Di notte la sala d’attesa del pronto soccorso degli ospedali romani viene utilizzata come dormitorio dai senza fissa dimora. Nonostante la stragrande maggioranza sia spesso ubriaca e drogata, nessuno fa nulla, nessuno vieta nulla. E chi arriva, in cerca di cure, spesso attende in piedi.
Al Policlinico Casilino, a tarda sera il popolo degli invisibili comincia ad affluire silenziosamente, prepara il giaciglio per la notte sulle sedie del pronto soccorso e usa i servizi igenici. Per carità, una visione molto caritatevole, ma credo che questa non sia la soluzione al problema. Purtroppo questa situazione perdura da tempo anche in altri ospedali come il San Camillo e il San Giovanni Addolorata.
Come se non bastasse, una donna senza fissa dimora ha in tasca un ordine del giudice per poter abitare in stazione. Sembra una barzelletta, ma è quello che accade a Trastevere dove una romana di 38 anni ha l’obbligo di dimora nell’atrio dello scalo ferroviario dalle 21 alle 7. In un esposto, le Ferrovie fanno presente che di notte sono aperti solo per lei, ma il tribunale ha emesso il provvedimento restrittivo per una serie di reati e di comportamenti fuorilegge.
«È paradossale che un giudice stabilisca l’obbligo di dimora nell’atrio di uno scalo ferroviario. Le stazioni non sono un dormitorio. Bisogna mettere subito in campo una task force che aiuti tutte quelle persone senza casa che oramai siamo abituati a vedere per terra in tutti gli angoli della città, tra l’indifferenza della gente» è quanto afferma, in una nota, Stefano Pedica della direzione del Pd Lazio. «Non si può lasciare solo al 118 il compito di dargli assistenza – prosegue la nota – il problema dei senza fissa dimora non si risolve facendoli dormire nella barella di un pronto soccorso per una notte o lasciando aperte le stazioni».
di Fabio Galli