ROMA – Da oggi l’Unità, storico giornale fondato nel 1924 da Antonio Gramsci, non sarà più in edicola. Lo ha annunciato Nuova iniziativa editoriale SpA in liquidazione, società editrice del quotidiano già da tempo in crisi.
Gli azionisti non avendo trovato alcuna intesa alle molteplici ipotesi proposte hanno fatto pubblicare sul sito online del giornale la seguente comunicazione: « A seguito dell’assemblea dei soci tenutasi in data 29 luglio 2014 comunichiamo che l’Unità sospenderà le pubblicazioni a far data da oggi».
Il comitato di redazione che aveva lanciato i primi affondi già negli scorsi mesi, rivolgendosi direttamente al Partito democratico e al presidente del Consiglio, questa volta scrive in una lettera aperta: «Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta, ci sono riusciti: hanno ucciso l’Unità. I lavoratori sono rimasti soli a difendere una testata storica. Gli azionisti non hanno trovato l’intesa su diverse ipotesi che avrebbero comunque salvato il giornale. Un fatto di gravità inaudita, che mette a rischio un’ottantina di posti di lavoro in un momento di grave crisi dell’editoria. I lavoratori agiranno in tutte le sedi per difendere i propri diritti. Al tempo stesso, con la rabbia e il dolore che oggi sentiamo, diciamo che questa storia non finisce qui. Avevamo chiesto senso di responsabilità e trasparenza a tutti i soggetti, imprenditoriali e politici. Abbiamo ricevuto irresponsabilità e opacità. Questo lo grideremo con tutta la nostra forza. Oggi è un giorno di lutto per la democrazia, per la comunità dell’Unità, per i militanti delle feste e per i nostri lettori. Noi continueremo a combattere guardandoci anche dal fuoco amico».
Il Sindacato nazionale dei giornalisti assieme alle Associazioni regionali ha subito espresso solidarietà a tutti i lavoratori del giornale dichiarando:« La notizia che non avremmo voluto ricevere è purtroppo arrivata: l’Unità sospende le pubblicazioni e tutti i lavoratori – giornalisti, amministrativi e poligrafici – saranno posti in Cassa integrazione a zero ore. I collaboratori perderanno il lavoro. Una svolta drammatica, purtroppo temuta e quasi annunciata in questi mesi di continui rinvii e di rimpallo di responsabilità tra azienda e politica. Ora tutti gli sforzi debbono essere posti nello sforzo per tentare il ritorno in edicola e per salvaguardare i diritti dei lavoratori dipendenti, che da tre mesi non ricevono gli stipendi, e dei collaboratori».
Ernesto De Benedictis