Era Febbraio anche quando i grillini misero piede per la prima volta in Parlamento. Al tempo delle politiche del 2013 i deputati 5 stelle avevano le idee chiare: uno valeva uno. Sempre. Promettevano – salendo sugli scanni di Montecitorio – di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e di mettere fine alle immunità dei parlamentari. Oggi è Febbraio, sono trascorsi sei anni esatti e i grillini rappresentano la maggioranza in Parlamento; dell’apriscatola e di gran parte dei valori urlati dalle barricate dell’opposizione non c’è traccia. E’ il caso di dire che a volte “chi di democrazia diretta e giustizialismo ferisce, di democrazia diretta e giustizialismo perisce”.
L’esito delle votazioni
Dopo l’annuncio dell’apertura di tradizionali liste civiche, il M5S torna ai vecchi e cari metodi della democrazia diretta. I 100 000 iscritti della Piattaforma Rousseau, sono stati chiamati a esprimersi in merito al processo a Salvini per il Caso Diciotti, in discussione al Senato per oggi. Dopo la chiusura delle urne alle 9:30, i risultati sono stati resi noti dal Blog delle Stelle alle 22.
Dei 52.417 votanti, 30.948 (59.05%) hanno votato contro l’autorizzazione a procedere, ritenendo che Salvini abbia agito nella tutela dell’interesse superiore delle stato. A favore dell’autorizzazione ha votato il rimanente 40.95% (30.948 voti).
Il Vicepremier Luigi Di Maio che sulla questione della votazione ha mantenuto un “profilo basso” sui social, senza alcun tipo di appello politico alla sua base, ha scelto Facebook per commentare i risultati:
“Far votare i cittadini fa parte del nostro DNA, lo abbiamo sempre fatto come accaduto per il contratto di Governo, per la scelta dei nostri parlamentari o per i programmi. L’altissimo numero di votanti dimostra anche questa volta che Rousseau funziona e si conferma il nostro strumento di partecipazione diretta”.
Votazione online: intoppi a 5 stelle
Consultazione decisa su due piedi, prevista il giorno prima della votazione in Senato e per giunta su un quesito mal formulato: le premesse per la tempesta perfetta che si è consumata sulla piattaforma Rousseau non mancavano di certo. A ironizzare, alla vigilia del voto, lo stesso Beppe Grillo con un tweet: “Se voti Si vuol dire No. Se voti No vuol dire Si. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!”.
Una serie infinita di intoppi ha reso complicata la votazione: il sovrappiù di accessi al sito che ha rallentato il caricamento della pagina iniziale e l’azione del black hat Hacker R0gue_0 che già altre volte ha violato la piattaforma pentastellata. Mentre l’inizio della votazione veniva slittato di un’ora con un quesito mutato in parte, R0gue_0, dal suo profilo twitter si è smarcato dalle accuse: “Forse non è chiaro, io non ho fatto nulla. Siete voi, loro sono solo #pisQAnon a ridaje ciurma ;-)”
Ancora una volta espressioni di critica e malcontento, più che dall’opposizione, sono venute dall’interno dello stesso M5S. La senatrice Fattori è entrata nel vivo della polemica:
“L’associazione Rousseau usufruisce di 90.000 euro di soldi ‘pubblici’, versati dai parlamentari dai loro stipendi, dal mese di Marzo 2018. Quindi ha ottenuto circa un milione di euro per implementare la piattaforma. Ad oggi non è dato di avere né una fattura o una ricevuta del versamento né un rendiconto puntuale di come sono stati impiegati questi soldi. Almeno dovrebbe funzionare come un orologio svizzero. Non riesco neanche a connettermi”.
E ha aggiunto nel post-scriptum: “P.s: tutti i mesi verso 300 euro e chiedo gentilmente, internamente, una fattura e il rendiconto. Mai ottenuto risposta. Quindi astenersi dal dire “i panni sporchi si lavano in casa” o “questi discorsi fateli internamente” perché non funziona”.
Dura lex sed lex
“Questa volta non è come le altre” ripetono i parlamentari pentastellati gravati da anni di battaglie contro le immunità. Respingono le accuse di discontinuità rispetto al passato perché – come si spiega sul Blog delle Stelle – l’art. 68 Cost., su insindacabilità e sull’inviolabilità che pone il deputato in una situazione di privilegio rispetto a ciascun cittadino, nella caso di specie non c’entra.
L’articolo da prendere in riferimento è il 96, secondo cui “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale”.
Ma anche qui non sono mancate le polemiche. Il sequestro dei migranti sulla Diciotti, nave della Guardia costiera Italiana, secondo alcuni non è inquadrabile all’interno di un atto collettivo del governo, nonostante l’autodenuncia di Di Maio e Toninelli: l’istruttoria è stata firmata dal ministro Salvini che a tutti gli effetti è il responsabile individualmente degli atti del suo dicastero (art.95 Cost.).
Requiem dell’onestà, onestà
Nonostante i risultati e la tenuta del governo (garantita per un soffio), il movimento esce dalla votazione con le ossa rotte. La sua è la dimostrazione di una leadership assente che gioca a scaricabarile di ogni responsabilità politica fra sé e la sua ristretta platea di seguaci, dimenticando di essere rappresentante degli interessi della Nazione.
E se Salvini continuerà indisturbato la propria campagna elettorale, con accenti – certo – meno vittimistici non dovendo più affrontare un processo, per i grillini la strada è in salita. Un universo valoriale da ricostruire in prospettiva istituzionale insieme e una proposta politica davvero alternativa rispetto alla Lega sono necessarie per evitare un suicidio elettorale alle Europee.
Perché se fino a ieri c’era chi pensava che il M5S fosse succube dell’alleato di governo, dopo l’esito della votazione online, c’è il rischio che molti a buon ragione comincino a crederlo sul serio.