Carlo De Benedetti intende risanare l’azienda dopo la “gestione del tutto inefficace” dei figli, che “non sanno fare gli editori”. Lo dice in un’intervista al Corriere della Sera, spiegando che punta a un’operazione in due tempi, in cui “dopo il rilancio intendo regalare le azioni a una Fondazione”, e che il prezzo proposto di 0,25 euro valuta correttamente lo stato attuale del gruppo editoriale.
Alla Fondazione, di cui De Benedetti avrà la presidenza per due o tre anni, parteciperanno rappresentanti dei giornalisti, dirigenti del gruppo, personalità della cultura. “L’obiettivo è assicurare un futuro di indipendenza a un pezzo di storia italiana”.
Carlo de Benedetti ha presentato venerdì 11 ottobre alla Cir Spa, attraverso la sua controllata al 99% SpA Romed, un’offerta di acquisto cash del 29,9% delle azione Gedi Spa (Gruppo Espresso) al prezzo di chiusura di giovedì, e cioè euro 0,25 ad azione.
Nel tardo pomeriggio di domenica 13 ottobre è giunta in risposta una secca nota di Cir che rifiuta l’offerta “non sollecitata né concordata”. Cir ritiene “detta offerta manifestamente irricevibile in quanto del tutto inadeguata a riconoscere a Cir e a tutti gli azionisti il reale valore della partecipazione”.
Secondo l’84enne imprenditore, i figli sanno fare bene altri mestieri ma non quello dell’editore, perché non ne possiedono “la passione e non hanno neanche la competenza”.
Alla domanda se intende rilanciare il prezzo offerto, De Benedetti sottolinea che Gedi “gestita dai miei figli vale 25 centesimi per azione. La pago al prezzo cui hanno ridotto l’azienda. Perché dovrei pagarla di più?”.
Conclude rincarando la dose: “Lo so anche io che il prezzo è basso, segno che hanno fatto un bel disastro”.