Il danno psichico ed il danno da pregiudizio esistenziale devono essere risarciti, quali danni non patrimoniali (ex. art. 2059 c.c.), indipendentemente dal danno biologico in senso stretto. Pur essendo pacifico il risarcimento di tali categorie di danno, persiste ad oggi, nonostante la continua evoluzione giuridica-sociale del sistema risarcitorio italiano, una concezione esclusivamente “biologica” del danno alla persona, mentre ai fini di un completo ed esauriente accertamento del danno non patrimoniale è necessario considerare il pregiudizio del fare aredittuale del soggetto nella sua totalità, che ci può manifestare come uno sconvolgimento foriero di scelte di vita diverse, in altre parole, lo sconvolgimento dell’esistenza obiettivamente accertabile, in ragione dell’alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della vita comune di relazione, sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare, che, pur senza degenerare in patologie mediamente accertabili (danno biologico) si rifletta in un’alterazione della sua personalità tale da comportare o indurlo a scelte di vita diverse ad assumere, essenziale rilievo ai fini della configurabilità e ristorabilità di tale profilo del danno non patrimoniale. Il risarcimento del danno non patrimoniale deve tenere in considerazione la sofferenza non solo quando la stessa rimanga allo stadio interiore o intimo, ma anche allorquando si manifesta degenerando in danno biologico o in pregiudizio prospettante profili di tipo esistenziale. D’altronde indica che nel richiedere il risarcimento da sofferenza e da turbamento dello stato d’animo, oltre a quello biologico, di non tralasciare i profili psichici ricadenti pure sulla vita quotidiana. Il danno psichico (art. 1223 c.c.) richiede il risarcimento come: lesione d’integrità psichica e conseguenti mancate utilità non patrimoniali. La valutazione delle conseguenze psichiche ed esistenziali che l’illecito produce nelle vittime deve tener conto delle condizioni soggettive, individuali e familiari, in modo tale da garantire un risarcimento integrale e personalizzato e che tenga conto del rispetto della vittima e la solidarietà alla stessa (ex. art. 2 Costituzione). La personalità è un costrutto che si compie nel corso dello sviluppo individuale attraverso gli scambi con l’ambiente, è dinamica ed in continua costruzione. E’ un sistema complesso che si sviluppa e funziona tramite interazioni continue con l’ambiente secondo rapporti di influenza reciproca. Ogni individuo reagisce in maniera diversa ai vari eventi con i quali è costretto ad interagire, e gli eventuali traumi causati da eventi esterni non necessariamente configurano lo stesso livello di problematicità. Nella valutazione del danno alla persona gli illeciti ed i reati si configurano come eventi psicosociali stressanti che possono generare un trauma di natura psichica. Da un punto di vista della vita psichica, i traumi causano angoscia, paure immotivate e destabilizzanti, ripiegamento e chiusura emotiva, fino ad arrivare a vissuti di rovina e morte. Il danno psichico si differenzia dal danno fisico poiché non ha una manifestazione esteriore tangibile; infatti mentre la lesione fisica lascia un segno evidente, il trauma psichico è caratterizzato da manifestazioni che riguardano appunto la psiche e che spesso non hanno ripercussioni visibili sul corpo del soggetto. In modo estremamente schematico si può dire che il danno psichico si manifesta in un’alterazione dell’integrità psichica, ovvero una modificazione qualitativa e quantitativa delle componenti primarie psichiche, come le funzioni mentali primarie, l’affettività, i meccanismi difensivi, il tono dell’umore e le pulsioni. Il danno esistenziale nasce dalla lesione dei diritti costituzionalmente garantiti e si presenta come un’alterazione del modo di essere di una persona nei suoi aspetti sia individuali che sociali; sul piano individuale si presenta come una modificazione della personalità e dell’assetto psicologico nel suo adattamento, nei suoi stati emotivi, nella sua efficienza e nella sua autonomia, mentre sul piano sociale si presenta come un’alterazione del manifestarsi del proprio modo di essere nelle relazioni familiari-affettive e nelle attività realizzatrici (riposo, interpersonali-relazionali, di svago, sociali-culturali e di autorealizzazione). Si tratta, quindi, di una modificazione peggiorativa dell’equilibrio psicologico e dello stile di vita nell’ambito dei rapporti sociali, della famiglia e degli affetti in ottica relazionale-emotiva; ciò condiziona marcatamente la qualità della vita, la sua progettualità e le aspettative.
Il consulente tecnico è un ausiliario del giudice (CTU) o della parte (CTP) e collabora fornendo il proprio sapere specialistico. In ambito civile il consulente d’ufficio è chiamato ad esprimersi sul nesso causale, sulla sussistenza del danno e sulla sua quantificazione; in ambito penale può essere chiamato a valutare la sussistenza del danno quale elemento essenziale di un reato, oppure accessorio; meno frequentemente è interpellato in sede extragiudiziale ed anche in sede pre-processuale. Il consulente di parte può essere consultato per esprimere un parere sulla fattibilità, una consulenza professionale ed eventualmente redigere una relazione, inoltre assiste alle operazioni del CTU per chiarire ed esprimere, partecipa all’udienza ed alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il CTU per chiarire ed esprimere le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche. Gli ambiti applicativi in cui un CTU (psicologo o assistente sociale) può essere chiamato a valutare gli aspetti non patrimoniali del danno alla persona, sono esemplificativamente:
- il danno da lutto, il danno da nascita indesiderata, il danno da menomazione fisica, il danno alla sfera sessuale, il danno da menomazione della capacità visiva, il danno estetico, il danno da mobbing, il danno da stalking, il danno da colpa professionale, il danno da disinteresse genitoriale.
Il criterio di quantificazione e valutazione del danno non patrimoniale da pregiudizio esistenziale parte dalla suddivisione del danno in fasce di gravità. Sono state individuate cinque diverse fasce corrispondenti ad intervalli percentuali. Il criterio di attribuire un valore in punti percentuali ad una determinata configurazione del disagio esistenziale è in linea con l’obiettivo della personalizzazione del danno.
- Danno Lieve (6-15%): lieve alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno Moderato (16-30%): moderata alterazione dell’assetto psicologico, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno medio (31-50%): media alterazione dell’assetto psicologico delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno grave (51-75%): grave alterazione dell’assetto psicologico e della personalità, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici;
- Danno gravissimo (76-100%): gravissima alterazione dell’assetto psicologico e della personalità, delle relazioni familiari-affettive e delle attività realizzatrici.
La quantificazione dei pregiudizi esistenziali deve essere intesa come un numero espressivo di un valore per comprendere il livello di gravità del danno, ma questa valutazione non può sostituirsi all’approccio descrittivo. Affianco alla quantificazione è necessario utilizzare un approccio narrativo che permette di coniugare gli aspetti oggettivi e quelli soggettivi della vicenda. In conclusione, il criterio per valutare il livello di gravità dei pregiudizi esistenziali non può essere perfettamente standardizzato bensì può essere solo di natura descrittiva e su scala ordinale, prendendo in considerazione l’evento traumatico, le informazioni cliniche, anamnestiche, documentali, verificando quali siano le funzioni mentali-relazionali divenute carenti, assenti, negative a seguito del trauma.
Antonella Betti, Roma