio che nel dibattito politico occupa il tema “giustizialismo-garantismo”: più che la tutela della legalità, si tratta di una scelta che ricade sugli interessi di parte e che diventa “lo strumento di autoassoluzione o contrasto” per la classe politica. Se in più si somma il tema della sicurezza e della legalità dell’amministrazione e dell’economia, al giornalismo restano non pochi nodi da sbrogliare. «Mentre giornalismo» dice Albamonte «può orientare l’opinione pubblica, alla giustizia non è concesso di esprimere posizioni riguardo alla corretta interpretazione di alcune vicende di rilevanza giuridica». Da qui il rischio della mediatizzazione dei processi: la sottovalutazione di dati tecnico-giuridici operata per rincorrere i particolari enfatici o emotivi, è causa di uno scollamento del meccanismo della giustizia reale da quella televisiva, che si concretizza al momento della sentenza in aula.
La Teoria dei due Soli
WikiLeaks e Panama Papers, passando per il ruolo dei media nell’influenza della “virgin mind” dei giudici popolari; e poi il rapporto magistrato-giornalista e il focus sulla fuga delle notizie: questi sono solo alcuni dei temi lanciati nel dibattito e che sono stati arricchiti dagli spunti comparativi del prof. Terracina che ha sottolineato differenze e ambiguità ravvisabili nei contesti anglosassone e statunitense.
Ultimi ma non meno importanti “i cavalli di battaglia” delle fake news e del clickbaiting: esiste un antidoto? La risposta di Albamonte è “sì”: solo l’immissione costante di notizie vere scongiura la deriva fake; e parere affermativo giunge anche da Lirio Abbate per il quale, il giornalismo di approfondimento rimane il marchio di qualità di chi voglia essere informato a 360 gradi.
Ma la vera sfida, per il giornalismo come per la giustizia è che anche i giovani dicano “sì: vale la pena combattere per la verità”. E questa risposta passa attraverso la corretta informazione, l’educazione civica, ma soprattutto attraverso la formazione, che è l’obiettivo che il Seminario Annuale rincorre a ogni sua edizione.
Come i “due Soli” che Dante descrive nel De Monarchia e che “soleva Roma aver (…)che l’una e l’altra strada facean vedere”, anche la Verità oggi ha bisogno più che mai di due soli che la illuminino: Giustizia e Informazione.
Valentina Pigliautile