Una lunga chiacchierata con il grande armonicista Blues, Fabio Treves, è quella che vi proponiamo di seguito.
Per raccontare gran parte della sua carriera e delle sue illustri collaborazioni, abbiamo lasciato spazio al ‘Puma’ – questo è il suo soprannome – che, in occasione dei festeggiamenti per i suoi 40 anni di carriera, si presenta e si introduce come solo lui sa fare.
A suon di Blues…
Mi chiamo Fabio Treves, sono un sagittario di 65 anni nato il 27 novembre, lo stesso giorno del mitico Jimi Hendrix…
Per molti sono il Puma di Lambrate perché tanto tempo fa un giornalista scrisse: «Tra poco a Milano arriverà il grande Bluesman inglese John Mayall, il Leone di Manchester, ma non dimentichiamoci che noi a Milano abbiamo Fabio Treves, il Puma di Lambrate!»
In effetti anch’io ho fatto la mia crociata personale per la diffusione capillare della cultura Blues in Italia, formando nel lontano 1974 la TREVES BLUES BAND ed iniziando il lungo, faticoso ed affascinante cammino sulla strada del BLUES!
In quegli anni non esistevano locali, giornali e negozi che presentassero qualcosa legata al Blues. Era il periodo d’oro del progressive rock italiano, del Jazz d’avanguardia e di rottura, dei canzonieri popolari che nascevano come funghi e del cantautorato politico… E quanti mi guardavano strabuzzando gli occhi! Cosa suoni? Blues!!! Blues??? Quando chiedevo di suonare in qualche festa popolare mi dicevano…tu suoni Jazz? NO!! SUONO BLUES!!!
Ma con la mia cocciutaggine, tanto lavoro, tanti concerti di sottoscrizione (una volta non si diceva no profit) e la lungimiranza tipica dei sognatori, eccomi qui a festeggiare i miei primi ’40 anni di Blues‘.
E’ un traguardo incredibile, bellissimo, ricco di grandi soddisfazioni e di ricordi dolcissimi: l’incontro e le foto scattate a Jimi Hendrix sotto il palco del Piper nel 1968, le partecipazioni ai più importanti Blues Festival internazionali, la frequentazione con il genio di Baltimora Frank Zappa (lui, il mitico Frank che mi chiama sul palco a Milano e Genova!!), le trasmissioni radiofoniche…sono davvero tantissimi i momenti belli che ricordo in questo primo bilancio della mia vita in BLUES!
Ma ciò che più mi esalta e mi gratifica è l’essere stato sempre coerente e fedele al BLUES, la musica origine, la musica da cui sono nati i più importanti generi musicali, Jazz, Bebop, Rock, R&B, Funky, Fusion…
Il Blues è uno stile di vita, uno stato mentale, è il sottofondo musicale della vita…di tutta la vita. E si suona Blues per la gente, non per se stessi… E poi non è vero che il Blues sia solo tristezza, sarebbe come dire che la vita esprime solo stati d’animo negativi…il Blues è anche gioia, passione, eros, amicizia, voglia di riscatto sociale, desiderio di pace, sogno, utopia, senso di libertà, voglia di non omologarsi….
Ed è per questo che amo il BLUES e so che chi lo ama sarà riamato dallo stesso Blues…
– Fabio Treves grande armonicista Blues, puoi vantare collaborazioni con i più grandi musicisti a livello internazionale. Quest’anno tagli il traguardo dei quaranta anni di carriera. Cosa rappresenta per te: è un arrivo o un nuovo punto di partenza?
Sicuramente è un traguardo incredibile e molto gratificante, una scommessa vinta con me stesso. Ed è la dimostrazione che, più forti delle mode, del business e dei luoghi comuni, sono (e sono stati per me) la passione e l’amore per questa musica che ha in sé messaggi e valori profondi.
– Come e quando è nata la scelta del Blues come forma di espressione? Quali sono stati gli stimoli che ti hanno portato a sviluppare questo grande amore per il Blues?
E perché proprio la scelta dell’armonica come strumento?
