Roma. Le previsioni lo davano per certo: «pioverà». Eppure, a Viale di Porta Ardeatina 55, della pioggia non c’è traccia. Ciascuno dei novecento nomi incisi sul Muro della Legalità brilla. Malgrado il cielo plumbeo, malgrado il tempo trascorso. Si tratta di magistrati, rappresentanti delle istituzioni, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti e politici: tutti vittime innocenti della mafia, dal 1893 al 2014. Per chi oggi entra alla Casa del Jazz, il monumento è sosta obbligata. C’è chi si avvicina per scattare una foto e chi, aggrottando le sopracciglia, tenta di scovare nel mare di parole, quella più famigliare alla memoria.
Poi però di fronte alle 28 immagini stampate nel secondo pannello sulla sinistra, distende lo sguardo, come se scorgesse in quei volti, i segni di un antico incontro. Per quanti telegiornali, memoriali e manifestazioni sono passate le foto di queste donne e uomini sorridenti, intenti a scrivere o con un microfono in mano? Mauro de Mauro, Giovanni Spampinato, Giuseppe Impastato, Giuseppe Fava, Graziella de Palo, Ilaria Alpi e altri 22 come loro, erano conosciuti in vita per la dedizione con cui svolgevano il proprio mestiere di giornalisti anche quando essere giornalista voleva dire “instancabile ricerca della verità” e “contrasto alla criminalità”. Oggi che non ci sono più, la loro storia, che è parte di una sola storia più grande e senza tempo, serve a ricordare che la difesa del diritto di informazione non può e non deve essere pagata con il sangue.
Proprio qui, presso la Casa del Jazz, la ONLUS Ossigeno per l’Informazione in collaborazione con l’Agcom, ha promosso la celebrazione della Giornata Mondiale per la libertà di Stampa indetta dall’ONU con il patrocinio dell’UNESCO. “Una data che” – ha spiegato il segretario di Ossigeno per l’Informazione Giuseppe Mennella – “ha solo due eventi ufficiali: questo di Roma e un altro a Bruxelles”. Le tre parole che il segretario ha usato a riguardo – memoria, difesa della libertà di espressione e di stampa – ne fanno una celebrazione rivolta al futuro piuttosto che al passato; solo la conoscenza delle limitazioni che i giornalisti hanno subito prima e subiscono ora, può essere lo sprone per misure di intervento mirate, nei prossimi anni, a scongiurare il pericolo di una crisi della democrazia e del pluralismo.
Di questo avviso sono stati tutti gli interventi dei presenti. In primis quello del senatore Pietro Grasso, che ha espresso la speranza che “presto il Parlamento approvi una legge in grado di frenare quelle querele temerarie che troppo spesso bloccano l’attività dei giornalisti”. In Italia – secondo l’ex Presidente del Senato – ci sono troppi giornalisti che ancora combattono nel quotidiano tra “passione, dovere della professione e pretesa del silenzio”.
La sindaca Virginia Raggi, assente per impegni istituzionali, non ha rinunciato a inviare il suo messaggio per l’occasione. Non solo ha rivendicato il ruolo che l’informazione riveste come strumento fondamentale per la partecipazione pubblica, ma ha fatto notare come il Muro della Legalità alla Casa del Jazz sia il giusto punto di partenza per un processo di sensibilizzazione: “un bene confiscato alla criminalità organizzata può diventare il luogo simbolico in cui riunire i cittadini per trasmettere i valori della verità e della giustizia alle nuove generazioni”.
Linfa vitale per Paola Spadari, Presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, gioca invece la consapevolezza dei singoli: “tutti i cittadini devono essere coscienti che chi schiaffeggia un giornalista offende il loro diritto di essere informati”. Nonostante il Lazio sconti un triste primato con il 40% dei giornalisti minacciati, la Spadari ha ricordato che l’Ordine dei Giornalisti si è sempre costituito parte civile nei processi che hanno riguardato i giornalisti minacciati. Ma non nasconde che molto ancora c’è da fare soprattutto per quanto riguarda i provvedimenti in grado di mettere i giornalisti al riparo da querele temerarie, minacce e aggressioni.
Non sono mancate però le buone notizie: Antonio Nicita, Commissario dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, prendendo spunto dal messaggio di buon lavoro inviato a Ossigeno da Dunja Mijatovic, la Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, ha espresso la volontà di una futura istituzionalizzazione dell’attività di Ossigeno attraverso forme di ricerca e collaborazione internazionale.
Se infine, dalla Regione Lazio arriva la voce della consigliera Marta Bonafori, che ha parlato di una vera e propria battaglia – quella contro le minacce e le intimidazioni ai giornalisti – “che si può vincere solo mettendo insieme istituzioni, giornalisti, forze di Polizia e cittadinanza”, tuttavia, Alessia Marani, Vicepresidente dell’Associazione Stampa Romana, ha individuato nell’unità della categoria dei giornalisti, il primo collante per rispondere a un clima di ostilità evidente.
“Worldpress Freedom Day” è stato uno degli hashtag più digitati oggi. Ma la libertà di informazione merita di tornare tra le priorità delle istituzioni piuttosto che rimanere confinata solo tra la tendenze di twitter. Non è passata nemmeno una settimana dalla pubblicazione da parte di Ossigeno, del rapporto bimestrale febbraio-marzo 2018 che elenca 66 casi di attacchi verificati a giornalisti e altri operatori. E 128 sono le minacce ancora da approfondire ma che hanno avuto luogo nello stesso periodo.
“Le uccisioni brutali dei giornalisti investigativi Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak”- ha osservato il Commissario Dei diritti Umani nella lettera ad Ossigeno -“ci hanno ricordato i rischi che ancora oggi i giornalisti corrono in Europa. Le loro come altre uccisioni in passato sarebbero potute essere evitate attraverso un più tempestivo intervento delle autorità.”
Un primo passo è venuto dal Consiglio d’Europa che ha adottato all’unanimità due rapporti sulla libertà di stampa. In essi si richiedono misure per l’incolumità fisica e per la conduzione di indagini efficaci su tutti gli attacchi di cui i giornalisti sono vittime. Ma il nervo della questione rimangono le leggi: bisogna cambiare le leggi sulla diffamazione che prevedano la prigione o multe e evitare di punire quanto pubblicato se il giornalista dimostra di averne controllato con diligenza la veridicità.
“Senza norme che lo impediscono” – ha sottolineato il Vicedirettore de l’Espresso Lirio Abbate – “e senza la possibilità di sostenere spese legali, molti rischiano di andare incontro ad autocensura”. Ringraziando l’operato di Ossigeno e quello del suo Presidente Alberto Spampinato, Abbate ha affermato per concludere che “è sempre meglio però ricordarli da vivi, i giornalisti che subiscono minacce, ricordarli e stare accanto ad ognuno di loro, ai piccoli e ai grandi giornalisti, invece di piangerli quando sono morti”. Subito dopo è cominciato a piovere: chissà, forse anche quel cielo plumbeo gli avrà dato ragione.