Cosa accadrebbe se un giorno scoprissi che il mio vero cognome non è quello che ho sempre conosciuto? Se un giorno scoprissi che la mia famiglia mi ha sottratto alla mia madre naturale? In che modo la mia psiche reagirebbe a questo?
Queste sono le domande che Stefania Catallo, counsellor che svolge la sua attività nella periferia romana, si è posta dopo aver seguito una ragazza che aveva scoperto di essere stata adottata in modo illegale. Lo aveva saputo per via di un semplice intervento ambulatoriale; c’era bisogno di sangue e lei lo aveva chiesto a suo fratello, salvo poi accorgersi che i loro gruppi sanguigni erano totalmente diversi ed incompatibili. Un lungo calvario di dolore, lo scontro con la legge italiana che non permette di risalire ai genitori biologici, e poi per puro caso, la scoperta della madre naturale.
Ora, immaginiamo il risultato delle sparizioni di massa in Argentina. I fotogrammi dell’epoca ci mostrano giovani che contestano, cartelli di protesta, varie forme di dissidenza che si fanno strada contro la dittatura. Poi, per alcune famiglie, un vuoto generazionale. Questi stessi giovani che spariscono, assieme ai loro figli. Bambini molto piccoli o addirittura che devono ancora nascere.
Dopo 30 anni e grazie alla forza di donne e di uomini in cerca della verità e dei frutti della loro famiglia, qualcuno di questi ragazzi ritorna.
Stefania, cosa prova una persona quando scopre le vere origini?
«Posso solo immaginare la tensione emotiva di un incontro, ma mi chiedo anche cosa si possa fare per facilitarlo, perchè non è mica semplice scoprire di essere qualcun altro, scoprire che i propri genitori sono due persone che si sono prese cura di un bambino che non era il loro, rendendosi complici a volte per paura, di un reato ignobile, quasi di una distrazione di minore. Al di là della gioia per una famiglia finalmente ritrovata, c’è sicuramente anche il dolore per il distacco da un’altra famiglia che magari ha cresciuto con amore un figlio non suo. Ma resta inviolabile il diritto all’identità, a sapere chi siamo ed a scegliere cosa e chi vogliamo essere»
Come nasce “Interno argentino con tango”?
«L’idea della Rassegna Teatrale nasce dalla mia esperienza di ascolto che poi mi ha spinta a documentarmi e scoprire una pagina di Storia letta forse troppo in fretta. In Italia sono ancora poche le persone che conoscono la storia argentina degli ultimi 40 anni, e ne ho avuto prova facendo qualche domanda in giro. Allora, mi sono detta, perchè non metterla in scena utilizzando il Teatro come mezzo privilegiato? Il Teatro suscita emozioni ed arriva subito al cuore, quindi ben venga la diffusione della conoscenza attraverso di esso»
Le istituzioni collaborano al progetto?
«Abbiamo coinvolto nel progetto la sezione Diritti Umani dell’Ambasciata argentina, con la quale collaboriamo da tempo in progetti di recupero della memoria storica, le istituzioni capitoline, e soprattutto, cosa davvero importante, tante persone che come noi si battono per i diritti umani e per la loro piena applicazione. Vogliamo creare un evento che non sia rivolto ad una élite, bensì alla popolazione tutta, perché la sofferenza per i figli rubati non è stata solo di pochi, ma dell’intera nazione Argentina»
L’evento “Interno argentino con tango” si terrà venerdì 12 dicembre alle ore 20.30 presso il Teatro Antigone di Roma, via A. Vespucci 42. La serata, presentata dallo scrittore Nicola Viceconti, vedrà in gara i seguenti corti: Figlio dell’Argentina di Gianpiero Cricchio, La matita che non si spezza di Teresa Perretta, Argentina. Mi Buenos Airese querido di Emilio Spataro, Tierra di Maria Antonietta Parrella, Abuela di Michele Falica, Lettere dall’inferno di Laura Sales.
La giuria sarà composta da Matilde Spadaro giornalista e direttore resp. www.metropoliroma.net, Sasà Russo autore e regista teatrale, Silvia Maccari direttrice artistica teatro Antigone, Claudio Fiori avvocato argentino attivo nella difesa dei Diritti Umani, Bob Fabiani scrittore e attivista per i Diritti Umani, M.me Chiffon celebre musicalizadora romana.
di Fabio Galli