E siamo a quota tre. Giusto?
Sì. Il primo e il terzo libro riguardano il mio mestiere. Il secondo è un libro di poesie. Non mi prendere per una persona che si cimenta in mille cose diverse perché convinta di riuscire. Mia moglie mi ha lasciato dieci anni fa e io in quella circostanza ho scritto “L’amore non ha fine”. Anche il primo libro è nato così: per starle vicino non andavo a lavorare e impiegavo il mio tempo a raccontarmi. Da Blasetti in poi.
Lei studiava architettura, e poi?
Al secondo anno di architettura avevo fatto 4-5 esami. Ero molto appassionato di cinema. Ebbi un incontro fortuito con il bravissimo truccatore De Rossi che mi portò a Cinecittà per la prima volta. Lì passammo diverse settimane. Da lì mi appassionai seriamente e il gioco diventò una forma di vita.
Qual è la peculiarità di questo libro? Cosa aggiunge ai precedenti?
Qui vado a fissare i punti cardine della mia vita professionale. Passione, dedizione e bellezza. Ho sentito il bisogno di focalizzare questi concetti per me importanti. Affrontiamo, in primis, il concetto di importanza. “Beato te che stai sempre in mezzo alle donne importanti”, mi hanno detto molte volte. Ma che significa “importante”? Io ancora ora non so cosa sia importante. Mia moglie è stata importante: sono concetti soggettivi. Per esempio, quando si trattava di scegliere le donne di Auschwitz per La Tregua, scelsi tutte le donne più smunte. Al momento del taglio dei capelli notai una donna molto bella. Man mano che le tagliavano i capelli, però, piangeva. «Perché piangi?», chiesi io. Lei rispose all’interprete: «ho accettato questa cosa per fame». Spiegò, dunque, che in quel momento stava ricordando un’esperienza personale di quando era bambina: solo i russi la strapparono alla morte dai campi di concentramento. Quella, per me, è stata una donna importante.
Come il concetto di importanza, anche quello di bellezza è molto relativo, no?
La bellezza è uno dei concetti relativi per antonomasia, basti pensare che si ridefinisce con il cambiare delle epoche. La bellezza per me è una risultante di fascino e intelligenza. E anche stando al mero dato fisico, basta una luce a valorizzare o sminuire un volto. Per esempio, Canale e Torrent completamente diverse, la prima era più bella ma la seconda aveva una plasticità che per il video era migliore.
Per questo, ciò che per noi è un difetto per altri potrebbe essere un pregio.
Esattamente. Sofia quando andò in America la prima volta si trovò nel bel mezzo del consulto nel quale si decideva la data della sua operazione al naso. Lei non ne volle assolutamente sapere. Quello che per loro era un difetto, in realtà, poteva essere un punto di forza. È per questo che la chirurgia estetica è la tristezza della bellezza. Aiutiamo la natura ma non snaturiamo!
Oggi si ha l’impressione che le attrici di questa generazione abbiano una particolare inclinazione agli stravolgimenti estetici, più di quelle del passato. È un luogo comune?
Le dive hollywoodiane di oggi si sono rovinate parecchio. Prima non c’erano tante tecniche ma c’erano sempre quelle che esageravano. Ovviamente con quello che potevano usare. Spesso dimenticandosi i ruoli. La Lollobrigida voleva mettere delle ciglia lunghissime per recitare nel ruolo della campagnola.
C’è stato un genere che ha preferito a livello cinematografico?
Io sono votato a cercare la verità nei volti. E questo mi viene dai grandi lavori col neorealismo, genere che ho amato più di tanti altri. Il neorealismo, inoltre, chiedeva spesso di fondere tutto ciò che veniva preso dalla strada con ciò che era spettacolo. Questa era sempre una bella sfida. E soprattutto era un genere che imponeva delle mise molto umili ad attrici che dovevano giungere a compromessi con la voglia di mostrarsi impeccabili.
In una carriera così lunga ci saranno stati delle predilezioni personali, oltre che professionali.
Io ho passato anni con Sofia, pertanto non posso che pensare a lei prima di molti altri. Genuina e spontanea così come appare, è una donna forte e schietta. Anche La Hepbourn che era molto schietta e spontanea. Entrambe donne con carriera brillante, ma attente, prima di tutto, agli affetti più veri a partire dalla famiglia.
Un maestro del trucco abituato a valorizzare ogni volto nella sua peculiarità come giudica il fenomeno dei tutoriaI?
I tutorial non risolveranno la vita a nessuno in dieci minuti di veloci consigli. Hanno moltissimo seguito ma non sono tenuti da persone preparate, almeno quelli che ho visto io. La scarsa durata dei filmati, di per sé, non permette un buon insegnamento. Inoltre, si perde molto altro dell’arte del trucco, che va a spersonalizzarsi totalmente. Si danno consigli che verranno seguiti da milioni di persone diverse che non avranno la capacità di seguirli e rischieranno di fare orrori. Inoltre, non tutti i visi saranno ben valorizzati dallo smoky eyes, per esempio. Così le scuole di trucco. Possono essere anche buone e utili ma non insegneranno mai a risolvere cose all’improvviso. Per quello ci vogliono anni di ingegno, dedizione, esperienza e amore.
Elisiana Fratocchi