Freddie Mercury, nome d’arte di Farrokh Bulsara (Zanzibar, 5 settembre 1946 – Londra, 24 novembre 1991), è stato uno dei più grandi cantanti e compositori britannici degli anni ’70/’80, considerato uno dei più influenti artisti nella storia del Rock. Nel 2008 la rivista statunitense Rolling Stone lo classificò 18º tra i migliori cento cantanti di tutti i tempi mentre Classic Rock, l’anno successivo, lo classificò al primo posto tra le voci rock.
Originario di Zanzibar, figlio di Bomi e Jer Bulsaradi di etnia Parsi, si trasferisce a Londra nel 1964 con i genitori e la sorella minore Kashmira, nata nel 1952, a causa della rivoluzione di Zanzibar che stava minando la stabilità politica del paese.
In Inghilterra Freddie prosegue la sua formazione scolastica, tra gli studi al politecnico e gli studi d’arte, Nei suoi primi anni inglesi lavora anche in un servizio di catering presso il vicino aeroporto di Heathrow e in un magazzino nella zona commerciale a Feltham.
Parallelamente agli studi e a questi lavoretti saltuari, Freddie inizia a frequentare l’ambiente musicale londinese, militando in alcune band locali.
Tra le varie formazioni che frequenta conosce il chitarrista Brian May e il batterista Roger Meddows-Taylor con i quali, dopo i diversi fallimenti musicali con le band precedenti, nell’aprile del 1970 decide di formare i Queen.
Il nome fu scelto su suggerimento di Freddie Mercury che più tardi ricorderà: «Anni fa ho pensato al nome Queen… È solo un nome, ma è molto regale e mi sembrava splendido. È un nome forte, molto universale e immediato. Aveva un sacco di potenziale visivo ed era aperto ad ogni tipo di interpretazione. Ero certamente consapevole delle connotazioni gay, ma quello era solo uno dei suoi aspetti».
Nel 1972 Mercury, grazie alla sua formazione come grafico, progettò il logo dei Queen, prendendo spunto dallo stemma reale del Regno Unito e includendo nel logo i segni zodiacali dei componenti della band. L’anno successivo uscì il primo album della band Queen (RCA, 1973) con brani registrati presso i De Lane Lea Studios.
Soprattutto a causa dell’eccentricità di Freddie che nei primi anni settanta rese pubblici i suoi orientamenti sessuali, dichiarando in un’intervista del dicembre del 1974 alla rivista New Musical Express, di essere ‘gay come una giunchiglia‘, il primo decennio dei Queen fu caratterizzato da stravaganti esibizioni che spesso sfociarono in veri e propri spettacoli teatrali: Mercury e May si presentavano truccati e vestiti totalmente in bianco e nero, chiudendo i concerti lanciando rose agli spettatori, brindando con loro con champagne e intonando God Save The Queen, inno nazionale britannico. La band strinse per questo un forte legame con il pubblico, colpito dall’entusiasmo e dall’energia con cui il complesso, e in particolare il frontman, li coinvolgevano durante le apparizioni dal vivo.
I primi album della band vennero ben accolti dalla critica, con un rapido incremento della popolarità dei Queen; la volontà di Mercury era comunque quella di innovare il più possibile il loro stile, attingendo ai più diversi generi musicali. Freddie Mercury, negli anni successivi, scrisse alcuni tra le più importanti canzoni dei Queen come Somebody to Love (A Day at the Races, 1976), We Are the Champions (News of the World, 1977), Don’t Stop Me Now (Jazz, 1978), Crazy Little Thing Called Love (The Game, 1980).
La vita e la carriera di Freddie Mercury e dei Queen furono caratterizzate dallo sfarzo e dagli eccessi, come si conviene a delle vere star, puntualmente ostentati nelle faraoniche feste organizzate dalla band e dagli eccessi, usi ed abusi a tutto tondo.
Mercury nascose il segreto della sua malattia anche agli altri membri dei Queen fino al 1989, quando decise di fare accertamenti clinici più specifici; durante questi esami gli fu riscontrata la positività all’HIV, diagnosi che, dopo qualche tempo, venne confermata in conclamazione in AIDS.
Confessò a quel punto la sua condizione agli amici più intimi, compresi i membri del gruppo. Abbandonò la sua vita pubblica, non organizzando più concerti e giustificandosi col fatto che un uomo di 40 anni non poteva saltare e cantare su un palco con una calzamaglia addosso. Le voci sulla sua malattia si fecero sempre più insistenti tra il pubblico e vennero avallate da alcune testate scandalistiche che notavano come stesse cambiando il suo aspetto, dall’improvvisa sospensione dei tour dei Queen e dalle confessioni di alcuni amanti pubblicate sulle pagine dei tabloid inglesi del tempo.Si fecero dunque sempre più rare le sue apparizioni pubbliche e Mercury si rifugiò sempre più nella Garden Lodge, la sua villa di Earls Court a Londra, costata oltre 4 milioni di sterline.
La sua ultima apparizione in pubblico fu nel video della canzone These Are the Days of Our Lives, in cui il frontman appare molto dimagrito, quasi irriconoscibile; il videoclip del brano, tratto dal suo ultimo album con i Queen Innuendo (Atlantic, 1991), venne reso pubblico solo dopo la sua morte, su sua precisa volontà. Mercury continuò a registrare canzoni, nonostante fosse molto debilitato dalla malattia e costretto a riposo per molte ore al giorno; circa un mese prima del suo decesso fu costretto da alcuni problemi polmonari a smettere di cantare e invitò quindi gli altri membri dei Queen ad effettuare le ultime correzioni alle tracce registrate per poterle poi pubblicare in seguito. L’ultima canzone che incise fu Mother Love, il 22 maggio 1991 secondo quanto dichiarato da David Richards nel documentario Champions of the World; tra l’altro Freddie interruppe le registrazioni per riposarsi, disse che sarebbe ritornato per ultimare la canzone, ma non tornò mai più. Molti dicono che la canzone sia stata incisa poche settimane prima della morte di Freddie: ciò è impossibile in quanto era diventato troppo malato per poter continuare a lavorare e pertanto la sessione di registrazione finì nel giugno 1991.
Il 22 novembre 1991 Mercury convocò nella sua casa di Earl Courts il manager dei Queen Jim Beach per redigere un comunicato ufficiale, che venne consegnato alla stampa il giorno successivo, che recitava:
«Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell’HIV e di aver contratto l’AIDS. Ho ritenuto opportuno tenere riservata questa informazione fino a questo momento al fine di proteggere la privacy di quanti mi circondano. Tuttavia è arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e a quelli del mondo intero nella lotta contro questa terribile malattia…».
A poco più di 24 ore dal comunicato Freddie Mercury morì: alle 18:48 del 24 novembre 1991 all’età di 45 anni; la causa ufficiale del decesso fu una broncopolmonite aggravata da complicazioni dovute all’AIDS. I funerali, che si svolsero al Kensal Green Cemetery, furono celebrati da un sacerdote zoroastriano secondo le sue ultime volontà. Mercury fu cremato e le sue ceneri sparse probabilmente nei pressi del Lago di Ginevra. Tra i 35 presenti alla cerimonia, oltre ai familiari, anche i membri della band John Deacon, Brian May e Roger Taylor, il suo compagno Jim Hutton e i cantanti Elton John, Michael Jackson e David Bowie.
La sua morte, oltre per la grande perdita artistica e umana, decretò di fatto la fine di una delle band più dissacranti e provocatorie della scena musicale mondiale del ventennio 1970/1990: i Queen.
God Save the Queen, R.I.P Mr. Freddie…
ALEX PIERRO