La scelta del Blues l’ho fatta a metà degli anni sessanta ascoltando, come molti altri giovani, i dischi di quegli artisti inglesi che stavano riscoprendo le ‘Radici del Blues nero’. Da lì sono partito anch’io per un viaggio a ritroso nel tempo, ho cominciato ad ascoltare il grandi cantori del Blues del passato e ho capito che quella era la musica che amavo…Una musica che parlava della vita, dei mille stati d’animo che animano la nostra esistenza… Non solo momenti tristi e di riflessione interiore, ma anche i chiaroscuri della passione!
Ho provato a suonare diversi strumenti, ma poi mi sono dedicato all’armonica, il più piccolo strumento esistente al mondo che però è lo strumento ‘principe’ del Blues!
– Come sono stati i tuoi inizi e com’era il panorama musicale di quegli anni? Quali erano i sogni, le speranza, le aspettative?
Gli inizi sono stati assai difficili, non esistevano riviste specializzate, erano pochi i negozi che avevano un vaso assortimento di armoniche a bocca, non esistevano radio che trasmettevano musica Blues, esisteva un solo canale RAI in bianco e nero… Insomma chi amava il blues era davvero un pioniere che doveva farsi mandare dall’estero dischi e pubblicazioni musicali…
Il mio sogno, partecipando ai primi contest studenteschi tra i vari licei di Milano negli anni sessanta, era quello di diventare un ‘vero’ musicista di blues, la speranza era quella di migliorarmi come armonicista, e l’aspettativa quella di fare una carriera abbastanza lunga. Mi sembra di essere stato accontentato dalla mia buona stella!
– Quanto hanno contato per la tua formazione e la tua crescita artistica le influenze musicali che arrivavano dal resto del mondo, dagli Stati Uniti in particolar modo?
Sono state molto molto determinanti per la mia formazione artistica. E in più con l’avvento della nuova tecnologia ho potuto colmare la mia ignoranza scoprendo, in ritardo di parecchi anni, filmati a me sconosciuti, biografie di musicisti sconosciuti e preziosi dischi mai arrivati nel nostro paese!
– Come racconteresti l’esperienza della Treves Blues Band? Com’è nata?
Qual è stato il rapporto con i vari membri che nel tempo si sono avvicendati?
La prima formazione della TBB era una pittoresca comune musicale, unita dalla passione per quel genere a cavallo tra Rock, Blues, R&B e nuove tendenze.
Nella band sono passati in 40 anni 124 musicisti! I rapporti spesso si incrinavano per il differente modo di intendere il BLUES: per suonarlo bisogna amarlo senza ma e se. Io sono orgoglioso di averlo fatto per quattro decadi! Comunque con alcuni dei musicisti passati mantengo ancora oggi buoni rapporti d’amicizia.
– L’elenco delle collaborazioni eccellenti nella tua carriera sarebbe troppo lungo da snocciolare. Sicuramente, però, non si può non citare quella con Frank Zappa: tu sei l’unico musicista italiano a poter vantare una collaborazione con lui.Come ricordi quei momenti? Cosa ha significato per te a livello artistico e a livello umano?
Ho collaborato con tanti artisti stranieri, di grande caratura artistica ed ancora prima umana… L’incontro con il GENIO di Baltimora è stato in assoluto uno dei momenti più intensi della mia lunga carriera. Ci vorrebbero tante pagine, forse un libro, per riuscire a raccontare cosa ho provato quando mi ha chiamato, per ben due volte, sul palco! I ricordi legati a quell’incontro sono tanti, ma davvero non riesco a condensare in poche parole il mio stato d’animo attuale nel ricordarli. Mi affido a queste foto scattate nel lontano 1988…
– È stato difficile imporsi con un genere come il Blues che, forse, in Italia era un po’ snobbato? Quali sono stati gli scogli più grandi da superare per ottenere la giusta considerazione, arrivata in seguito?
E’ stato difficilissimo…era il periodo in cui andavano di moda altri generi come il progressive Rock, il Jazz d’avanguardia, la canzone politica… Quando dicevo che facevo Blues molti strabuzzavano gli occhi, altri sorridevano e c’è stato anche qualcuno che l’ha messa sul socio-politico sostenendo che il Blues è nero e che i bianchi non POTEVANO SUONARLO… Arroganza mista a ignoranza pura, come poi hanno dimostrato i dischi di Muddy Waters realizzati con l’albino Johnny Winter, o la collaborazione di Memphis Slim con i Canned Heat, o tanti altri esempi!
