Un messaggio di profonda umanità, e amore per l’ umanità, nonostante tutto. E, nello specifico, un messaggio di profondo amore per Napoli, per questa straordinaria città che davvero non finisce mai di stupire, commuovere, e far riflettere. Con quella sua multiforme cultura che definiremmo un mix di economia del vicolo e pensiero vichiano, arte di arrangiarsi e traduzione pratica della filosofia classica. Questo in due parole, è “Così parlò Bellavista”: adattamento teatrale dell’omonimo romanzo di Luciano De Crescenzo (1977) e film (diretto dallo stesso de Crescenzo nel 1984). Che è in scena, al “Quirino” di Roma, sino al 3 febbraio, per la regìa del carismatico Geppy Gleijeses: che nel film dell’ 84 interpretava Giorgio, promesso sposo e poi marito di Patrizia, figlia di Bellavista ( qui Elisabetta Mirra), e in questa pièce interpreta invece il ruolo principale, quello appunto del Prof. Bellavista, “alter ego”, in sostanza, di De Crescenzo ( che, infatti, lo interpretava nel film).
Lo spettacolo, prodotto da Alessandro Siani e Sonia Mormone (“Best Live”) e lo stesso Gleijeses (“Gitiesse Artisti Riuniti”), si avvale d’una grande scenografia, che ricrea perfettamente il palazzo di Via Foria , tipico esempio d’ architettura napoletana del ‘700, dove fu girato il film ( e richiama , al tempo stesso, quell’altro palazzo del centro storico partenopeo dove un grande Vittorio De Sica, ne “L’ oro di Napoli”, si disperava di non riuscire mai a vincere a carte il ragazzino prodigio…).
La trama, com’ è noto, ruota intorno alle vicende della famiglia Bellavista: il cui capo, il professore in pensione Gennaro, inganna il tempo divertendosi ad impartire lezioni di filosofia spicciola a uno sgangherato gruppo di amici. La sua vita tranquilla è interrotta dall’ arrivo in affitto, nello stesso stabile, del milanese Dottor Cazzaniga, nuovo direttore del Personale dell’ Alfasud (Gianluca Ferrato) :il quale, però, a una conoscenza piu’ approfondita si rivelerà persona molto piu’ umana , e assai meno lontana dalla mentalità meridionale, di quanto poteva sembrare inizialmente. E ‘ lui che, su richiesta di Bellavista, riesce a procurare, a Milano, un posto di lavoro a Giorgio (Gregorio Maria De Paola), fidanzato e poi marito di Patrizia, laureato in Architettura ma, come tanti giovani professionisti napoletani, cronicamente disoccupato. E reduce da una brutta esperienza di conduzione d’un negozio, lasciatogli da uno zio, posto proprio sul “confine” fra i “territori” di 2 clan camorristici, pronti a contendersi la pretesa di fargli pagare il “pizzo” (la scena del coraggioso confronto di Bellavista col “guappo” venuto ad incassare il pizzo, è tra le piu’ belle del film e dello spettacolo).
Ma tante altre sono le scene – non solo semplici sketch, diremmo, ma quasi lezioni di vita – che restano impresse; da quella iniziale di Cazzaniga imbottigliato nel traffico, chiuso nel taxi guidato da Vittorio Ciorcallo ( nel film dell’ 84, Tommaso Bianco) al celebre episodio del cavalluccio, con Salvatore Misticone nel ruolo che già fu, sullo schermo, del grande Riccardo Pazzaglia).
Denso il gruppo di attori napoletani;: dove spiccano, oltre a quelli già citati, Marisa Laurito ( la moglie di Bellavista), Nunzia Schiano (Rachelina) e Benedetto Casillo (Salvatore, il “vice sostituto portiere”, unico a interpretare lo stesso ruolo già ricoperto nel film). Unica nota negativa, l’accento romano – falsamente napoletano nonostante la buona volontà – di almeno 2 interpreti.
Lo spettacolo, debuttato il 26 settembre scorso a Napoli, al teatro “San Carlo” , per festeggiare i 90 anni di Luciano De Crescenzo, col patrocinio del Comune, tornerà probabilmente poi a Napoli, in altri teatri.Le scene sono di Roberto Crea, i costumi di Gabriella Campagna, le luci di Luigi Ascione, le musiche di Claudio Mattone.
Ubaldo Marangio