di Ingrid Ahrens
Con questo mio breve racconto vorrei portare a conoscenza dei lettori degli Enti preposti alla tutela degli animali, la condizione stressante di un animaletto ancorché si tratti di un povero pesce, esposto al pubblico in un acquario.
A fine maggio sono stata a Bolsena e ho visitato l’ “Acquario Didattico Provinciale” situato nella Rocca, visitato soprattutto da coloro che si recano nelle località del lago incerca di piacevoli novità.
Il mio racconto si vuol soffermare, su ciò che a molti sfugge, in quanto è facile travisare la vivacità e l’euforia di un animale, come quella di un pesce, contenuto in una vaschetta a parte vicino all’entrata. Come per un emblematico saluto al pubblico il pesce apparentemente allegro si sposta con continuità nell’acqua intorno ad una vetrata a colonna di forma cilindrica. Al suo interno, il pubblico poteva notare, questo pesce, neppure piccolo, estremamente vivace che girava all’ impazzata seguendo la rotondità del vetro. Forse proprio questa vivacità rendeva interessante l’osservazione e forse anche qualche pensiero di ignari visitatori, che ritenevano tutto sommato che un animaletto così attivo e così felice, si trovasse anche in un buono stato di salute, grazie ai responsabili dell’attività “didattica”.
Il pesce “imbottigliato” è così eccitato da girare all’ impazzata intorno al cilindro, tanto che non è stato possibile fermarlo neppure con una foto, per apprezzarne i contorni
Il fatto però va considerato nel suo vero aspetto . I gestori dell’acquario infatti, non dovrebbero ignorare le norme tecniche riguardanti la tutela degli animali che loro stessi adoprano a fine di lucro; l’acquario fa parte infatti, del museo a cui si accede mediante acquisto di biglietto. Tali norme, a fronte di riscontri scientifici, vietano l’uso di acquari con pareti curve o circolari come nel caso di specie quello di Bolsena, in quanto i pesci vengono indotti a disorientamento stressante dalla concavità delle pareti fino a l’estrema conseguenza di una lenta morte.
Trattamento non paritario
È vero che queste prescrizioni sono contenute nei regolamenti di alcune città del nostro Paese, come Roma ad esempio con il “Regolamento comunale sulla tutela degli animali” e pertanto non possono essere imposte altrove, anorma di legge.
Ma il fatto tecnico del disorientamento e della sofferenza che una parete curva comporta ai pesci in cattività, è una questione oggettiva, che dovrebbe essere estesa in tutto il territorio nazionale, ed in particolare nell’acquari pubblici, dove la visione del pesce quasi impazzito è offerta ai visitatori
Nell’ Acquario di Bolsena –
In sintesi ,il malcapitato pesce per il suo convulso movimento circolare ha richiamato l’attenzione dei bambini, propensi sempre imitare i grandi, anche nella loro crudeltà magari con qualcosa di simile, a casa propria .
Sembra pertanto più che evidente che l’attrazione dell’acquario si basa sulla crudeltà nei confronti di un animale in cattività irreversibile, fino alla perdita della cognizione nervosa e alla morte con sofferenza.
La definizione più pertinente di un acquario di tal genere non è quella di “acquario didattico” ma di pessimo esempio di diseducazione civica.
E’ probabile che la giustificazione per tale crudeltà possa essere quella del “Noi non sapevamo”. Ma se gli addetti al mantenimento degli animali a scopo pubblico e didattico, così come la dizione “Acquario Didattico Provinciale” precisa, non conoscono le sofferenze degli animali, e neppure le ragioni che vietano l’uso strumentale dei mezzi crudeli usati per il mantenimento della loro cattività, siamo arrivati al “Si salvi chi può!”