Figurarsi poi un giovane milanese che decide di suonare il Blues…nel 1974!
Ancora mi viene la pelle d’oca a pensare a certi articoli davvero pesanti nei miei confronti. Per fortuna il tempo è galantuomo!!!!
– Il tuo motto è stato da sempre: ‘Il Blues alle masse’. Cosa intendevi con questo slogan?
Che bisogna suonare il BLUES dovunque e comunque…E che bisogna anteporre il pubblico a tutto il resto, mantenendo sempre alta la passione…
– Parallelamente alla tua carriera musicale hai coltivato anche una grande passione per la fotografia, tanto da insegnarla per oltre 35 anni. Come hanno convissuto queste due forme d’arte? Sono state o sono in qualche modo complementari?
Sono due passioni che hanno proceduto su binari paralleli, influenzandosi una con l’altra. Andavo ai concerti per fare foto ai grandi artisti e imparavo ogni volta qualcosa di nuovo dal punto di vista musicale ed anche umano…
Sono stato anche aiutato dal fatto che spesso conoscevo il repertorio che gli artisti eseguivano e potevo, meglio di altri, cogliere l’attimo giusto!
– Sei nato il 27 novembre, stesso giorno del grande Jimi Hendrix: è stato un segno del destino che anche tu intraprendessi la strada della musica?
Chissà, forse, non ci ho mai pensato… Di una cosa sono certo, è stato anche lui un grandissimo uomo di Blues… Sono felice di averlo conosciuto, di avergli stretto la mano ed anche di averlo fotografato!
– Qual è l’artista, se c’è, con cui vorresti collaborare?
Ce ne sono almeno un centinaio, ma credo che una bella suonatina con il BOSS (Bruce Springsteen n.d.r.) me la farei proprio volentieri…
– Secondo te com’è la situazione musicale in Italia oggi? Come vedi le nuove generazioni di musicisti? E per quanto riguarda il tuo tanto amato Blues, ha ottenuto il rispetto e l’attenzione che merita?
Per il Blues è un buon momento e c’è una gran bella situazione. Ci sono moltissime band interessanti in ogni regione del nostro paese, e questo è un bel segnale mandato a tutti quelli che per anni hanno snobbato questo genere musicale…
E siccome a me interessa soprattutto il giudizio della gente, credo che rispetto ed attenzione nei confronti della TBB sia alla base di questa mia longevità musicale…
– Nelle tue esibizioni all’estero, da italiano, ti sei sentito considerato con la giusta attenzione?
Certo, negli States ho partecipato e suonato in diverse rassegne di Blues, e ogni volta ho ricevuto i complimenti da quelli che il BLUES lo hanno vissuto sulla loro pelle per anni…
– Tra tutte le tue esperienze, c’è anche una parentesi politica. Come riassumeresti quell’esperienza?
No comment!
– Per festeggiare egregiamente i 40 anni di carriera ci sarà un tuo grande concerto il 29 novembre all’Auditorium di Milano, che già si preannuncia un successo e alla quale non mancheremo di sicuro. Come presenteresti questo evento? Quali sono state le motivazioni e gli stimoli che ti hanno ispirato questa serata?
Un Auditorium stupendo che è il tempio della musica classica per una sera si trasformerà in un grande luogo di BLUES!
E’ una serata che voglio dedicare e dedicarmi…Un bel momento da condividere con il mio grande e fedelissimo pubblico, un regalo che voglio fare a chi mi è stato vicino in tanti anni di fatica e di concerti…e il primo pensiero va a mia moglie Susanna, instancabile organizzatrice di grandi momenti di Blues, a Milano e non solo, e sempre al mio fianco.
L’appuntamento allora è per il 29 novembre all’Auditorium di Milano, dove Fabio Treves darà vita ad uno show, attesissimo da tutti i suoi fan e non solo, che ha tutte le carte in regola per essere un evento che sarà ricordato da tutti gli amanti del Blues e non solo.
E allora, come direbbe Fabio, il Blues alle masse e che Blues sia…
ALEX PIERRO