Il nuovo spettacolo portato in scena dai The Burrow rispecchia appieno le cifre stilistiche che fino a questo momento hanno caratterizzato ogni loro lavoro. Agenzia Syrano è uno spettacolo dai toni grotteschi e surreali, che si rifà a tutte quelle commedie della tradizione anglosassone che tanto devono a dei mostri sacri come i Monty Python e i loro predecessori. I personaggi delineati da Laura Grimaldi e Andrea Papale, i due autori dello spettacolo, sono tante iperboli dell’uomo comune che finge di essere ciò che non è pur di piacere agli altri, esagerazioni impacciate delle maschere che tutti noi indossiamo quotidianamente.
Ed è così che Peter e Matthew, il capo e l’unico dipendente dell’agenzia Syrano, fanno ciò che il personaggio letterario da cui la loro società prende il nome faceva per Cristiano, “bello ma stupido”. Vendono discorsi per ogni occasione, matrimoni, primi appuntamenti, funerali, a chi non è capace di relazionarsi con altre persone, a quei “mentecatti” (parole di Peter, eh), che non sono in grado di trovare da soli le parole giuste. Gli affari non vanno benissimo, forse a causa del fatto che la maggior parte della merce che vendono è di seconda mano, già utilizzata in libri e film dal successo internazionale, e l’unico cliente che ancora si rivolge loro lo fa solo per la sua incapacità di confrontarsi ed imporsi con chi già più di una volta ha deluso le sue aspettative. A rompere la monotonia arriverà una nuova cliente, con il brutto vizio di non saper dire mai di no e di trovarsi suo malgrado impelagata in relazioni disastrose a cui non riesce a mettere fine.
La struttura dello spettacolo è sostanzialmente divisa in due parti, caratterizzate ognuna da una diversa tensione
comica e narrativa. Nella prima parte conosciamo inizialmente i due dell’agenzia, che in realtà si chiamano Pietro e Matteo ma cercano di fare presa sui clienti con altisonanti nomi inglesi che anche loro riescono a pronunciare a stento. Il primo è interpretato da Andrea Papale, qui nel doppio ruolo di autore ed attore, il quale, insieme a Luca Forte, nei panni di un dipendente frustrato e con il vizio di dire sempre la verità (che, in un lavoro come quello che svolgono loro, non è proprio un punto a favore) dà vita a una coppia comica che dimostra di aver già passato ampiamente la fase di rodaggio. I meccanismi visti sul palcoscenico del teatro Golden sono perfetti e ben oliati, e tutto, dai tempi comici ai movimenti, fino ad arrivare all’uso attivo che si fa della scenografia, contribuisce a tenere alta l’attenzione del pubblico, a coinvolgerlo nelle storie personali dei personaggi e nello sviluppo della trama. In questa parte dello spettacolo è messa in evidenza la venatura comico-grottesca della compagnia, che fa del gioco sul paradosso uno dei suoi punti forti. Peter che gioca a fare il detective di un film hard-boiled in bianco e nero, con tanto di tè mimetizzato da whisky sulla scrivania e cerotto inutile sul naso, Matthew che è costretto a indossare panni ridicoli di fronte ai clienti, che lo fanno sembrare un contabile di una bisca newyorkese, sono elementi che tendono a rovesciare stereotipi cinematografici appartenenti al genere “da duri” rendendoli, appunto, ridicoli. Ed è proprio sul rovesciamento che si gioca poi gran parte dell’evoluzione narrativa, la quale non ha mai un andamento lineare ma, anzi, tende a presentare in continuazione elementi nuovi capaci di stupire chi in quel momento sta assistendo alla commedia. Mano a mano che entrano in scena gli altri personaggi, ci
si trova di fronte a personalità stravaganti, nelle quali però, ci si potrebbe facilmente riconoscere. Fabrizio Mazzeo e Giorgia Ferrara interpretano i due soli clienti di questa assurda agenzia e, nella seconda parte dello spettacolo, assurgono al ruolo di co-protagonisti, insieme a quelli che già abbiamo conosciuto. I due attori si inseriscono perfettamente nelle dinamiche delineate in precedenza e contribuiscono ad alzare l’asticella ancora di più. Anche qui la comicità del paradossale fa la parte del leone e, nonostante il testo poggi su strutture ed idee già viste altrove (come può essere la connessione tramite auricolari fra due persone, suggeritore e ricevente, durante un appuntamento, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare) riesce a stupire e divertire come se fosse la prima volta. La tematica del rovesciamento torna in maniera prepotente anche qui, non solo in maniera metaforica ma reale, fisica, messa in atto tramite giochi di movimento e posizione che rendono tutto più dinamico. L’unica pecca che si può trovare, è che in alcuni momenti è sembrato che il tutto fosse un po’ troppo dilungato, quasi a preferire una battuta o una spiegazione alla fluidità dello spettacolo. Ma è davvero poca cosa in confronto a tutto ciò che vi è stato costruito attorno, dal testo di Grimaldi e Papale e dalla regia di Pino Quartullo, che ha dimostrato di sapersi trovare a suo agio con uno spettacolo dai toni a tratti deliranti, sfumandoli solo alla fine, quando il buffo lascia spazio, per un momento, a toni più seri e riflessivi.
Per concludere, questa nuova fatica dei The Burrow ha colpito nel segno, confermando quanto di bello questa compagnia ha fatto vedere sino ad ora negli altri lavori. Nota di merito per gli autori è stata quella di riuscire a costruire un testo complesso come Agenzia Syrano cucendo i personaggi addosso agli attori che avrebbero dovuto interpretarli, facendo risaltare i punti di forza di ognuno di loro.
Andrea Ardone