C’è il nome di Mario, pensionato da due anni. Sotto di lui quello di Giulia, studentessa al primo anno di Lettere e in fondo Roberta, casalinga sì, ma non per scelta. Sulla lista dei presenti, decine di nominativi scorrono uno dopo l’altro, intervallati da rari spazi bianchi. Al Polo ex Fienile di Tor Bella Monaca, l’Associazione 21 Luglio ha dichiarato guerra proprio a quel bianco, al silenzio in cui si spengono denunce e richieste d’aiuto, al vuoto che divora le città quando la politica manca. Hanno promesso-i politici-che ripartiranno dalla periferia: nel frattempo la periferia è ripartita dalla politica. Per la prima edizione della scuola politica, l’Associazione ha scelto – non a caso – il nome di “Confini al Centro” e posto come condizione per l’accesso, un semplice requisito: l’utopia, la capacità di sentirsi combattenti di una grande resistenza e la voglia di rimanere follemente visionari. Ma in questa lunga avventura partita ad ottobre e che giungerà al termine a giugno 2019, l’Associazione non è sola. Con lei anche l’Università di Roma Tor Vergata: «Noi che siamo nel sesto municipio, quello “Delle Torri” non possiamo chiuderci dentro una torre d’avorio: c’è bisogno che l’università si apra profondamente» dice Pietro Vereni, professore di antropologia culturale di Uniroma 2 e una delle anime del progetto.
“La politica come impegno per l’umanità” è stato il tema del primo incontro. Ospiti d’eccezione il giornalista Christian Raimo e Luigi Manconi, sociologo di lunga fama: due intellettuali – ha detto Vereni – che hanno sempre vissuto come militanti, mettendo a disposizione il loro sapere come mezzo di condivisione e mai di distinzione. Oltre all’insegnamento, alla ricerca e al giornalismo Raimo è anche diventato da pochi mesi assessore al terzo municipio; Manconi invece è uno dei più grandi progressisti di sempre, senatore dei Verdi e poi del PD, eletto nel 2013 come presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.
Raimo alle origini dell’antipolitica: tra populismi e tabù della politica a scuola
Ha voluto cominciare da Ho 16 anni e sono fascista Raimo, perché nella sua indagine sui giovani di destra sono contenuti due quesiti fin troppo spesso (e volontariamente) ai margini del dibattito pubblico: come si fa politica a 16 anni? Ma soprattutto, come si farà tra 10? «Abbiamo imparato a fare politica sui banchi di scuola ma oggi questo è visto come un reato» ha spiegato il giornalista. Al gran disdegno per la cosa pubblica, oltre alla retorica dell’antipolitica che avanza, contribuiscono misure scolastiche che scoraggiano l’impegno politico: dal voto in condotta al limite delle 50 assenze, per non dimenticare le settimane dello studente. Con l’acume dello storico, Raimo descrive i caratteri genetici dell’antipolitica e analizza da vicino l’anatomia mutevole dei partiti contemporanei, affetti in alcuni casi da una forma di “feticismo del decisionismo”: Salvini, tanto per dirne uno, sembra risolvere questioni complesse in due minuti ma i suoi provvedimenti spesso si arenano nell’arco di due ore! E’ la rappresentazione camuffata da rappresentanza: per dirla in breve, populismo. Basta fornire la definizione di Ernesto Laclau per capire che “il tentativo di dividere il campo della politica in due poli mediante un significante vuoto” coincide con l’operazione renziana dei nuovi vs i vecchi da rottamare, con il topos onesti vs corrotti dei grillini, e oggi più che mai, con il salviniano “italiani vs stranieri”.
Luigi Manconi: il personale è politica. Il caso Cucchi.
Contro le due insidie del nostro tempo, antipolitica e impotenza -secondo Manconi – esiste una potente alternativa: individuare la politica dove è convinzione comune che non vi sia. Emblematico è il caso della famiglia Cucchi. Assimilata erroneamente alla figura classica di Antigone, eroina che rivendica la legge del cuore a scapito di quella della polis, la famiglia Cucchi è in realtà la personificazione del concetto opposto. Quella di Ilaria è stata per anni, richiesta intransigente di diritto e rivendicazione di giustizia per coloro che la giustizia ha dimenticato ed escluso dal sistema della cittadinanza. Perché se lo stato infrange il suo fondamento giuridico di garanzia di integrità fisica e psichica, allora viene meno il vincolo con i suoi cittadini e scompare ogni necessità di obbedienza. In una vicenda che – più della cronaca – rivendica il suo potenziale politico, anche i famigliari hanno operato come attori politici. Lo hanno fatto con le parole che hanno usato, con il ruolo che hanno assunto e con la sfera di sofferenza intima a cui hanno rinunciato. « Prima di trovare la morte al Pertini, Stefano ha attraversato 12 istituzioni dello Stato, è entrato nel campo visivo di 144 persone ma nessuno si è chinato verso di lui: è una lezione di dottrina dello stato e di ideologia delle istituzioni» ha spiegato il sociologo. Ilaria ha incontrato uomini delle istituzioni e lo stesso Capitano dell’Arma: sono state la sua capacità di mediare e l’intelligenza politica di mescolare le carte, a far breccia in quel corpo dello stato tanto solido e chiuso in sé stesso. La vicenda dei Cucchi conserverà uno spessore irriducibile perché irriducibile è la politica che si fonda sul corpo e sull’anima dei cittadini.
Il prossimo evento della scuola di politica si terrà il 13 Novembre. Per ora l’Associazione e tutti gli organizzatori possono assaporare il successo inatteso di una sala gremita a Tor Bella Monaca grazie alla politica. Aveva ragione Pavese: “La politica è l’arte del possibile. Tutta la vita è politica”.