E’ stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Anzio, nella notte di giovedì 5 luglio, El Ehsha Amhed El Sayed Amrò, il “capo” dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico di clandestini egiziani sul nostro territorio.
Si conclude così l’“Operazione Sbarco”, scrupolosamente portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Anzio, che aveva visto il via delle indagini il 4 ottobre 2010, quando a Foce Verde di Latina, approdò un barcone di immigrati clandestini egiziani.
Grazie alle indagini rapide, decisive e determinanti dei carabinieri guidati dal Maggiore Gaeta, i clandestini di nazionalità egiziana trovati ad Anzio, furono subito tutti identificati ed espulsi immediatamente.
“Dopo aver risolto il problema più rilevante- dichiara il Maggiore Gaeta- ci siamo domandati come fossero arrivati qui ad Anzio da Foce Verde e soprattutto chi fosse dietro alle quinte”.
Le indagini hanno così permesso di ricostruire le tappe del viaggio e portato ad una pronta identificazione e arresto di coloro che avevano fornito le basi logistiche: mezzi di trasporto e appartamenti per nascondersi nelle prime ore. Seguendo tale pista i carabinieri hanno identificato e arrestato cinque egiziani, stabilitisi da anni nel nostro territorio, con regolari contratti di lavoro.
“Abbiamo seguito le tracce- continua il Maggiore Gaeta- e compreso così che l‘uomo che stavamo cercando, era il responsabile anche di altri sbarchi avvenuti sulla costa calabrese, in un piccolo paese, Carioti: El Ehsha Amhed El Sayed Amrò.”
Amrò, era abile nel trovare luoghi dove si potesse sbarcare inosservati per questo sceglieva paesini della costa laziale e calabrese, privi di porti e scarsamente abitati. I clandestini venivano poi trasportati con gommoni o furgoni nei paesi limitrofi dove alcuni complici li nascondevano per qualche giorno e poi venivano dispersi in tutta Italia.
“Ottenuto così- prosegue il Maggiore Gaeta- due provvedimenti restrittivi per Amrò, entrambi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e consapevoli del suo rientro ad Anzio (dove aveva una sorta di “residenza affettiva”n.d.r.) abbiamo provveduto all’arresto. Siamo stati caparbi e con l’attesa del momento propizio abbiamo decapitato l’organizzazione”.
Di Vera Iafrate
Si conclude così l’“Operazione Sbarco”, scrupolosamente portata avanti dai carabinieri della Compagnia di Anzio, che aveva visto il via delle indagini il 4 ottobre 2010, quando a Foce Verde di Latina, approdò un barcone di immigrati clandestini egiziani.
Grazie alle indagini rapide, decisive e determinanti dei carabinieri guidati dal Maggiore Gaeta, i clandestini di nazionalità egiziana trovati ad Anzio, furono subito tutti identificati ed espulsi immediatamente.
“Dopo aver risolto il problema più rilevante- dichiara il Maggiore Gaeta- ci siamo domandati come fossero arrivati qui ad Anzio da Foce Verde e soprattutto chi fosse dietro alle quinte”.
Le indagini hanno così permesso di ricostruire le tappe del viaggio e portato ad una pronta identificazione e arresto di coloro che avevano fornito le basi logistiche: mezzi di trasporto e appartamenti per nascondersi nelle prime ore. Seguendo tale pista i carabinieri hanno identificato e arrestato cinque egiziani, stabilitisi da anni nel nostro territorio, con regolari contratti di lavoro.
“Abbiamo seguito le tracce- continua il Maggiore Gaeta- e compreso così che l‘uomo che stavamo cercando, era il responsabile anche di altri sbarchi avvenuti sulla costa calabrese, in un piccolo paese, Carioti: El Ehsha Amhed El Sayed Amrò.”
Amrò, era abile nel trovare luoghi dove si potesse sbarcare inosservati per questo sceglieva paesini della costa laziale e calabrese, privi di porti e scarsamente abitati. I clandestini venivano poi trasportati con gommoni o furgoni nei paesi limitrofi dove alcuni complici li nascondevano per qualche giorno e poi venivano dispersi in tutta Italia.
“Ottenuto così- prosegue il Maggiore Gaeta- due provvedimenti restrittivi per Amrò, entrambi per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e consapevoli del suo rientro ad Anzio (dove aveva una sorta di “residenza affettiva”n.d.r.) abbiamo provveduto all’arresto. Siamo stati caparbi e con l’attesa del momento propizio abbiamo decapitato l’organizzazione”.
Di Vera Iafrate