Un’intera parete fa da tela. Lampeggia in fondo a via Quaglia, tra il grigiore delle case popolari del comprensorio R8, il rosso vivo della prima facciata. Alcuni incuriositi si fermano per scattare una foto, altri, i residenti di Tor Bella Monaca in primis, domandano soddisfatti come procedano i lavori. Mario Ceccetti, presidente dell’associazione El Chentro, risponde a tutti, affiancato da Stefano Antonelli, presidente di 999 Contemporany e curatore del progetto. Il progetto per dare colore alla periferia dal titolo Moltitudini, si inserisce nell’ambito del bando dell’Estate Romana, e prevede – tra gli altri – il coinvolgimento delle Università di Roma Tor Vergata e Roma Tre.
Il progetto – spiega Stefano Antonelli – si rifà al Tor Marancia Big City Life: lo scopo è dare il via, grazie all’arte, a un processo di musealizzazione di aree urbane. Secondo lui «la scelta dei luoghi non è causale: devono avere un assetto espositivo». Nel caso di Tor bella Monaca si tratta di sei facciate, una di fronte all’altra, che daranno al visitatore l’idea di essere immerso in una vera e propria mostra d’arte. Ma guai a chiamarla street art: sebbene Tor Bella Monaca sia uno dei quartieri in cui l’arte dei graffiti ha preso piede in anticipo, in questo caso è più corretto parlare di “muralismo”. Se i graffiti usano un linguaggio diverso, non sempre attinente con la sfera dell’estetica, “l’idea che in questo quartiere si vuole realizzare” – continua Stefano – “ha a che fare proprio con il recupero di una bellezza venuta meno all’inizio del 900’ con le avanguardie”. Ma Big city Life vuol dire anche gestione degli esiti e delle conseguenze: le opere affidate ai residenti costituiranno per loro un patrimonio artistico e una nuova economia. «Ho scelto Tor Bella Monaca» racconta Antonelli concludendo «perché ha la reputazione peggiore, viene paragonata persino a Scampia, ma sappiamo che non è così»
Diamond veniva da noi a fare i graffiti e lo stesso vale per Mosa» racconta Mario Cecchetti, imbianchino di professione e anima del Chentro sociale di Tor Bella Monaca. Qui da 26 anni, Mario si occupa di promuovere attività culturali coinvolgendo anche le scuole del circondario. Diamond e Mosa, che conosce fin da ragazzi, realizzeranno insieme a Solo tre delle sei facciate; poi sarà la volta di tre artisti internazionali. A Diamond è toccato l’onore di inaugurare la prima. Dopo pochi giorni di lavoro, il rosso fuoco della parete fa ormai da sfondo all’imponente profilo di donna tracciato in nero. In alto campeggia la scritta “Tor Bella Monaca”. «Come l’hanno presa i residenti? Bene, la nostra storia con il writing non inizia oggi. Già negli anni 80’ il nostro centro sociale, insieme a Flaminio e Montesacro, era conosciuto per cose di questo genere» dice Mario; il Chentro nel frattempo continua a lavorare su due binari diversi: oltre il Big city life, la realizzazione di altre opere da parte di artisti locali così da far convergere nello stesso contesto espressioni artistiche multiformi.
Ma il Chentro di Tor Bella Monaca sogna in grande, e non è da solo. L’assessore Alessandro Gisonda ha affermato che l’amministrazione sta seguendo con cura tutto l’iter affinché le varie attività artistiche ritornino utili in prospettiva di un ripensamento globale di Tor Bella Monaca: non più periferia del malaffare ma grande museo d’arte contemporanea a cielo aperto. Certo, tutt’altro che un gioco da ragazzi se si mette in conto che, oltre alla scarsità di fondi, si aggiunge la difficoltà del recupero di molte strutture dismesse o l’assenza di documenti per fabbricati abbandonati da anni. Nonostante sia a lavoro da un anno e gli ambiti di intervento restino molti, Gisonda si è mostrato fiducioso: «dobbiamo innescare un meccanismo di riscatto che parta dai cittadini. Gli interventi secondo il modello Alemanno sono irrealizzabili. Al contrario, un sistema leggero e graduale può incidere più efficacemente sulla vita di cittadini che soffrono per un territorio finito sotto i riflettori solo per la criminalità»
Non mancano, anche in questo caso, le polemiche. C’è chi si dice sicuro che in una zona come Tor Bella Monaca siano altre le priorità e che l’arte non risolverà mai i problemi. Eppure, camminando lungo la via si finisce per essere persuasi del contrario. Perché a via Quaglia, ora, non c’è più soltanto un’opera muraria: c’è l’impegno e la passione di Mario e Stefano, c’è il talento dei tanti street artists, c’è la presenza forte dell’amministrazione e c’è il sorriso e la speranza della comunità che vi risiede. A via Quaglia ci sono tutti gli ingredienti che servono per nuovo inizio.